Capitolo 11

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«Ora basta, sono stanca di questi tuoi giochetti» mi liberai dalla sua stretta.

Non mi importava se provassi attrazione o sentimenti nei suoi confronti, non era giusto che ricevesse nulla da parte mia, non dopo avermi mollata come spazzatura.

Cuore e mente potevano farsi la guerra, ma l'orgoglio, beh, quello sarebbe sempre rimasto saldo.

Corsi fuori, lasciandomelo alle spalle. Non volevo restare al suo fianco neppure un secondo di più perché avevo qualcosa di importante da fare. Trovare Mason.

Ma una volta uscita fuori, qualcosa di terrificante arrivò alle mie narici e sia io che Athena saltammo sull'attenti.

Nell'aria c'era odore di morte, quell'odore acre e stomachevole del ferro. Del sangue.

«Dobbiamo capire da dove proviene, potrebbe essere il nostro compagno»

Il panico prese il sopravvento.

«Corri Athena» la spronai durante la mutazione e lei appena atterrò sulle zampe, partì seguendo quell'odore.

La traccia di sangue portava fino al cancello del confine.

Per un istante l'idea che potesse essere una trappola mi raggiunse, ma non appena mi avvicinai a esso, scorsi una persona a terra, appena fuori dalle porte.

Più mi avvicinavo più il panico in me cresceva. Chi era? Era Mason?

Una volta arrivata al suo fianco, Athena mi restituì il mio corpo e mi lanciai su quella persona.

Era chino sulla pancia così lo voltai e con mio enorme sollievo mi accorsi che non era lui. Una fitta di sollievo si sparse in tutto il corpo.

Lo riconobbi però.

Lo avevo visto in giro per il branco, dovevo aiutarlo, non potevo lasciarlo morire.

In quel momento lui aprì gli occhi e sputò sangue «Luna, scappa»

Non feci in tempo a chiedermi cosa significasse, che dieci lupi, capeggiati da quel viscido della cascata, sbucarono fuori dal nulla.

Imprecai tra i denti.

Dovevo portare lui in salvo e sistemare questi Ribelli prima che qualcuno dei buoni ci rimettesse la vita.

Trascinai indietro il corpo e mi misi davanti a lui per proteggerlo.

Ringhiai.

«Siete stati voi?» la rabbia iniziò a prendere possesso del mio corpo.

«E chi altri se no? La tortura è così divertente sai?»

«Tu sei malato» gridai con forza «Cosa vi aveva fatto? perché ridurlo in fin di vita?»

Le loro motivazioni mi sfuggivano e al contempo i ghigni sul loro volto mi inorridivano.

«Non seve una motivazione per causare dolore, è così bello sentire quando implorano o gridano per le loro carni che vengono sciolte o le dita che vengono mozzate» un luccichio gli passò sul viso, quasi come se quelle parole rivoltanti, lo eccitassero.

In quel momento un ululato mi colpì alle spalle.

Connor.

Appena arrivò al mio fianco tornò umano «Angel, torna dentro, ci penso io». Cercò di mettersi davanti a me ma glielo impedii.

Era chiaro il loro obiettivo.

«No», dissi ferma «Loro vogliono me... non è così?» un sorriso tirato mi ricoprì il volto.

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