KNOX
20 Gennaio
Sto ballando con Aline al centro della pista, la musica ci incolla l’uno all’altro, scivolando nelle orecchie e vibrando nel resto del corpo.
È una bellissima ragazza, con gran parte della pelle scoperta; indossa un tubino viola scuro, un paio di scarpe tacco dodici e brillantini che si arrampicano sui lacci stretti intorno alle caviglie.
I capelli rossi le ballano sulla schiena, qualche ciocca riccia copre in parte i tatuaggi sulle spalle, mentre quelli che le decorano le braccia sono in bella vista.
Mi fissa con due occhi grandi e verdi dall’inizio della serata. Dopo circa mezz’ora la mia resistenza è andata a farsi friggere e ho deciso di offrirle da bere.
Nonostante i tacchi, è più bassa di me di almeno quindici centimetri, però tiene le braccia intorno al mio collo e lascia che le mie mani vaghino sulla curva della sua spina dorsale.
È la terza volta che mi viene in mente di toccarle il culo, ma non voglio sembrare maleducato, perciò mi trattengo.
Siamo in una discoteca nella periferia ovest di Edimburgo, non troppo lontano da casa mia. È un locale conosciuto per essere economico, non troppo grande, ma con musica di qualità e dell’ottimo
whisky. Il programma era di bere un bicchierino con Noah e fare due salti in pista, invece la ragazza ha assorbito tutta la mia attenzione e mi sono dileguato nel momento in cui ho visto che Noah
parlava con un altro uomo.
Non so perché mi sia venuta in mente questa idea se, in realtà, provo un pizzico di disagio a stargli vicino; il mio cervello ha stupidamente pensato che venire in discoteca insieme, a bere qualcosa,
fosse divertente e potesse farmi comodo per staccare la spina.
Non devo staccare da nient’altro che non sia Noah, perché c’è qualcosa di assurdo che aleggia tra di noi e io ho bisogno di spegnere la sensazione fino a farla morire.
Stavo bene come stavamo prima; sono anni che siamo amici e sono felice.
Punto.
Sarei dovuto venire da solo o con i colleghi che me l’avevano proposto, invece la coscienza mi ha imposto di trascinarci anche Noah, perché non volevo che restasse a casa.
Abita abbastanza vicino a Julian, adesso, ma mio fratello non è proprio il re della felicità, l’unica cosa che avrei ottenuto sarebbe stata il doppio della depressione per entrambi.
Probabilmente avrebbero chiamato all’una di notte per un po’ di gelato e un pacco di fazzoletti.
Non sarebbe stato un cattivo programma, dopotutto, ma il mio obiettivo è aiutare entrambi e se Julian si è rifiutato di uscire perché sta facendo la tesi, Noah non aveva scuse.
Sta studiando per l’ultimo esame, però è abbastanza bravo da non avere necessità di ripassare proprio di venerdì sera.
Mi sono fatto in quattro per riuscire a convincerlo e poi l’ho lasciato al bancone, con chissà chi.
Forse è il caso che lo raggiunga.
«Ehi» chiamo la ragazza, avvicinandomi al suo orecchio per farmi sentire.
Mi rivolge un sorriso malizioso.
«Sì?».
«Vado a prendere qualcosa da bere. Hai sete? Vieni con me?».
«Certo, andiamo!».
Le prendo la mano e la conduco tra la folla, in direzione delle lampade rosse che campeggiano lungo tutto il bar. Faccio vagare lo sguardo a destra e sinistra, ma di Noah neanche l’ombra.
Aline si ferma al mio fianco e si accomoda sull’unico sgabello libero, lasciando che la stoffa del vestito si sollevi quasi fino a scoprirle la curva del fondoschiena.
Mi si secca la bocca e non per la sete.
«Che bevi?» le domando.
Fa un sorriso ancora più luminoso, mettendo in evidenza il brillantino su uno degli incisivi. Oltre a quello, ha un piercing sul naso, un orecchio pieno di cerchietti e punti luce, dal lobo all’attaccatura dei capelli, e al collo indossa una collana di Swaroski, o qualcosa di simile.
