Evelyn.22

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La cosca mafiosa aveva indetto tante leggi, poi cambiate nel corso degli anni, tranne una.

La legge che prevedeva come protagoniste le donne rimase irremovibile, mai cambiata e mai modificata. Fu per colpa di questa legge che Eleonora Riccardi venne venduta al boss Russo, Igor Volkov, che generò poi due eredi: Aleksander e Viktor. Per poi venire usata come merce di scambio quando Volkov si trovò in difficoltà, strappando a due bambini una madre ed a una donna la dignità.

Fu spedita Rio De Janeiro, dove ebbe Rafael e Beatrice, che però nacque in Italia.

Aleksander ricordava bene la storia di sua madre, di come Eleonora avesse solo diciassette anni quando fu venduta ai Volkov, ricordava la sofferenza che vi leggeva in viso quando poi, una volta diventato grande, l'andava a trovare.

Una donna usata, sfruttata e poi gettata in mezzo ad una strada quando non servì più. Fu Aleksander insieme a Viktor a darle una casa, un pasto caldo a tavola, e quando ormai vecchia morì, si ripromise che non sarebbe più successa una cosa del genere.

Calpestò il pavimento in marmo con la mente affollata dai ricordi, con l'amaro che un'infanzia rubata gli aveva lasciato. E non poté fare a meno di pensare alla ragazza che aveva preso il suo cuore e non riuscì a ringhiare fra sé e sé per la frustrazione che quella situazione aveva generato.

Fu solo quando arrivò di fronte al fratello che Aleksander si fermò e cercò di riprendere fiato e di fare mente locale, ma niente riuscì a dissipare la nube che gli aveva offuscato la testa.

<<Cosa farai?>> chiese Viktor

<<Non lo so Vik, davvero non lo so, io questa volta non lo so>> ruggì Aleksander in risposta.

Lui, che sapeva sempre cosa fare, in quel frangente si ritrovò a corto di idee. Non c'era modo per evitare che accadesse, e se due anni prima Aleksander si era sacrificato pur di salvarla, questa volta non poteva far altro che guardare.

Camminarono in religioso silenzio fino all'auto, passi che Aleksander bloccò non appena notò la ragazza che torturava i suoi pensieri e il suo cuore seduta sul cofano con una sigaretta fra le labbra.

<<Da quando fumi?>> le chiese per poi di fare cenno a Viktor di allontanarsi

<<Non ha importanza>> rispose lei prima di voltarsi verso di lui.

Rimasero a guardarsi per diversi minuti, l'uno perso nello sguardo dell'altra, prima che Evelyn spezzasse il silenzio: <<E da loro che papà cercava di tenermi lontana?>> chiese poi

<<Perché lo chiedi a me?>>

<<Perché sono sicura che tu sei l'unico che non mi mentirà>>

E quella verità scaldò il cuore di Aleksander <<Sì>> rispose infine prima di sedersi al suo fianco.

Il silenzio fece da padrone fra i due, entrambi troppo assorti per dirsi qualcosa, Evelyn non poté nascondere a se stessa che lì, seduta sul cofano con al suo fianco Aleksander si sentisse bene, come non si sentiva da tempo. Tuttavia non riuscì a frenare la mente dal correre verso l'uomo che aveva sposato

<<Non credevo che fosse capace di arrivare a tanto>> pensò ad alta voce Evelyn

<<Questo dimostra quanto poco lo conosci>> rispose Aleksander <<Sono quasi sicuro che lui abbia adoperato la stessa regola su tuo fratello portandolo ad accettare che tu lo sposassi>>

Evelyn, si girò a guardare l'uomo che le stava accanto, non aveva pensato ad una cosa simile, d'altronde lei, non sapeva nemmeno che esistesse una regola simile.

<<Come puoi esserne così sicuro?>>

<<Un uomo innamorato non avrebbe mai accettato, io non avrei mai accettato>>

<<Non ti ci sei mai trovato Aleksander>> lo rimbeccò lei

<<E' qui che ti sbagli usignolo >>

La ragazza rabbrividì quando Aleksander usò quell'appellativo, lo stesso che utilizzava quando stavano insieme, quando tutto fra di loro funzionava. Eppure non le sfuggì anche il commento che aveva fatto l'uomo prima di utilizzare di nuovo quel nomignolo, che le fece vibrare il cuore.

<<E dimmi, quand'è stato esattamente che ti sei trovato in una situazione simile?>>

E lui, avrebbe voluto dirle tutto, ma non lo fece.

Si limitò a guardarla negli occhi e poi a far vagare lo sguardo per tutta la sua figura, alzò la mano e con il dito indice le tracciò il profilo, scendendo fino al collo sottile.

Non ci fu parola, nemmeno quando lui si alzò e si piazzò fra le gambe di Evelyn, non ci fu parola nemmeno quando le afferrò il viso costringendola così ad inclinare la testa per poterlo guardare negli occhi.

Non ci fu parola che potesse accompagnare quel momento che per loro sembrava essere di vitale importanza, i nasi si sfiorarono leggermente ed entrambi si sentirono completi.

Il battito frenetico dei loro cuori era l'unico rumore che risuonava fra di loro, Aleksander posò un bacio sulla fronte di lei, poi ne posò uno sul naso, uno sulla guancia destra, uno sulla guancia sinistra.

<<Dimmi che è sbagliato usignolo >> le disse poi a fior di labbra <<Dimmi che non mi vuoi, ordinami di allontanarmi>>

<<Potrei anche dirtelo, ma sarebbe una bugia>>

E lei premette la bocca su quella di lui, unì le loro labbra e non si pentì di quel gesto.

Crollò tutto.

Crollarono le certezze.

Crollarono le incertezze.

Crollò il cielo e la terra, e s'innalzò un mondo tutto nuovo.

Le lingue s'intrecciavano quasi disperate, alla ricerca di un sapore che entrambi avevano inciso nella mente e nel cuore.

<<Vieni via con me>> le disse Aleksander fra un bacio e un altro

Lei interruppe quello scambio di effusioni, guardò l'uomo che gli si stagliava di fronte, con le sopracciglia corrugate il respiro ansante e gli occhi lucidi.

Avrebbe voluto farlo, si sarebbe data alla fuga con lui volentieri, ma lei non era una che fuggiva.

<<Non posso>> soffiò infine, alzandosi e dandogli le spalle andò via.

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