🥛 10 - KUMITE [LEI]

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組手
KUMITE
[combattimento]

12 agosto

Quel lunedì mattina si portò dietro lo strascico di una domenica paradossale. Ero rincasata a mezzanotte con i piedi che facevano male nonostante le All Star, le orecchie ovattate dalla musica e le tempie che pulsavano; eppure, non riuscivo a smettere di sorridere. La faccia si era impostata in quel modo e non c'era stato verso di cambiare espressione. Inoltre, ero ancora troppo eccitata, perciò avevo passato la notte a leggere il quinto volume di Jujutsu Kaisen e a rivivere gli istanti all'Alter Ego. Alle cinque e trenta del mattino balzai fuori dal letto per assistere ad Amaterasu che usciva dalla grotta. Tirai la tenda, il cielo era tinto d'oro e arancio. Un soffio tiepido mi solleticò la frangia. Abbassai lo sguardo sulla finestra della camera di Souta, il pesante tendaggio celava ogni cosa e, in ogni caso, era plausibile che stesse ancora dormendo.

Le persone normali lo fanno, Lily.

Ringraziai coscienza per quel buongiorno non richiesto e andai a svuotare la vescica. Indossai i pantaloncini della sera prima e presi dall'armadio una canotta grigia. Tergiversai, a pancia in sù sul letto, fino all'ora in cui sapevo che mio padre scendeva a fare colazione.

Arrivai in cucina nel momento in cui papà stava cuocendo i pancake. Ci scambiammo un sorriso, e mi proposi di andare in giardino a raccogliere un po' di fragole e qualche mirtillo. Quando tornai, la tavola era imbandita. Lavai la frutta nel lavandino e misi tutto in una ciotolina che portai al centro del tavolo.

«Ti serve una mano in negozio?».

Papà stava versando del latte freddo sulla tazza, e la mia domanda gli fece quasi perdere la presa sulla confezione di cartone. «Credevo non ti piacesse l'antiquariato».

Tagliai una fetta triangolare formata da tre pancake. «Ma piace a te».

«Dovrei riordinare qualche scaffale per preparare il posto agli acquisti di ieri. Sarebbe bello mi aiutassi».

Mi riempii la bocca di pancake, lo sciroppo d'acero mi colava dal labbro, e il sapore aspro dei mirtilli mi faceva strizzare gli occhi a ogni morso. Papà rise e mi imitò, ma siccome ci aveva bevuto dietro, gli uscì un po' di latte dal naso per le troppe risate.

Mamma e George non lo avrebbero mai fatto.

Fu un pensiero fugace. Distante. Come la mia vecchia vita a Birmingham. Erano passati solo alcuni giorni, ma a me sembravano settimane. Tuttavia, il dolore e i ricordi dell'abuso non mi facevano dormire la notte e iniziavo a sentirne i postumi. Dosi di zucchero come quella aiutavano il mio organismo a non collassare; eppure, prima o poi il mio corpo si sarebbe ribellato. Lo sapevo bene. Fino a quel momento, specie ora che avevo bloccato il numero di Walter, dovevo fare di tutto per stare sveglia. O gli incubi sarebbero tornati a torturarmi. Lui sarebbe tornato. E non potevo permetterlo.

Quel giorno chiesi a mio padre di guidare il Kangoo Van, ma sebbene avessi la patente di guida da quasi un anno, il suo rifiuto fu categorico. Passando davanti alla fioreria Blooming, rallentai il passo e d'istinto allungai la testa per spiarci dentro. Vidi un signore pelato di mezza età che allineava gli steli di alcune rose secondo uno schema preciso. Souta non c'era.

«Lily», mio padre aveva gli occhi torvi mente mi gettava addosso un'occhiata che non compresi.

Velocizzai l'andatura ed entrai nel Timeless Heaven dopo di lui. Al contrario della prima volta, tutti quegli oggetti accatastati non mi sembravano più delle vecchie e ingombranti schifezze. Cominciai a guardarle sotto una diversa prospettiva, cercando di vederli con gli occhi di papà e di quel Drew Pritchard.

LACRIME NEL LATTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora