Giorno
Quella mattina il corriere arrivò in anticipo.
Era solito consegnarmi i colli di libri verso le 12, mezz'ora prima della pausa pranzo. Era da diverso tempo che chiedevo se si potesse anticipare la spedizione e ogni volta mi illudevo potesse realmente accadere. Quando, però, alle 10.15 di quella giornata sentii il rumore del motore scassato del furgone del corriere, fui pervaso da un certo sollievo.
Coerentemente col numero delle bolle registrate nell'archivio del computer, mi arrivarono una decina di colli di libri: per lo più novità editoriali del momento a cui dover trovare un angolino nel tavolo grande a sinistra dell'entrata, adibito alla raccolta delle nuove uscite, che avevo voluto appositamente sistemare nella zona principale del negozio, quella che attirava meglio l'attenzione di chi entrava.
Ero sempre stato molto cauto nel giudicare le nuove uscite quando mi arrivavano in negozio, soprattutto quando si trattava di narrativa: certo, in alcuni casi era evidente che si trattasse di storie pubblicate per esclusivo lucro economico – con questa affermazione probabilmente Calvino sarebbe stato saldamente d'accordo −, ma in ogni caso tentavo sempre di riserbarmi un solido beneficio del dubbio.
Forse nasceva tutto dal mio approccio quasi infantile alla lettura: ma sì, è soltanto un libro, che danni potrà mai causare. Leggere è sempre un vantaggio, no? erano i miei pensieri più spontanei a riguardo. Quando però capitava che, aprendo le scatole dei nuovi arrivi, mi trovassi di fronte ad autori o titoli particolarmente commerciali, a storie strutturate attorno ai soliti temi "mainstream", provavo nostalgia per la mia adorata poesia.
La poesia non è mai per tutti, o meglio, è per chi decide di ospitarla. Ogni uomo possiede un'anima abbastanza accogliente per farla diventare un'amica fidata, ma non tutti decidono volontariamente di farlo. Lei si adegua, non ha troppe pretese; sono le persone, spesse volte, a non accettarla, a considerarla talmente vecchia da essere in grado di inibire le proprie energie vitali, fresche e destinate all'azione. Per cui, meglio lasciarla fuori la porta...
Eppure, le raccolte di poesie vengono ancora pubblicate, per fortuna, nel loro abito corto di lino soffice, estivo, magico.
Di libri di poesia in libreria ne avevo pochi, fatta eccezione per le monumentali voci che hanno contraddistinto la storia dei nostri versi, come i poeti latini, Leopardi, Pascoli e, fra i più contemporanei, Montale e Alda Merini. Loro sì che avevano realmente compreso le potenzialità infinite della parola, del suono di poche sillabe che genera sentimenti, mondi, rappresentazioni.
Quantomeno, questi erano gli elementi che io decidevo di ricercare nella poesia che leggevo e anche in quella che scrivevo. Attraverso il mio amico Istinto, mi ero avvicinato alla penna ungarettiana, divenuta famosa per l'austerità della forma, ma che riusciva a condensare in ogni singola parola un rimbombo tanto potente da assomigliare a quello di una bomba atomica. Ungaretti era riuscito, insomma, a mostrarmi la percezione dell'immediato, a presentarmi le parole che si usano comunemente tutti i giorni potenti come delle nuvole nere già pronte per il loro temporale di significati.
Non ebbi il tempo di chiederglielo, ma sono convinto la pensasse così anche la ragazza che entrò qualche giorno dopo, la signorina F., anche lei alla ricerca di qualche raccolta poetica.
Aveva i capelli neri corti, la pelle abbronzata e non dimostrava più di trentacinque anni. Prima di entrare, si era aggirata fuori per dare un'occhiata dalle vetrate al tavolo delle novità e, a giudicare dallo sguardo corrucciato, non mi sembrava particolarmente soddisfatta. A dir la verità, quegli occhi mi avevano messo subito in soggezione, anche perché mi dava l'idea di una cliente difficile da soddisfare, dal giudizio facile. Insomma, emanava una sensazione di freddezza nata a pelle.
