21. Ad armi impari

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Era successo tutto così in fretta che nessuno aveva avuto il tempo di muoversi. I giganti erano come piovuti dal cielo, e con il loro enorme peso avevano fatto tremare l'intera Shakdàn. Ora i Sette e le loro guardie del corpo si trovavano faccia a faccia con un enorme testa corazzata, e il nemico era già pronto ad attaccare.

Il gigante sferrò il pugno. L'enorme mano, spinta da muscoli altrettanto colossali, prese subito velocità. Con le sue dimensioni e la sua massa avrebbe potuto sbriciolare anche il più robusto dei castelli: quel raffinato tempio sarebbe stato fatto a pezzi, e come lui le persone al suo interno.

Dal nulla apparve una barriera e il pugno corazzato rimbalzò su di essa. Il colpo, vicinissimo, scatenò il boato di un tuono. Lo scudo di Persephone andò in pezzi, ma per il momento erano salvi. Il gigante aveva accusato il contraccolpo e si era sbilanciato, ma stava già recuperando l'equilibrio.

L'orco nero che scortava Havard si tramutò in una nuvola di fumo e sfrecciò verso il nemico. Gli scagliò contro un getto scuro, il colosso provò a scacciarlo, ma gli attacchi fisici erano inutili contro il semidio.

Clodius infuse la sua energia nella lancia e si mise in posizione. Appena vide un'apertura scagliò. La punta aguzza centrò una feritoria dell'elmo e trafisse il gigante in un occhio. Il colosso lanciò un verso di dolore, basso e profondo, ma ci voleva ben altro per abbatterlo.

«Presto!» esclamò il rappresentante umano. «Dobbiamo andarcene!»

I Sette si alzarono e si diressero verso l'uscita, che nel frattempo era stata aperta dalle guardie per capire cosa stesse causando tutto quel trambusto.

Il gigante sembrava pronto a colpire di nuovo, ma Reton sollevò la sua mano metallica e sparò un proiettile magico. L'impatto scatenò un'esplosione di fiamme che interruppe nuovamente il nemico, tuttavia non riuscì a danneggiarne il massiccio esoscheletro.

Forse l'unico punto debole erano gli occhi, e infatti le due guardie elfiche puntarono proprio lì. In pochi istanti scagliarono due frecce ciascuno: le quattro punte – potenziate dalla magia – centrarono l'occhio sano in rapidissima sequenza, costringendo il nemico a coprirsi il volto e a lanciare un altro roboante grido di dolore.

Tenko non poté non rimanere molto colpita dall'efficienza di quei guerrieri, ma doveva aspettarselo dalle guardie del corpo delle persone più influenti di Raémia. Se fosse stata in grado di evocare il suo spirito guida, forse anche lei avrebbe potuto dare una mano contro il gigante, ma per ora il meglio che poteva fare era andare con gli altri ed eventualmente usare i suoi poteri di spettro per proteggerli.

E forse l'occasione di usarli sarebbe arrivata molto presto.

Il nutrito gruppo di persone attraversò il lussuoso corridoio che conduceva all'uscita, dirigendosi verso il gruppo di guardie che aveva bloccato Spartakan. Il figlio dell'inferno era ancora lì, in piedi e con lo sguardo basso. Era chiaramente troppo tranquillo per una situazione del genere.

Sigurd, che già era in testa al gruppo, avvicinò la mano all'elsa di Balmung: anche senza le sue percezioni da Cavaliere della Luce, era facile capire che gli dei avevano dato ordine al rosso di agire.

«Venite, da questa parte è sicuro!» fece segno uno degli orchi.

L'elfo fu il primo a passare davanti a Spartakan, ma in lui avvertì solo molta confusione. Non c'era tempo di fermarsi a parlare, così andò avanti.

L'Eredità degli AstraliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora