和食
WASHOKU
[cibo giapponese]Quella notte, come le precedenti, la luce accesa nella camera di Lily rese difficile l'atto di addormentarmi. Per indurre il sonno, mi misi a giocare con Akira al computer. A Tokyo erano le tre di pomeriggio, l'ora perfetta per chiedergli una partita a "Starcraft".
Che ero fuori forma, il mio amico se ne accorse subito.
«Sei scarso, Souta-kun».
«Ho il cervello cotto», tra noi esisteva solo il giapponese. «In più, ho scoperto perché la vicina tiene la luce accesa. Legge tutta la notte».
«Digli di spegnerla».
«E come faccio?».
«Chiedendole con educazione di spegnere la luce».
«Sei simpatico come un mochi incastrato in gola, Akira-kun».
«E tu ci stai facendo perdere!».
«Sta zitto!».
Poco dopo Akira urlò, e io sbattei il mouse sul tappetino.
«Lo sapevo! Vai a letto, Souta-kun, non sei in te».
Staccai le dita dalla tastiera. «Hai ragione».
Era come se cervello, cuore e corpo fossero fuoriposto. Desideravo soltanto sdraiarmi a letto e chiudere gli occhi, ma farlo significava pensare ai tagli di quella ragazzina e al suo sguardo nuvoloso che aveva mostrato durante la sua richiesta di allenarsi. Non ne avevo alcuna voglia. Né di pensarci, né di occupare le mie giornate a farle da insegnante in segreto. Eppure la cosa mi incuriosiva.
Perchè tanta smania di imparare? Da cosa devi difendersi? Qual è la tua paura?
Andai a letto con quelle domande agganciate al soffitto come carillon su una culla. A ventisette anni credevo di aver visto ogni tipo di studente, o quasi; avere a che fare con Lily, però, sarebbe stato tutto un altro paio di maniche. Perché lei mi piaceva in modi ingiusti. Folli. Proibiti. Era una ragazzina in un corpo che già veicolava sguardi e desideri; graziosa quanto una calla nera, devastante più di una Supernova.
Il mattino arrivò veloce. Nonostante la luce e gli ingranaggi del mio cervello che si erano arrovellati tutta la notte, mi sentivo riposato. Scesi per colazione. Zio era già andato ad aprire la fioreria. Mi preparai del riso bianco cotto al vapore con verdure miste. Tutti quegli anni a Londra non erano riusciti a modificare del tutto le mie abitudini culinarie. Presi dal frigo una mela verde e aprii la finestra della cucina per far entrare Sasuke, il cielo era ricoperto di batuffoli grigi e nell'aria si sentiva la pioggia in arrivo. Da dietro le spalle, lo scoiattolo grigio balzò dalla finestra alla mia schiena, affondando le piccole unghiette nella t-shirt.
«Buongiorno».
Sasuke zampettò fin sopra la mia spalla sinistra. Presi dal portafrutta una nocciola e gliela passai. Se la mise tutta in bocca e sfregò il musetto sulla mia mascella.
«Fai il ruffiano solo quando ti do del cibo».
Mi sedetti al tavolo, dove mangiai la mela guardando Sasuke incidere un solco nella parte appuntita del guscio, infilarci gli incisivi inferiori e con quelli superiori esercitare una forte pressione per spaccarlo in due parti e sgranocchiare il frutto al suo interno.
Quando della mela era rimasto solo il torsolo, feci segno allo scoiattolo di andarsene. Lui mi corse sul braccio fin sulla spalla. Raggiunsi la finestra e Sasuke uscì con un balzo. Una volta chiusa, e gettati nei rifiuti il torsolo di mela e il guscio della nocciola, presi lo skateboard.
STAI LEGGENDO
LACRIME NEL LATTE
RomanceDa quando i genitori di Lily Claflin si sono separati, la sua vita si è colorata di nero. Lily conosce il dolore. Lo ha provato sulla sua pelle, nell'anima. Il nero la confonde tra le ombre, rendendola invisibile. Ma non per il suo carnefice. A quas...