85. Al sicuro | Dead Boy Detectives

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HOLAAAAAAA
NON SONO ANCORA MORTA, SONO SOLO IN BLOCCO DI FANFICTION
Ma ho guardato Dead Boy Detectives e hanno riacceso la fiamma della passione (potrei piangere)
E forse ce ne sarà una seconda. SPERIAMO
E ora, enjoy

-♣️-

Categoria: Missing Moment
Fandom: Dead Boy Detectives (serie TV)
Protagonisti: Edwin Payne e Charles Rowland
Spoiler: Dell'intera serie, se non l'avete finita non leggete
Trigger warning: Menzione di morte e tortura

-♣️-

Seduto sul cornicione della palazzina in cui si erano stabiliti ormai da settimane, Edwin stava fissando il nulla da non sapeva quanto tempo. Abbastanza tempo perché i rumori della città smettessero di fargli sentire la testa sul punto di esplodere. Abbastanza tempo perché l'eco del dolore fisico che aveva provato poche ore prima iniziasse a farsi meno vivo.

Non abbastanza per scordare ciò che era successo, però, o almeno iniziare a elaborarlo, e il dolore e la paura che aveva provato all'inferno e su quel tavolo in casa di Esther non competevano neanche lontanamente con il dolore che stava provando per Niko.

Era morta. Aveva già visto morire degli umani ovviamente, Charles era con lui proprio perché era morto in sua presenza, ma non aveva fatto così tanto male.

Charles lo aveva conosciuto da poche ore quando era morto, Niko da settimane. Era sua amica.

Sentiva la sua mancanza. Era una voragine nel suo gruppo e nel suo cuore che dubitava si sarebbe mai riempita di nuovo.

Qualcosa gli finì sulle spalle, facendolo sobbalzare per lo spavento. Si girò di scatto, accorgendosi che c'era qualcuno lì con lui.

«Charles.» disse espirando. Non l'aveva sentito arrivare.

«Edwin.» rispose lui sedendosi accanto a lui. «Ti ho portato la giacca.»

Le mani di Edwin afferrarono il tessuto della sua giacca. Qualcosa di familiare, di ancora uguale.

«Sono tornato nella casa di quella strega a riprenderla. Non sia mai che il freddo ti faccia ammalare.» disse Charles con un sorriso.

Edwin si ritrovò ad accennare a un sorriso a sua volta. I fantasmi non potevano prendere freddo o ammalarsi, del resto... Ma sapeva perché gliel'avesse riportata.

Calò il silenzio. Edwin guardò i palazzi circostanti per un momento, poi tornò a guardare Charles, che stava guardando lontano a sua volta. Fu osservandolo da quell'angolazione che si accorse che aveva qualcosa di diverso.

«Charles, il tuo collo.» disse. Le bruciature che vedeva non erano uniformi, ma aveva il sospetto gli circondassero il collo per intero.

Charles si girò di lui mentre Edwin allungava le dita per sfiorarlo; le abbassò prima di toccarlo realmente, sapeva che facevano male. «È stata lei?»

«Collare di ferro.» confermò Charles. «Pensavo non li producessero più dal medioevo, tipo.»

«Mi dispiace, Charles, io...»

«Edwin.»

Charles gli prese le mani tra le sue e lo guardò dritto in faccia. «Non pensarci nemmeno di prenderti la colpa per ciò che è successo, okay? Non è colpa tua. Non è colpa di nessuno di noi.»

«Charles, Niko è morta. Lei-»

«È stata quella maledetta strega a ucciderla, Edwin. È stata lei a cercare di ucciderci da quando abbiamo salvato quella bambina, ad avermi messo un collare di ferro al collo, ad aver ucciso Niko, ad aver quasi ucciso Crystal e ad aver torturato te. È stata lei, non tu. È colpa sua se Niko non è più con noi.»

Edwin ascoltò quelle parole, poi abbassò lo sguardo. Non si sentiva meglio, anche se sapeva che non avrebbero potuto fare nulla per lei. Ci aveva pensato decine di volte da quando Charles aveva trascinato fuori da quella casa lui e Crystal, ma non riusciva a pensare a un modo con cui avrebbero potuto evitare quella tragedia. Non avrebbero potuto aiutarla in ogni caso.

Charles gli lasciò le mani per mettersi a cavalcioni del muretto, proprio davanti a lui, poi aprì le braccia. «Vieni qui, dai.»

Edwin si appoggiò contro di lui senza neanche pensarci, una guancia contro il suo petto, le mani che stringevano di nuovo la giacca. Charles gli avvolse le braccia attorno al busto e lo strinse a sé come se volesse proteggerlo dal mondo intero.

Si accorse solo in quel momento che era esausto. I fantasmi non dormivano, ma potevano stancarsi, e lui era stanco. Era stato torturato all'inferno di nuovo, era quasi stato separato da Charles chissà quante volte, era stato torturato di nuovo da quella maledetta strega, e tutti i sentimenti che aveva ricominciato a provare da quando era arrivato in quella città...

Era stanco, e una parte di lui sentiva il bisogno di fuggire, dalla morte o dall'inferno o da tutti, ma sapeva di essere al sicuro, perché Charles era con lui.

Charles, che aveva visto morire e che era rimasto con lui da allora, che era sempre gentile e buono con tutti nonostante la rabbia che provava. Che era sceso all'inferno per salvarlo.

Il suo migliore amico. L'uomo di cui era innamorato. Charles.

Chiuse gli occhi e riuscì finalmente a rilassarsi. Era un potere che Charles aveva su di lui da sempre, anche se non lo aveva mai realizzato.

Fu la voce di Charles a farlo riprendere da quel momento di quiete molto simile a una dormita: «Non starai mica dormendo, vero?»

Il tono era scherzoso e Edwin sorrise a sua volta. Aprì gli occhi, la luce quasi troppo forte dopo tutto il tempo che era stato con gli occhi chiusi, poi si raddrizzò e guardò Charles dicendo: «Suvvia, Charles. Pensavo che dopo trent’anni ti fossi ormai accorto che noi fantasmi non dormiamo affatto.»

Charles allargò il sorriso, poi guardò gli edifici attorno a loro e disse: «Meglio così, direi. Non credo avrei voluto sapere che tipo di incubi mi attendevano.»

Edwin annuì. Probabilmente per riprendersi da quei giorni intensi una dormita avrebbe solo giovato, ma sapeva che si sarebbe ripreso in pochi giorni comunque. Non sarebbe stato poi così difficile, con Charles al suo fianco.

«Forse è meglio se scendiamo, comunque. Penso che nemmeno Crystal voglia stare da sola dopo tutto quello che è successo.» aggiunse Charles.

«Non penso lei riuscirà ad evitare gli incubi.» mormorò Edwin.

«Mi sa anche a me, ma a maggior ragione è meglio se siamo lì con lei.» disse Charles portando la gamba a penzoloni dall’altro lato del muretto e saltando giù. Offrì una mano a Edwin, che girò su sé stesso e la prese solo quando saltò giù a sua volta.

«Veglieremo su di lei e sul suo sonno, allora. Almeno per stanotte.» stabilì Edwin.

«Forse non sarà entusiasmante come uno dei nostri casi, ma ci meritiamo una pausa anche noi.» concordò Charles. Strinse la mano ad Edwin con un sorriso, poi insieme attraversarono la porta e lasciarono quel luogo.

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