🥛 27 - YORU [LUI]

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よる
YORU
[notte]


Mi passai la punta della lingua sul labbro inferiore per assaporare ancora una volta il sapore al mirtillo del burrocacao unito a quello naturale delle labbra di Lily. Con addosso la mia bandana viola, quell'abito colorato così estraneo a lei, e i capelli neri tagliati all'altezza delle spalle, Lily era di una bellezza critica. Vederla lì avevano messo in dubbio il mio piano. Ero vacillato, il tempo trascorso con lei si era proiettato dietro i palmi delle mani che mi avevano nascosto il viso.

Dopo il nostro bacio, lasciai che Lily si liberasse del peso che io non ero riuscito a comprendere. Mi disse ogni cosa, dalla più innocua alla più orribile, e la mia anima si piegò sotto il peso di quella verità.

«Mi dispiace», mormorai con le parole che si spezzavano in gola.

Baciò una lacrima che scivolava lenta sulla mia guancia, il suo tocco leggero era pieno di un amore devastante.

«Avrei dovuto capirlo», mi tremava la voce. «Non ti ho protetto...».

«Hai fatto molto di più».

«Ti ho abbandonata». Il rimorso mi stava scavando un solco nel petto.

«Mi sono difesa. L'ho imparato da te», disse con una calma che mi spezzò il cuore.

«Perdonami», implorai, soffocato dai singhiozzi. «Il dolore che hai provato...», iniziai, ma Lily mi strinse forte e mi baciò di nuovo.

La sua calma si infilò sotto pelle. Restandoci.

Il campanello suonò, e mi resi conto, con un senso di colpa improvviso, che avevo completamente dimenticato il mio miglior amico fuori. Aprii la porta e mi trovai di fronte il suo sguardo paziente e un po' divertito.

«Gommen, Akira-kun».

Lui rise e scosse la testa. «Non ti scusare. Avevate bisogno di questo momento».

Tornammo in salotto. Lily aveva lo sguardo verso il Teru teru bōzu appeso alla finestra con un sorriso imbarazzato sul volto e il polpastrello dell'indice sulle sue labbra che ora portavano anche il mio sapore. Akira si avvicinò a lei, e si scambiarono un cenno con la testa.

«Io e Lily passeremo la notte fuori», dissi. Entrambi mi guardarono con sorpresa. «La porterò a vedere il ristorante, poi andremo al villaggio di Achi».

«In verità, ho prenotato un hotel non molto lontano da qui», informò Lily.

«Stasera non ti servirà».

Lily annuì, arresa.

«Potete venire a prendere il bagaglio di Lily prima di andare ad Achi», propose Akira.

Lily si rivolse a lui e lo ringraziò in un giapponese scolastico ma apprezzabile.

Lui chinò il capo.

«Andiamo?», le feci segno.

Lei sorrise e recuperò lo zainetto dal pavimento. Quando uscimmo, mi sentivo stranamente teso.

«Quanto dista?».

«Poco, perché? Hai i sintomi del jet lag?».

«Anche, ma in realtà non vedo l'ora di vederlo».

«È ancora una lavanderia».

«Non importa, voglio riuscire a immaginarlo attraverso i tuoi racconti».

***

La struttura era vecchia, con le pareti scrostate e le finestre impolverate.

LACRIME NEL LATTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora