13. Budapest | Marvel

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Questa è una delle mie ff più lunghe di sempre. Credo sia in cantiere da... due anni? Giù di lì.

AVVERTENZE: Per questa fanfiction ho dovuto scrivere alcune didascalie in ungherese e in russo. Per il russo, ho avuto un aiuto per la prima parte della storia e quindi le traduzioni sono affidabili. Tutte le altre in russo e ungherese, le traduzioni sono state fatte con google traduttore, quindi valgono quel che valgono.
Troverete le traduzioni sotto i dialoghi: se sono in corsivo, vuol dire che Clint ha capito quel che gli è stato detto, se è tra parentesi Clint non lo ha capito e la traduzione è lì per voi lettori.

Infine, ricordate sempre che questa è una fanfiction, perché ci sono cose che sono umanamente impossibili ma accadono lo stesso (tipo imparare una lingue in due ore).
Enjoy. Sarà lunga

-♣️-

Categoria: Missing Moment
Fandom: Marvel
Protagonista: Clint Barton
Spoiler: No

-♣️-

«Signor Barton, siamo arrivati a Budapest.»

Clint sentì quella voce femminile dirgli quelle parole quel tanto che bastava da rispondere con un «Ancora cinque minuti...»

Su quell'aereo di linea si stava tremendamente comodi, non poteva lasciarlo proprio quando stava finalmente dormendo pacificamente.

«Mi dispiace molto, ma l'abbiamo già lasciata dormire un'ora dopo l'atterraggio, devo proprio chiederle di scendere.»

L'uomo aprì gli occhi e si stiracchiò con uno sbadiglio, per poi slacciarsi la cintura e alzarsi, ritrovandosi davanti una hostess che gli arrivava sì e no alle spalle.

Scosse la testa per togliersi qualunque pensiero dalla mente e prese dal sedile accanto il proprio zaino, per poi seguire la tappetta fin fuori dall'aereo.

Continuando a sbadigliare andò fino al nastro trasportatore, su cui giacevano solo una valigia non troppo grande e una custodia per arco evidentemente piena. Prese entrambi e uscì dall'aeroporto, guardandosi intorno.

Budapest era una città grande, sarebbe stato particolarmente noioso girarla tutta alla ricerca di quella ragazza che aveva l'ordine di uccidere.

Natasha Romanoff, una ragazza russa dai capelli rossi e letale da combattere. Non aveva idea del motivo per cui avrebbe dovuto ucciderla, l'unica spiegazione ottenuta da Fury era stata un "È pericolosa".

Palesemente una scusa, ma aveva preferito non indagare.

Prese il foglietto su cui era scritto l'indirizzo della casa in cui sarebbe stato. Per come gli era stata descritta altro non era che una catapecchia nella zona più esterna della città, ma gli andava bene, dato che comunque aveva un bar davanti.

Chiamò un taxi e si fece portare in quel posto, notando senza commentare come si era irrigidito quando aveva nominato il quartiere in cui si trovava.

Quando scese, si trovò tanti, troppi occhi maligni addosso. Li ignorò tutti, entrando nell'abitazione.

Era effettivamente una catapecchia ad un piano, ma per quel che gli serviva andava più che bene. Andò in camera da letto, buttando nell'armadio la valigia e appoggiando con cura l'arco sul letto matrimoniale e sedendosi a sua volta sul bordo.

Fuori sentì delle parole in ungaro che ignorò. Se fossero entrati non avrebbero fatto una bella fine.

Guardò l'orologio. Le sette di sera, lì. Poteva già cenare.

Aprì le finestre, guardando se gli uomini che circolavano lì fossero normalmente armati. Vedendone uno in giro con un bazooka concluse di sì, quindi si mise in spalla l'arco e la faretra e uscì dalla casa.

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