15.Come tuo amico

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KNOX


7 Aprile

Sto lavorando ininterrottamente da tre ore e sono riuscito a sistemare un’auto che è ferma in officina da giorni, in attesa dei pezzi di ricambio.
Mi libero dalla macchina, scivolando via con la lunga tavola di legno a rotelle che uso per appoggiare la schiena, poi mi alzo in piedi.
Ho lasciato uno straccio su uno dei tavoli, quindi vado a recuperarlo, mi pulisco le mani e tiro fuori il telefono dalla tasca.
Mi preoccupo innanzitutto di mandare un messaggio al proprietario dell’auto, avvertendolo del lavoro finito affinché possa venire a ritirarla.
Intanto con la coda dell'occhio scorgo Troy che mi fa cenno dall’altra parte della stanza, per dirmi che sta andando a fumare.
Prendo la borraccia e mando giù un lungo sorso d’acqua, passando l’avambraccio scoperto sulla fronte per asciugare il sudore.
Stare incastrato sotto l’auto mi fa sentire caldo come se fossi all’inferno, per questo mi sfilo sempre la parte superiore della tuta e rimango in t-shirt.

Troy soffre come me, mentre Liam, Scott e Daniel sono freddolosi e non si tolgono queste maledette maniche lunghe fino a luglio.
Per non parlare di Sebastian, il proprietario, che sarebbe in grado di girare con la felpa anche ad agosto. Però ha trent’anni più di me, quindi è giustificato.
Do un’occhiata all’ora sullo schermo del telefono prima di metterlo via, indeciso su quando fare la pausa pranzo. Potrei mangiare subito o cambiare la batteria a un motorino e fermarmi dopo.
Mentre ci rifletto, il telefono inizia a vibrarmi tra le dita.

«Cominciavo a chiedermi quando avresti sentito la mia mancanza» stuzzico Noah, per salutarlo.
«Non la sento per niente, ma mi serve il tuo aiuto».
Non ha una voce allarmante, però basta quella parola a mettermi sull’attenti.
«Che succede?».
Sospira. «Mi si è fermata la macchina. Che devo fare?».
Rifletto in fretta sui pezzi che avevamo sostituito quando ho fatto l’ultimo controllo. Non è un’auto nuova e nonostante la manutenzione che gli ricordo di fare, il tempo e i chilometri possono deteriorare un sacco di cose.
«Non si accende?».
«Veramente si è accesa, stava anche funzionando, poi si è inchiodata di botto. È stato un miracolo che nessuno mi sia venuto addosso. Quello dietro si è fermato appena due centimetri prima».
«Stai bene?».
«Sì, sì. Te l’ho detto, nessun incidente».

«Ok. Potrebbe essere la cinghia, ma non ne sono sicuro. Devo vederla. Dove sei?».
«Little France, all’incrocio tra Craigmillar Castle e Old Dalkeith, accanto al centro sportivo».
«E che diavolo stai facendo laggiù?».
«Ho accompagnato a casa Dex. Quindi, che devo fare?».
Sbuffo, calcolando a mente quanto mi ci vorrà per arrivare da lui.
Il toast lo mangerò per strada.
«Non devi fare niente. Non muoverti, arrivo con il carro attrezzi».
«Ok. Grazie».
Attacco, bevo ancora un sorso d’acqua e poi mi dirigo verso l’ufficio, dove Sebastian sta compilando fatture da questa mattina presto.
Appena entro, lo trovo con una mano tra i capelli bianchi e un bicchierino di vetro nell’altra.

«Il whisky ti aiuta a fare i conti?» lo prendo in giro.
Mi fulmina con un’occhiataccia. «Sta’ zitto, ragazzino. Tu non hai idea».
Alzo le mani in segno di resa.
«Ok, ok. Non voglio neanche sapere. Posso prendere le chiavi del carro? Noah ha avuto un problema. Macchina completamente ferma».
Distoglie l’attenzione dai fogli, apre un cassetto alla sua destra e tira fuori una chiave.
«Ce la fai a stare qui per le quattro?».
«Sì, devo arrivare solo a Little France».
«Solo».
«Non me lo dire. Sto morendo di fame».
Scrolla le spalle e mi lancia le chiavi, che afferro al volo. «Tutto tuo. A dopo».

Esco in fretta dal suo ufficio per andare a recuperare il portafogli, il pranzo e l’altra borraccia piena d’acqua, poi faccio il giro dell’officina per raggiungere il mezzo che mi serve.
Inizio a mangiare il toast appena salgo e visto che il traffico mi costringe ad andare piano, oltre al fatto che incontro tutti semafori rossi, ne approfitto per staccare qualche morso mentre guido.
Quando finalmente arrivo da Noah, ho finito.
Ne mangerei volentieri un altro, ma l’ho lasciato in officina.
«Il mio secondo toast mi sta aspettando, facciamo in fretta» gli dico, appena scendo.
Noah viene verso di me con aria sconfitta. «Non è colpa mia. Mi sarei risparmiato il problema».
«Troverò un modo per farti sdebitare».
Mette su il muso senza rispondere, mentre io salgo di nuovo per posizionarmi meglio, in modo da
riuscire ad agganciare il braccio del carro attrezzi alla Vauxhall e trascinarla sul pianale.

Durante l’operazione non posso fare altro che aspettare e controllare, quindi resto in piedi dietro al mezzo e osservo Noah, gli occhi sul telefono, il cappuccio alzato a coprirgli la testa.
«Dexter ti sta aiutando con la tesi?».
Solleva il volto, ma guarda un punto lontano lungo la strada, non me.
«Sì. Sto facendo qualche analisi e lui mi dà una mano con i dati. Non scendo nei dettagli».
«Non ci capirei un cazzo».
«No, appunto».
«Lo accompagni sempre tu?».
«No, di solito prende l’autobus, ma era tardi e stava iniziando a piovere, quindi mi sono offerto».

La mamma di Noah gli ha lasciato prendere la sua auto quando si è trasferito, visto che lei ha a disposizione quella del marito, che è anche più nuova.
Sono già un paio di anni che gli suggerisco di buttarla via, però Noah vuole aspettare di lavorare, per potersi permettere di sostituirla con una macchina che gli piaccia sul serio.
«La tua gentilezza sarà la tua rovina».
«Si poteva rompere in qualsiasi momento».
«Noah, era una battuta».
Fa una smorfia e mette via il telefono, spostando finalmente l’attenzione su di me.
«Allora, grazie. Poi mi fai sapere che ha».
Lo fisso senza capire. «Come ci torni a casa?».
Scrolla le spalle e io alzo gli occhi al cielo, già stufo di quell’aria sconsolata con cui tenta di rifiutare il mio aiuto. «Muoviti a salire. Ti ho già detto che ho fame».
«Ma tu devi tornare a...»
«Hai cinque secondi prima che ti butti sul sedile di peso».

Si zittisce, dallo sguardo sembra che stia combattendo una battaglia interiore.
È dal giorno in cui siamo tornati da Parigi che non ci vediamo.
Io ho lavorato come un mulo, lui ha accelerato la scrittura della tesi visto che la consegna è il cinque maggio, in più la sera ha sempre qualche impegno, perciò non abbiamo avuto occasioni per
incontrarci. Non so neanche se questi impegni siano veri o inventati.
Dopo il giro in moto non ho più certezze, perché Noah mi manda segnali contrastanti di continuo.

La sera del compleanno di Marc le cose sono peggiorate, sia tra di noi, sia nella mia testa. Mi sono limitato a chiudere fuori tutto e concentrarmi su ciò che so fare meglio.

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