Capitolo 17

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Ares mi venne a trovare spesso, troppo spesso.

Ormai non reagivo nemmeno più, ero sempre legata a quel dannato letto. Le corde avevano iniziato a scavare un solco nelle mie carni, lacerandole. Il sole e la notte si alternavano senza sosta da troppi giorni ormai, così tanti che avevo perso il conto.

La mia mente andava sempre più alla deriva, perdendosi in fantasie capaci di darmi sollievo.

Immaginavo la mia vita senza lupi, una vita normale e priva di queste sofferenze.

Una vita che non mi sarebbe mai appartenuta.

Non piangevo più.

A stento mangiavo o bevevo.

A stento mi sentivo viva.

Ares si approfittava di me più volte al giorno e ogni volta mi sussurrava all'orecchio parole dolci. Sembrava quasi che provasse veri sentimenti, ma io ormai lo sapevo, non ne era capace.

Nessuna persona capace di provare amore può infliggere un simile dolore a qualcuno che dice di avere nel cuore.

Il corpo aveva smesso di far male tanto era abituato ormai a tutto questo.

Di tanto in tanto abbassavo lo sguardo su quello che un tempo era stato un bel fisico ma che ormai non era altro che pelle e ossa.

Mi ero arresa.

Avevo smesso di combattere e difendermi, le parole non uscivano nemmeno più dalla mia bocca.

Me ne stavo ferma, ad accettare il mio terribile destino.

Loro non mi avevano mai cercata, nessuno era venuto a salvarmi.

Ero sola, ero sempre stata sola.

«Non sarai mai sola finchè ci sarò io» la mia lupa sembrava aver ritrovato la voglia di parlare.

«Mi hai lasciata sola ad affrontare tutto questo e ora, non ho più le forze di reagire»

Ringhiò nella mia mente facendomi strizzare gli occhi per il fastidio «Ero qui, ho percepito il dolore e la paura che hai provato, ma Ares mi bloccava. Non so cos'abbia fatto, ma è forte, sta attenta»

«Lo so, mi ha spezzata, ci è riuscito...»

«No», ringhiò e si mise in una posizione fiera «Lui non ci distruggerà mai, siamo forti e non siamo sole»

Risi per la sua ingenuità «Invece lo siamo, nessuno ci ha cercate Athena, nessuno ci ha salvate e dio solo sa quanto tempo è passato da quel giorno, io ho perso il conto ormai...»

Lei rimase zitta per un po' poi sbottò «Tre mesi».

Per la prima volta dopo un tempo infinito, che, a quanto pare, erano diversi mesi, provai un'emozione.

Disperazione.

Ero rimasta nelle mani di questo mostro per tre lunghi mesi a patire ogni più piccola sofferenza, sola, abbandonata.

«Non ci ha cercato nessuno per tutto questo tempo, neppure loro...» accettai la realtà.

«So per certo che l'hanno fatto e lo fanno tutt'ora... lo sento dal legame» ammise lei fiera.

Non le risposi più. Non ne avevo le forze.

Mi sentivo così vuota, così inutile, quasi come se la mia esistenza fosse solo un brutto scherzo.

Uno scherzo di pessimo gusto.

Chiusi gli occhi e mi addormentai.

Era l'unico sollievo che avevo.

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