Capitolo 20

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Mason

Ero rimasto steso a terra, a pensare, a cercare di dare un senso a tutto questo, ma invano.

Tutto ciò che era successo con lei, sembrava non avere un filo logico. E nonostante tutto, l'amavo con tutta l'anima.

Mi aveva ferito, anzi, ci eravamo feriti, allontanati, ma quel dannato sentimento ogni volta mi aveva spinto ancora tra le sue braccia. Perché l'unica e sola verità era che non avrei voluto essere da nessun'altra parte se non li. Stretto a lei.

Nel mio cuore e nella mia mente, lei era il sole. Era tutto ciò che di bello può esistere al mondo e anche di più. Nessuna sarebbe mai stata abbastanza, perché nessuna era lei.

E in quel momento, formulando quel pensiero, mi accorsi di quanto continuassi a scegliere sempre la cosa sbagliata. Stavo continuando, per orgoglio o per paura, a prendere decisioni da idiota, decisioni che non facevano altro che complicare le cose e distruggere quel flebile legame che ancora sembrava unirci.

Non potevo perderla.

Non volevo che accadesse, perché l'avevo deciso nell'esatto momento in cui avevo posato gli occhi su di lei, neppure la morte avrebbe mai potuto tenermi lontano.

Mi alzai di scatto e corsi dietro a Connor sperando di trovarlo al più presto.

Mutai e imboccai il sentiero che gli avevo visto prendere. Dovevo fare in fretta, prima che si allontanasse troppo e non riuscissi più a percepire la sua traccia.

Forzai le zampe continuando a voltare il muso in tutte le direzioni nel tentativo di captare qualcosa, quando un odore ferroso mi raggiunse facendomi inchiodare sul posto.

Sangue.

Cercai di capire da dove provenisse e non appena ci riuscii mi affrettai come se fosse la mia vita a dipendere da questo.

Un pensiero orribile mi raggiunse. E se fosse stato il suo? Se Ares l'avesse eliminata?

Corsi. Lo feci fino a quando, senza più fiato e col cuore in gola, raggiunsi il posto che era intriso di quell'olezzo rivoltante.

A terra, pochi metri avanti a me, c'era un corpo.

Il sollievo raggiunse il mio cuore quando mi accorsi che non si trattava di lei, ma durò poco. Era Connor.

Corsi da lui e ammirai quello scempio, incredulo. Tornai umano e iniziai a fare pressione sulla ferita che aveva a cavallo dello stomaco.

Era enorme. Come se l'era procurata? Chi poteva aver ferito in questo modo un lupo?

«M-mason?» aprì gli occhi debole, come se le forze fossero sul punto di abbandonarlo di colpo.

Il colorito era pallido e due spesse occhiaie gli erano comparse sul viso.

«Chi è stato? Chi ti ha ferito?»

«Lei, è stata lei»

Fu come una doccia gelata «Come?»

«Era tutta una finta, non era soggiogata da Ares e l'ho aiutata a scappare» si fermò per prendere fiato «Ma lui ci ha trovati e ora l'ha presa... l'ha presa davvero» sputò sangue.

«Zitto, smetti di parlare e pensa a tenere duro, avrò bisogno del tuo aiuto per salvarla».

Spalancò gli occhi e sorrise «Bravo, brutto idiota».

Gli occhi gli rotearono indietro e fu travolto da convulsioni che non fecero altro che fargli perdere ancor più sangue.

Dovevo aiutarlo.

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