Fortunatamente fui del tutto smentito pochi secondi dopo il suo ingresso; appena incrociò il mio sguardo, infatti, le spuntò un sorriso infantile sul volto.
− Ciao, buongiorno.
− Salve, buongiorno a lei.
− No, ti prego, dammi del tu, − disse arrossendo, poi aggiunse: − Senti, ti dico già che ti farò una domanda molto complicata, − e, mentre continuava a sorridere, frugò nella sua borsa e tirò fuori il cellulare.
− Spara, − dissi, ricambiando il sorriso; apparve particolarmente soddisfatta della mia scelta così repentina di cambiare approccio nella conversazione, ubbidendo alla sua richiesta-ordine.
− Sto cercando qualcosa di Pedro Salinas, un poeta spagnolo di inizio Novecento.
Era la prima volta che qualcuno mi chiedeva un libro di poesie. Feci una smorfia repentina e lei capì subito.
− Te l'avevo detto che era una domanda da un milione di dollari.
− Sì, purtroppo di questo autore non ho nulla. Già faccio fatica a dedicare dello spazio in libreria ai poeti più conosciuti. Montale e la Merini, ad esempio, non possono essere trascurati in favore di altri autori, − e poi aggiunsi: − Nessuno prima di te mi aveva mai chiesto un libro di poesie, di solito sono tutti più interessati alla narrativa. Sono molto contento di questo, credimi.
Lei abbassò lo sguardo e sorrise.
− Io invece credo di aver letto più raccolte poetiche che romanzi in vita mia. La poesia ha un potere strano su di me, è come se mi dominasse.
− Quanto ti capisco... Pensa che ne ho anche pubblicata una di raccolta di poesie. Sono passati ormai un paio d'anni.
Lei spalancò gli occhi.
− Ma davvero? Anche io ne ho scritta una anni fa.
Per qualche secondo ci fu silenzio: io ed F. ci guardammo e inaspettatamente ci sorridemmo.
− Posso chiederti cosa ti ha spinto a farlo? − chiesi.
− Credo fosse l'unico modo per addomesticare qualcosa che fino a quel momento mi teneva incatenata.
− In che senso?
− Nel senso che inconsciamente avevo bisogno di quello che nel linguaggio chimico si chiama "shock termico". Dovevo cambiare la temperatura del mio corpo in senso emotivo, stravolgermi da dentro; in qualche modo, anche se non so ancora precisamente come, la poesia ha dato delle curve alla mia vita piatta.
− Come sei riuscita a comprendere tutto ciò?
− Non l'ho capito infatti. Questa è solo la descrizione a posteriori di ciò che ho sentito per anni sulla mia pelle, ma in quella città era come se mi sentissi guidata da un istinto incontrollabile esterno da me, che però sentivo necessario.
− Quale città? Sei stata condizionata dal luogo in cui ti trovavi?
Lei, prima di rispondermi, abbassò lo sguardo al pavimento, annuì e sorrise, come se avesse appena riassaporato il gusto nostalgico di un ricordo.
− Ho scritto quella raccolta poetica una decina di anni fa, quando ero ancora una studentessa universitaria alla Federico II di Napoli.
Sgranai gli occhi.
− Anche io vengo da Napoli, − dissi. − Ma ho perso completamente la pronuncia dialettale.
− E qui ti sbagli, non sono napoletana; vengo da Modena e se mentre parlo ti stai chiedendo il perché io non abbia scelto un'università più vicina a casa, è per i motivi di poco fa.
− Ammetto di essermelo chiesto. Di solito, nella scelta dell'università influisce anche l'aspetto economico o di vicinanza alla città. Tu, invece, sembri essere andata molto controcorrente.
Il suo sguardo così sorridente appariva completamente perso nella valanga di memorie che la stava assalendo.
