38 -Essere amati ci rende forti. Ma amare, ci rende coraggiosi

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38 -Essere amati ci rende forti. Ma amare, ci rende coraggiosi.



Luglio, un mese così... Piacevolmente affascinate, grazie alle calde temperature e le belle giornate. Ma allo stesso tempo fastidioso, per via di quel caldo torrido che sembrava solo raddoppiare giorno dopo giorno con il passare delle settimane, segnando l'avvicinarsi d'Agosto.

Battendo le dita sul manubrio dell'auto, Todoroki si lasciò andare ad un sospiro, sfregando una mano sulla fronte per raccogliere i rivoli di sudore, abbandonando la testa all'indietro contro il poggiatesta del sedile.

"Cos'è questo caldo?!..." Esclamò il ventiseienne accendendo l'aria condizionata, non riuscendo più a tollerare quella situazione.

Sentendo lentamente l'aria fresca fluire dentro l'auto ricreando una piacevole temperatura, il giovane diede prima una rapida occhiata al cellulare, abbandonandosi all'ennesimo sospiro esasperato, concentrando poi la sua attenzione sulle auto che non procedevano di un passo.

"Che si tratti di un incidente?" Tornò a chiedersi non trovando alcuna spiegazione all'ingorgo.

Per voi voltarsi inconsciamente ad osservare le altre macchine accanto alla sua, trovando lo sguardo della signora nell'auto affianco, fissarlo intensamente a occhi sgranati, ridestarsi di colpo pesantemente a disagio nel rendersi conto del gesto compiuto.

E solo allora nella mente di Shouto riaffiorò il ricordo del suo insolito aspetto, quello che lo aveva sempre reso estremamente diverso da tutti gli altri, ma a cui non aveva mai voluto prestare particolare importanza sforzandosi di farne il suo punto di forza oltre a diventare il suo tratto distintivo, ritenendolo completamente irrilevante nella sua vita, grazie anche all'amore di Izuku e di Sumire.

"Alle persone, fa strano il mio aspetto... Ambiguo." In un moto istintivo, si specchio sullo specchietto retrovisore, guardando poi con attenzione le proprie braccia, notando qualche pelo più chiaro in mezzo a quelli rossi e viceversa. Non importava quanto sua sorella o sua madre gli ripetessero continuamente, quanto fosse affasciante, per la società era strano. Punto!

"Forse dovrei far visitare anche Sumire?" Rifletté ad alta voce, sentendo un lieve senso di ansia alla bocca dello stomaco. Diventare padre lo stava cambiando.

Abbandonandosi all'ennesimo pensiero, fissò nuovamente l'ora sul display dell'auto, chiedendosi se non fosse il caso d'avvisare l'asilo del suo ritardo.

"Proprio oggi che Izuku finisce tardi, e devo passare io a prendere Sumire!..." Ricominciò a lamentarsi senza mai staccare lo sguardo dalla strada, insieme all'insana voglia di mettersi a imprecare come non aveva mai fatto in tuttala sua vita.

Provando ad essere paziente, attese ancora un pochino, vedendo finalmente le auto tornare a fluire regolarmente contando nervosamente i minuti che lo separavano dall'asilo di sua figlia, decidendo all'ultimo minuto di cambiare strada, imboccando per una vecchia strada poco trafficata, che in teoria; allungava i tempi d'arrivo, ma vista la lentezza con cui l'ingorgo si riattivava, al momento si rivelava un'ottima scorciatoia.

Premendo il piede sull'acceleratore, Todoroki giunse con appena una manciata di minuti di ritardo, piazzando la macchina nel primo parcheggio disponibile, correndo come un pazzo lungo il vialetto della scuola, ridandosi un minimo di contegno all'entrata. Con passo apparentemente calmo ma rapido, attraversò il corridoio, bussando educatamente alla porta con il cuore che pompava furioso nel petto.

"Buongiorno, e mi scusi per il ritardo!..."

"Non si preoccupi!"

Compiendo un profondo inchino carico di scuse, Shouto entro in classe ricevendo in cambio un dolce sorriso dalla maestra che altrettanto gentilmente chiamo Sumire, trovando ancora altri tre bambini oltre sua figlia.

Something just like this (Omegavers/mpreg)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora