24. Il tempo degli dei

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Il sole splendeva alto nel cielo, c'era una leggerissima brezza e la temperatura era ideale. Non potevano esserci condizioni migliori per celebrare il trionfale ritorno degli dei a Shakdàn.

La cerimonia era stata organizzata nell'enorme anfiteatro della città. Durante il summit il suo ampio spiazzo era stato sfruttato come base di atterraggio aggiuntiva per i draghidi, adesso invece era tornato alla sua funzione originale, e gli spalti erano gremiti di migliaia di persone: praticamente l'intera città si era radunata lì. Chi per sincera devozione verso gli dei, chi per ricevere la generosa ricompensa in denaro, e chi per il fondato timore che un'assenza avrebbe avuto ripercussioni spiacevoli sulla sua incolumità.

Al centro dell'anfiteatro erano già stati riuniti i ribelli che avevano osato tradire gli dei: quasi trecento persone. La maggior parte era stata arrestata proprio a Shakdàn, altri invece erano stati portati dai centri abitati vicini. Erano tutti incatenati, e come se non bastasse intorno a loro svettavano i terrificanti giganti al servizio degli dei. Erano dodici in totale: quattro erano protetti da una durissima armatura, tre erano ricoperti di fiamme, tre erano avvolti dai fulmini, uno aveva dei tozzi avambracci pieni di acido, e l'ultimo aveva un lungo braccio cavo utilizzabile come un cannone.

Nell'ampia tribuna d'onore, fino a quel momento vuota, cominciò a intravedersi del movimento: alcuni inquisitori erano apparsi, e tanto bastò a destare l'entusiasmo del pubblico. Gli applausi e le urla divennero scroscianti ovazioni appena gli dei stessi fecero la loro apparsa, fieri, solenni, maestosi. Perfino le persone più scettiche non poterono fare a meno di sentire un brivido di riverenza appena capirono di essere al cospetto delle sette divinità.

Gli dei risposero a quella manifestazione di devozione ostentando saluti misurati e sorrisi compiaciuti, beandosi del potere che stavano ricevendo da quel sontuoso raduno di fedeli.

«Negli ultimi mesi abbiamo voluto mettere alla prova la vostra lealtà» esordì Huitzilopochtli. Calò uno sguardo di sufficienza sui prigionieri nell'arena. «Alcuni di voi si sono fatti irretire dalle false promesse di alcuni folli che ambiscono a soggiogare il mondo,» allargò le braccia per rivolgersi alla folla sugli spalti, «voi, invece, avete dimostrato integrità e lungimiranza, e per questo sarete ricompensati!»

Di nuovo la folla si sollevò in un'ovazione.

«Questo è l'inizio di una nuova era!» esclamò Horus. «Alcuni dei hanno deciso di abbandonarvi, ma dopo una lunga e dolorosa riflessione, noi sette abbiamo deciso di farci carico del vostro futuro. Un futuro di prosperità e benessere come non potete nemmeno immaginare!»

L'autorevolezza del dio contagiò in un lampo l'intero anfiteatro, che scoppiò in un altro boato di gioia, ammirazione e riconoscenza. L'euforia era tale che l'enorme struttura parve tremare.

«Per celebrare questo nuovo inizio, è necessario lasciare indietro gli errori del passato» dichiarò Nergal. «E il primo passo per-»

Il dio della morte non riuscì a finire la frase perché ci fu un'altra scossa, e questa volta non poteva essere stata causata dalla folla in religioso silenzio. Le oscillazioni continuarono, leggere ma chiaramente percettibili, finché un gorgoglio sommesso cominciò a diffondersi dal centro dell'arena.

Il rumore divenne un fragore di rocce frantumate e terra scavata. I prigionieri nell'arena, capendo che qualcosa stava arrivando, si allontanarono per quanto potevano. Il punto dell'arena lasciato vuoto si sollevò come una bolla e scoppiò. Una sagoma mostruosa emerse dal buco: un enorme verme dotato di fauci così grandi e robuste da frantumare anche la pietra più dura.

Nell'arena, così come sugli spalti, si diffusero le prime grida di terrore, ma queste si fermarono appena il mostro si dissolse nel nulla, lasciando dietro di sé una specie di cunicolo. Fu proprio da quel cunicolo che emerse un orco muscoloso ma non particolarmente alto, forse un minatore a giudicare dai suoi vestiti. E non era solo: altri arrivarono dopo di lui, soprattutto orchi, ma c'erano anche alcuni semiumani. Persephone era tra questi, e subito evocò una grande cupola per isolare i prigionieri dai giganti e dal resto dell'arena.

L'Eredità degli AstraliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora