29. La figlia di Afrodite | Percy Jackson

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Bonjour
Avevo questa oneshot che volevo scrivere da una vita e dovevo pure
scriverla il 10 (ace day) ma non l'ho più fatto soooo beccatevela ora lol
Enjoy

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Categoria: /
Fandom: Percy Jackson (not related tho)

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Era notte al campo mezzosangue. Al di fuori dei figli di Efesto, che frequentemente stavano svegli la notte a lavorare nelle fucine, tutti stavano dormendo.

Quasi tutti. Alla luce della luna si poteva vedere la figura di una ragazza che si muoveva lungo le strade del campo, diretta alla zona dei templi.

Quando raggiunse quel luogo andò diretta al tempio dedicato alla dea Afrodite, sua madre. Entrò, controllò che non ci fosse nessuno, poi andò davanti alla statua della dea e si buttò in ginocchio. Aveva le lacrime agli occhi, che si asciugò con il bordo della manica.

«O grande dea Afrodite...» mormorò nel buio del tempio. La voce le si ruppe e si prese un momento per riprendersi, mentre pensava che probabilmente anche gli dei dormivano e che lei di certo non sarebbe stata ascoltata.

Alla fine proseguì. «Non so perché tu mi abbia riconosciuto come tua figlia. Io vedo i miei fratelli, le mie sorelle… Io non sono come loro. Loro amano così liberamente, io non ci riesco. Mi sembra ci sia qualcosa di sbagliato in me e… Temo di non onorarti come dovrei. Di non essere degna di essere tua figlia.»

Si asciugò le lacrime. Avevano iniziato a scendere man mano che parlava, appannandogli la vista e rigandole le guance, sebbene nessuno la vedesse.

Attese un momento, incerta se doversi aspettare una risposta. Appena decise di alzarsi in piedi, sentì una mano appoggiarsi delicatamente sulla sua testa: anche senza vedere chi fosse, seppe di chi si trattava.

«No, figlia mia. Sono assurdità, queste che dici.»

La ragazza si girò leggermente. Alle spalle aveva una donna bellissima, che brillava leggermente e dal sorriso più amorevole che avesse mai visto.

«Non esiste un solo tipo di amore, figlia mia. L’amore appare in molte forme e ha un significato diverso per ogni persona. Non sei sbagliata.»

La ragazza sorrise, senza più asciugarsi le lacrime.

«Non importa chi ami o in che modo ami, tu sei comunque mia figlia. Non sei da sola.»

La ragazza aveva vissuto tra gli uomini mortali. Sapeva dell’esistenza dell’asessualità, termine che descriveva appieno ciò che sentiva e che credeva fosse motivo di vergogna.

Quella sera capì che non era rilevante esserlo, che non la rendeva meno degna di essere chi era. Quella sera si sentì di nuovo libera.

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Originali:

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