やさしい
YASASHII
[gentilezza]L'allestimento della vetrina estiva era una delle poche occasioni in cui Nobuaki mi lasciava evadere dagli specifici codici estetici dell'Ikebana.
Sopra il tavolino da pic-nic rivestito di erba sintetica, impilai un trio di enormi tazze da tè a tema Paese delle Meraviglie e riempii quella in cima con un fitto bouquet di petunie colorate. Smisi di prestare attenzione ai fiori per puntare lo sguardo sullo zio che mi si affiancò. Trasportare quel pannello con trama a scacchiera alto quanto lui non era un compito che gli si addiceva, ma come al solito non volle sentire ragioni.
«Kuso!», sibilò tra i denti; tipico di quando la schiena gli lanciava dolenti fulmini.
«Mi darai mai ascolto?», strofinai i palmi sul grembiule mandorla macchiato di terra e lo aiutai a fissare il pannello sui due ganci che pendevano dal soffitto.
«Sono ancora giovane», si grattò la pelata con le spesse unghie da grifone.
«Io sono giovane, tu sei un sessantacinquenne con un ernia lombare».
«Urusee!».
Trent'anni a Londra, e non aveva perso il vizio di parlare in giapponese quando si arrabbiava.
«Tu stai zitto», replicai.
Nobu bofonchiò qualcosa tra sé, sventolò la mano in aria come per mandarmi al diavolo, e si allontanò passo dolorante dalla vetrina mezza allestita. Dal basso dei miei ventisette anni avevo l'impressione, a volte, di essere io l'adulto tra noi.
Lo seguii in silenzio. Per sedersi sulla seggiola dietro il bancone, zio dovette reggersi al mio avambraccio benché fingesse di provare meno dolore di quel che aveva. Gli sistemai il cuscino ortopedico dietro la schiena, e lui esalò un verso di sollievo. Mi affrettai a portargli un bicchiere d'acqua e il solito antidolorifico.
«Non la voglio», scosse la testa.
Ancora una volta, avevo di fronte un moccioso.
«Manda giù o ti porto a fare l'agopuntura».
La prospettiva poco allettante somministrata a mo' di minaccia, mi permise di essere ascoltato e potei tornare a finire l'allestimento in tutta tranquillità. Un'ora più tardi, riposi il grembiule nel ripiano sotto la cassa. Nel frattempo, zio si era appisolato; le rughe erano un po' più distese e aveva un accenno di bava all'angolo sinistro delle labbra. Svegliarlo mi sembrava una vera ingiustizia, eppure dovevo tornare a casa e mancavano quattro ore e mezza all'orario di chiusura.
Gli posai entrambe le mani sulle spalle per scuoterlo appena. «Io ho finito. Chiamami al cellulare se hai bisogno».
Lui reagì con un movimento lento della testa in aggiunta a un sorriso che gli fece raggrinzire la faccia e gli occhi ancora chiusi. Gli stampai un bacio al volo sulla fronte e presi la direzione della porta a vetro con tre rose rosse in mano e lo skateboard sottobraccio. Gettai un'occhiata alla vetrina, e una scarica di soddisfazione mi affluì allo stomaco.
Mi lanciai sulla tavola con uno slancio deciso, sfrecciando via. Le ruote dello skateboard ruggivano contro l'asfalto mentre mi dirigevo verso la Great Russell Street. Un pickup rosso carminio rallentò in curva. Sorrisi al pensiero di sfruttarlo per accorciare il tempo di percorrenza dalla fioreria a casa. Le spinte diventarono più forti, e riuscii ad agganciarmi con una mano al retro della vettura.
Mi sganciai solo dopo aver notato due ragazze impegnate a scattare selfie con il British Museum alle spalle. I loro capelli biondi erano una cascata di cioccolato bianco e avevano occhi tondi color del cielo; tanto indaffarate da non accorgersi che avevo bruciato le distanze. Consegnai una rosa a ognuna, ma venni trafitto dai loro sguardi diffidenti.
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LACRIME NEL LATTE
RomanceDa quando i genitori di Lily Claflin si sono separati, la sua vita si è colorata di nero. Lily conosce il dolore. Lo ha provato sulla sua pelle, nell'anima. Il nero la confonde tra le ombre, rendendola invisibile. Ma non per il suo carnefice. A quas...