Si vede che è una ragazza curata, sceglie con attenzione i vestiti che le mettono in risalto il candore della pelle, la borsa abbinata alle scarpe. È anche truccata come una diva, con ciglia finte e un
rossetto scuro.
Eppure… la mia testa si focalizza sulla stoffa tesa sopra le sue grandi tette, le cosce abbondanti, le mani delicate e quella bocca carnosa che starebbe così bene intorno al mio…
«Ordino io?».
Scuoto la testa per tornare sul pianeta Terra in un secondo.
«No, no. Scusa, non ho sentito».
«Dicevo, per me un Cosmopolitan».
«Va bene».
Alzo la mano per attirare l’attenzione del cameriere e nel frattempo continuo a studiare lo spazio intorno a noi, per capire dove sia finito Noah.
Riesco a scorgere il corridoio che porta ai bagni, ma non lo vedo da nessuna parte. Un dubbio si fa strada nel mio cervello: visto che prima stava parlando con quel ragazzo, potrebbe essere uscito fuori con lui?
O essersi chiuso in bagno, con lui?
Non posso permettergli di mandare all’aria i suoi propositi, ma non ha bevuto così tanto da dimenticarseli.
Non so se preoccuparmi o lasciarlo alla sua privacy.
«Che vi preparo?» chiede il barista, che intanto si è avvicinato.
«Un Cosmo e un whisky doppio, grazie».
«Arrivano subito».
Abbasso lo sguardo su Aline, ricordandomi all’improvviso della sua presenza. Cristo, ho rimorchiato questa ragazza stupenda e mi sto preoccupando per quell’idiota, che magari al momento
lo sta succhiando allegramente a un bel figo.
Devo smetterla, cazzo.
«Hai detto che hai appena iniziato il secondo semestre del tuo primo anno, giusto? Sei una matricola».
La ragazza annuisce, scuotendo i capelli con un gesto sinuoso e spostandoli tutti da una parte.
L’altro lato del collo rimane scoperto e mi viene voglia di affondarci la faccia per annusarla, visto che da questa distanza riesco solo ad avvertire l’odore di sudore e alcol che impregna la sala.
«Sì. Ho compiuto vent’anni il giorno in cui sono ricominciate le lezioni. Pensa che nel mio paese non potrei neanche bere alcol, invece qui si diventa maggiorenni a diciotto anni».
«Già. Di dove sei? Hai detto Stati Uniti, ma non hai specificato».
«Beh, tutti gli inglesi minimizzano quando specifico. Dicono che gli americani sono tutti uguali, non importa da quale stato provengano».
Incrocio le braccia e le rivolgo un’espressione contrariata.
«Se dici un’altra volta che sono inglese,
non ti offro da bere. La reputo un’offesa personale».
Scoppia a ridere, coprendosi la bocca con una mano.
Mi infastidisce, perché io quel sorriso vorrei vederlo, non immaginarlo. Sembra troppo snob per essere il mio tipo di ragazza, ma non ho intenzione di costruirci niente di serio, quindi… se lei ci sta, la porto a casa questa notte e domani mattina ognuno per la sua strada.
È buffo che io abbia confessato a Noah come mi senta al riguardo, ma non abbia minimamente intenzione di cambiare le cose. Potrei impegnarmi, evitare di distrarmi con qualunque cosa che
cammini, abbia dei capelli, un paio di tette e una vagina, o anche un gran culo e degli addominali interessanti, ma non ci riesco proprio.
È più forte di me.
«Scusami, è vero. Sei scozzese. Molto più… selvaggio degli inglesi, vero?».
Questa è la mia comfort zone, devo solo lasciarmi andare.
Le faccio l’occhiolino mentre il barista ci allunga i due bicchieri sul bancone.
«Ci puoi scommettere, tesoro».
Pago subito, poi aspetto che lei sollevi il bicchiere prima di farlo tintinnare con il mio.
«A cosa brindiamo?» chiedo.
«A questa notte?»
«È appena cominciata».
Avvicina il bordo alle labbra e sbatte le palpebre, per trasformare lo sguardo in qualcosa di più lussurioso.
«Potremmo sempre finirla insieme».
«Potremmo».
«Allora a noi».
Beve un lungo sorso.
Dovrei essere incantato, dopo quello che ha appena promesso; dovrei permettere ai miei occhi di indugiare sul suo corpo morbido e far vagare la fantasia su tutto ciò che potrei farle nel giro di qualche ora, ma la mia mente stupida ha un chiodo fisso in testa.
Dove cazzo è finito Noah?
Mando giù il whisky, scruto tutta la sala con un’urgenza inspiegabile, ansioso di sapere in cosa si sia cacciato, in modo da andare avanti tranquillo con la mia serata, ma la folla si muove, i fari
colpiscono i volti degli sconosciuti e nessuno mi è familiare tra di essi.
Mentre continuo a sorseggiare il liquido, tiro fuori il telefono dalla tasca e rifletto sul fatto che sarebbe meglio dire ad Aline che qualcuno mi ha cercato e che devo richiamare subito, così posso
allontanarmi senza sembrare scortese.
Butto giù il whisky rimasto, appoggio il bicchiere sul tavolo e guardo la ragazza indicando il telefono.
«Ti dispiace se faccio una telefonata?».
Dall’espressione sembra tranquilla, fiduciosa sul fatto che tornerò da lei.
Non posso darle torto; è vero che non è l’unica bella donna della discoteca, ma non sono così stronzo da avvicinarne una solo per mollarla al bar con una scusa, per cercarne subito un’altra.
Ok il sesso occasionale, ma non sono una testa di cazzo.
«Non c’è problema, vai pure» mi dice, facendo un cenno verso l’ingresso.
«Se ti va qualcos’altro, ordinalo pure. Ci penso io appena torno, ok?».
«Ok, ma smettila di essere così gentile o non resisterò fino a casa tua».
Mi chino per avvicinare le labbra al suo orecchio. «Fai un piccolo sforzo per me, piccola».
Prima che possa allontanarmi, la sua mano afferra il colletto della mia camicia e mi trattiene abbastanza da spostare la testa e far sfiorare le nostre labbra.
Il suo respiro sa di mirtillo e vodka, si mescola al profumo della pelle, sempre fruttato ma con una nota più delicata. «Mi aspetti?» mormoro, approfittando del fatto che siamo così vicini da capirci, a dispetto della musica.
«Ti aspetto».
Senza indugiare oltre e ignorando l’ondata di calore che mi attraversa il corpo, mi raddrizzo e faccio un passo indietro.
La osservo, dal viso ai piedi e ritorno, le sorrido e la lascio con un veloce occhiolino, prima di lanciarmi nella folla e guadagnare l’uscita.
Appena mi ritrovo all’aria aperta, apro le chiamate recenti e cerco Noah. La prima telefonata cade senza alcuna risposta, quindi riprovo.
Questa via è poco frequentata perché non è centrale ed essendo l’una di notte non c’è gente che passeggia sul marciapiede. Un paio di ragazzi stanno parlando mentre fumano, appoggiati al muro a sinistra della porta, un gruppo di amici sta ridendo più avanti, sulla destra, probabilmente sempre frequentatori della discoteca.
Faccio qualche passo, ignorando l’aria fredda e ringraziando il cielo, che ha smesso di tirare giù acqua a secchiate. La seconda chiamata va a vuoto, ma non mi do per vinto.
Al terzo tentativo, dopo una decina di squilli, la voce di Noah risuona dall’altra parte.
«Che succede?».
Ha il fiatone.
«Dove sei? Stai bene?».
«Ehm… sì, perché?».
«Dove sei?».
«Sono andato… in bagno… un attimo. Tu dove sei?».
Chiudo il pugno contro il fianco con una forza che fa scrocchiare le ossa.
«Non dirmi che stai…?»
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CRAZY FOR YOU
Romance🏳️🌈Romance MM - Spin-Off di Fall For Me🏳️🌈 ✨Per Knox, Noah é il migliore amico di suo fratello. Più piccolo di lui, grandi occhi azzurri e un sorriso vulnerabile, che ha sempre avuto l'istinto di proteggere. Ma Noah é stato innamorato di suo...