− Sì, − mi disse. − Ma non cambierei mai la mia scelta. Prima mi hai chiesto come ho fatto a rendermi conto dei miei bisogni ora; ecco, una grossa spinta me l'ha data proprio Napoli. Pensa che il titolo della mia raccolta è scritto proprio in dialetto napoletano.
− Ha avuto un potere così forte su di te?
Lei sospirò, la classica reazione di chi sta per iniziare un discorso lungo.
− Vedi, Napoli è stata il mio shock termico, mi ha rivoluzionato la vita nel giro di quattro anni. Napoli è una città sincera, non ha mai avuto paura di presentarsi a me nuda o vestita con i suoi abiti più eleganti. Quando l'ho capito, ho provato ad imitarla, ad essere quanto più sincera possibile, sia con lei, che con tutte le persone che incontravo. La potenza che Napoli ha esercitato su di me è stata devastante, nel bene e nel male: ad esempio l'università, ciò per cui realmente mi ero trasferita, nel corso degli anni l'ho considerata sempre meno una mia esigenza, e più un hobby; eppure, ero andata lì per quello. Lo studio è stato particolarmente complicato, perché in quella città c'era come un magnete che attirava la mia più intima e profonda necessità: il bisogno di rapporti.
− Hai conosciuto tante persone lì?
− Tantissime. Napoli mi ha trascinato nel vortice delle relazioni sociali, delle feste, del divertimento, della libertà. Fra amiche, fidanzati, drink e un numero inquantificabile di risate, io mi sono sentita libera, come una foglia al vento, pur non consapevole del prezzo che stavo pagando.
Si fermò per qualche secondo, forse avvolta nella dimensione della nostalgia, poi la sua mente − o il suo cuore − si sentì in dovere di giustificarsi. Si morse il labbro.
− Forse, in fondo alla mia coscienza sapevo a cosa stessi rinunciando, ma credo non me ne fregasse niente.
− Quindi alla fine ti sei laureata? − le chiesi, curioso a questo punto di sapere come fosse andata a finire. Lei sorrise di nuovo.
− Non ci crederai, ma sì, dopo quattro anni però. Ho impiegato tanta fatica, soprattutto mentale, perché da un lato mi sentivo spinta dalla necessità di sentirmi me stessa per la prima volta nella mia vita da quando ero adolescente, e dall'altro sapevo di non stare rispettando le mie responsabilità; tirando la corda, però, ce l'ho fatta. La poesia è stata l'unica cosa che è riuscita in qualche modo a rinchiudere quegli anni di fuoco in qualcosa di comprensibile; sono sempre più convinta che senza di lei non ce l'avrei mai fatta.
La sensazione che avevo avuto quando F. era entrata si confermò vera: era come avere davanti agli occhi una fiamma che bruciava di vita, un battito costante, solido e sfamato dalla stessa sostanza di cui si nutriva il mio. Stare di fronte ad F. mi metteva realmente in soggezione: sentivo che quell'essere umano era riuscito a costruirsi da zero all'improvviso, impattando da sola alla cieca nella vita, come quando ti tuffi nell'acqua gelida del mare e devi resistere al freddo.
Avere il coraggio di lanciarsi non era da tutti, anzi forse da nessuno. Ancora oggi F. sentiva dentro le sue vene la sensazione del coraggio che si sprigionava dentro di lei, ma se c'era una cosa che ci teneva a farmi capire più di tutte, era che la scrittura era stata il suo unico guinzaglio.
− E dopo? Cos'è successo dopo la laurea?
Ormai la mia curiosità era alle stelle, soprattutto dopo che F. mi aveva descritto un legame così profondo con la città in cui aveva vissuto l'epifania della sua vita.
− Dopo la mia laurea sono tornata a Modena, dalle persone che più avevo fatto penare in quegli anni, i miei genitori. Ricordo ancora che nel viaggio di ritorno in Frecciarossa piansi per tutto il tempo: stavo abbandonando una città che mi aveva tolto tanto e dato tantissimo. Hai presente quell'amico che odi e ami nello stesso tempo? Quello con cui ti arrabbi, ma che dopo pochi secondi avete già fatto pace? Ecco, Napoli per me era quell'amica. La odiavo per aver allontanato da me le responsabilità che la vita mi richiedeva, ma la amavo indistintamente – e la amo tuttora – per aver fatto sì che i miei bisogni diventassero le mie responsabilità. Ho vissuto un apprendistato alla vita senza nessun tipo di strumento competente per affrontarlo, ma ti assicuro che ad oggi nelle vene mi scorre ancora il vento freddo del Maschio Angioino. Credo basti.
Mi venne da ridere.
− Degna conclusione di una poetessa, questa. Si vede che hai scritto poesie da come parli.
Fece un cenno eloquente col viso.
− A proposito, ma quindi hai qualcosa qui oltre ai classici? Mi dispiacerebbe andar via a mani vuote.
− Guarda, puoi provare a controllare laggiù nella sezione degli sconti al 50%, – le dissi mentre col dito le indicavo un banco di libri molto apprezzato dai clienti − studenti soprattutto − per l'economicità dei prezzi.
− Ti ringrazio tanto, − disse e si allontanò.
Rimase a lungo davanti a quel banco, consultando e sfogliando diversi manuali. Provai ad immaginare quali pensieri le stessero scorrendo nella testa mentre leggeva quelle righe, pur sapendo che non ce l'avrei mai fatta: entrare nella mente di una persona sarebbe come tentare di avvicinarsi al Sole o ad un reattore nucleare senza pretendere di morire. Ciò che esiste in noi di pulsante e vitale viene inconsapevolmente protetto da un guscio indistruttibile, custodito in un castello isolato dal resto dell'Universo da un enorme ponte levatoio che si muove al comando della fiducia.
Lei, con me, aveva deciso di abbassarlo per un po' e questo mi rese estremamente orgoglioso.
Tornò dopo circa mezz'ora con in mano tre libri: Canne al vento di Grazia Deledda, Le notti bianche di Dostoevskij e un libro che racchiudeva le migliori poesie del ventesimo secolo. Stavo sparando i codici a barre dei libri per aggiornare l'archivio e mi sembrava di tenere tra le mani il tesoro più prezioso del mondo.
− Sono diciotto euro. E comunque, ottima scelta, − dissi.
Mentre tirava fuori il portafogli sorrise.
− La raccolta di poesie l'ho comprata perché ho visto che ci sono alcuni autori che non conosco e leggendo pochi versi ho sùbito percepito che volessero dirmi qualcosa; la Deledda perché sembra sia riuscita a raccontare la fragilità dell'uomo con un'immagine poetica che a me sta molto a cuore; Dostoevskij... beh, è semplicemente Dostoevskij. In più, voglio lasciarmi trasportare da qualcosa di potente.
Le preparai la bustina e le diedi lo scontrino. Da lì, il momento imbarazzante dei saluti. Sospirò.
− Allora, caro il mio libraio... a proposito, come ti chiami?
− Simone.
− Caro Simone, è stata una piacevolissima chiacchierata. Ti ringrazio tanto per avermi fatto rivivere dei ricordi indelebili della mia vita. Oggi sono ancora più convinta delle scelte che ho fatto. E tu invece, continui a scrivere?
− Sì, quando mi capita. O meglio, quando il cuore sente la necessità di farlo.
Annuì raggiante.
− Diciamo che non avresti potuto scegliere un lavoro migliore per la tua passione. In ogni caso, aspetto trepidante la pubblicazione della tua nuova raccolta, mi raccomando. Ti auguro un enorme in bocca al lupo per i tuoi scopi, non mollare e vola lontano: il viaggio della foglia è destinato a durare a lungo.
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Un vento di distanza
General FictionSimone è un libraio di trent'anni, ama il suo lavoro, ma si guarda allo specchio consapevole che l'equilibrio raggiunto dalla sua solitudine avrebbe bisogno di una rivoluzione. Qualche anno dopo aver pubblicato una raccolta di poesie, spinto dal des...