🥛 13 - HANAKOTOBA [LEI]

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花言葉
HANAKOTOBA
[linguaggio dei fiori]



Il giorno si manifestò con il sole che mi incendiava la pelle. Mi spostai una ciocca di capelli dal viso sudato, la guancia destra incollata a qualcosa simile al cotone. Aprii gli occhi, aspettandomi di sentire un materiale più simile a quello del materassino gonfiabile che avvertivo sotto le gambe. Il pigro uovo Gudetama, disteso sulla fetta di pancetta, mi guardava sconfortato.

Ma che...?

Sollevai la testa, tenendomi per le braccia, e il cervello riconobbe la forma di una gamba. Ruotai il viso, e andai a fuoco. A una spanna da me c'era l'espressione di Souta ancora dormiente. I due folti ciuffi gli ricadevano ai lati della fronte, le ciglia lunghe e nere gettavano ombre sugli zigomi morbidi, il piccolo neo sembrava dovesse tuffarsi da un momento all'altro dalle labbra socchiuse, mentre i muscoli del petto si alzavano e abbassavano seguendo il ritmo del suo sonno e facendo danzare il neo sulla scapola.

Era bello da annullare le connessioni neuronali.

Desideravo rimanere lì a memorizzare ogni bacio di luce e ombra sulla sua pelle perfetta. La tentazione di sentirlo sotto le dita fu una forza irresistibile, perciò sollevai la mano destra per arrivare allo scollo della maglia.

«Raga!», Zoe aprì la porta finestra con uno strattone che avrebbe fatto svegliare un grizzly in letargo.

Cazzo!

Souta sbatté le palpebre, i suoi occhi incontrarono i miei, e uno sparo di panico gli trapassó le pupille. Scattammo entrambi su dal materassino. Per poco lui non perse l'equilibrio, spostandosi quasi a cercare ossigeno per i suoi polmoni in affanno.

«Per i campanellini di Kakashi, avete dormito insieme!?».

«Si, ma non è come immagini», mi passai una mano tra i capelli spettinati.

Zoe indicò il barattolo di crema alla Camelia. «Cosa ci fa il mio idratante qui? Oddio, l'avete usato come lubrificante!?».

«Come ti viene in mente, iyarashii?». Era la prima volta che vedevo le guance di Souta cambiare colore.

«Io, indecente? Chiunque vedendovi avrebbe pensato che-».

«Mi ha fatto un massaggio al viso», le mozzai la voce. «Ci siamo solo addormentati».

Tristan irruppe nel terrazzino. «Cos'è questo baccano?». Si guardò attorno, osservando la scena, poi si mise una mano sul fianco e alzò il sopracciglio. «Voi due...? Ah, arrivo sempre tardi».

«Non è successo niente!», sbottò Souta, esasperato. Entrò in casa, lasciando Zoe, Tristan e me a fissare la porta che si chiudeva dietro di lui.

Zoe alzò le mani in segno di resa. Io mi stropicciai il viso con le mani per scacciare l'imbarazzo.

«Andiamo a fare colazione», convenne Zoe.

Prendemmo posto attorno all'isola, e cercai lo sguardo di Souta. Lui lo evitò, fissando l'ultimo dorayaki avanzato con una concentrazione inusuale. Zoe tirò fuori del latte, del succo d'arancia, crostatine confezionate e qualche biscotto. Mise tutto sull'isola con gesti meccanici e divise l'ultimo dorayaki in quattro triangoli. Mangiammo in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri; dopodiché, ci cambiammo d'abito. Il vestito del festival era asciutto e della macchia di Sapporo era rimasto solo un accenno. Tristan fu il primo ad andarsene, salutandoci con un cenno affettuoso e ricordandomi della lezione di autodifesa della sera.

«Anche noi andiamo», disse Souta per entrambi.

Abbracciai Zoe e la ringrazia per la sorpresa.

«Sono contenta che alla fine ti sia piaciuto», mi sorrise.

LACRIME NEL LATTEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora