15 - IO HO SEMPRE FATTO CASO A TE

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Io e Malcom aspettiamo qualche minuto fuori il teatro mentre Christian raccoglie le sue cose prima di uscire.
Io mi sento nervosa e avverto anche di avere le mani sudate.

Non sono mai stata una di quelle persone che colgono segnali o leggono l'oroscopo, ma non posso che vedere una strana coincidenza del destino in questo improvviso incontro con Christian.
Tutto mi aspettavo, fuorché che diventasse una presenza così assidua nella mia vita.

E non penso che sto correndo troppo, poiché, da quando siamo in attesa che esca fuori dal teatro, Malcom ha continuato a professarsi entusiasta e su di giri per questa nuova avventura da attore appena intrapresa.
Non la smette di parlare, riassumendomi tutta la lezione appena fatta e chiedendomi di spiegargli per bene quali sono i giorni della settimana, in modo tale da poter comprendere quanti di essi lo vedranno impegnato nella sua nuova attività.

I giorni in cui si terrà il corso sono due, e questo significa  che, se anche riuscissi ad evitare Christian la mattina, quando esco di casa per recarmi alla pasticceria, lo stesso non potrebbe accadere almeno due volta la settimana il pomeriggio, quando porterei Malcom alle sue lezioni.

Perché dovrei evitare Christian?
Perché ho già intuito che potrebbe portare solo problemi nella mia vita, cosa che in questo momento non sono affatto pronta ad affrontare.
Mi servono sicurezza e stabilità, non un uomo che arrivi a rimescolare le carte in tavola.
Non sono come Bernie, non riuscirei a mantenere più di una relazione in piedi...
Un momento, io non ho proprio nessuna relazione in piedi!
Bernie non mi vuole più e devo farmene una ragione.
Mi sento ancora inspiegabilmente legata a lui e devo lasciar andare questa inutile convinzione.
Ma non per aprirmi ad un'altra persona.
Per ritrovare me stessa.
Per riscoprirmi e mettere in risalto le mie capacità, per abbracciare tutti i miei difetti e fare pace con essi, senza che sia qualcun altro a chiedermi di farlo o ad aiutarmi.

Quando Christian finalmente esce dal teatro e viene verso di noi, mi godo da lontano lo spettacolo della sua bella figura che avanza nella nostra direzione.
Indossa un giubbotto nero che evidenzia le sue spalle e le braccia muscolose, sotto ha pantaloni di colore verde scuro e scarpe da ginnastica chiare.
Il suo sguardo è tranquillo e sereno, io non posso che pensare che deve riflettere il suo stato d'animo attuale, che invidio, poiché nella mia mente, in questo preciso momento, è in corso una vera e propria guerra, che vede protagoniste la razionalità e un tumulto di ingarbugliate e indefinite emozioni.

«Maestro Christian, vuoi ascoltare un po' di musica insieme a me?» Domanda Malcom andandogli incontro.
Io sorrido, è una abitudine che ha da un po' di tempo: Malcom è sempre stato pigro e difficilmente cammina per strada senza lamentarsi o dichiararsi stanco, ecco quindi che ho trovato la musica come forma di intrattenimento. Gli propongo di ascoltarla con le mie cuffiette bluetooth, ed ecco che lui, allora, essendo un amante della musica, cammina senza lamentarsi per lunghi tragitti, perdendosi nelle strofe delle sue canzoni preferite.

Christian sorride, «ascoltale tu, Malcom, io parlerò con la tua mamma del corso di teatro,» spiega.
Malcom allora si avvicina a me per cercare le cuffiette dalla mia borsa, impresa che gli riesce in pochissimi istanti.
In pratica sono l'unica per cui questa borsa rappresenta un buco nero...
Malcom prende poi il mio cellulare, e in pochi clic lascia partire le sue canzoni preferite e prende a camminare davanti a noi, lasciando quindi me e Christian soli a parlare.
E io sento già l'agitazione farsi spazio nel mio petto.

«Quindi sei un insegnante di teatro. Davvero un lavoro originale,» esordisco per prima.
Non mi volto a guardarlo, ma intuisco che Christian sorride.
«Tutto merito di mio padre e mio zio. Loro recitavano già dalla tenera età, e mi hanno trasmesso questa passione. Sono praticamente cresciuto sul palco, era inevitabile, nel mio caso, diventare un attore.»
Subito penso che mi piacerebbe vederlo recitare, ma non è quello che dico ad alta voce.

«Io sono così introversa che arrossirei anche solo mettendo piede su un palco, e lo stesso credevo che sarebbe stato per Malcom. In genere ci mette del tempo prima di ambientarsi, stasera è stato diverso e... sorprendente.»
«Il teatro può essere così. Può tirar fuori lati inaspettati del nostro carattere.»
Sarà anche vero, ma nel caso specifico di mio figlio non è stato così. Si è trovato subito a suo agio grazie a Christian e alla sua capacità di saper comunicare così bene con i bambini.
Ma non dico neanche questo.

«Io preferisco scrivere. Anche la scrittura ha la stessa capacità, ma in cambio non ti obbliga ad esporti al mondo.»
Credo questa sia la primissima volta che confesso della mia passione ad un estraneo.
Marc e Robbie sanno che mi piace scrivere, di tanto in tanto. Ma probabilmente non l'hanno mai neanche detto alle loro mogli, dato che non ho mai trasformato questo passatempo in qualcosa di più serio, come ad esempio la stesura e la pubblicazione di un libro.
Neanche Bernie conosceva questa mia passione.
Lui è così pragmatico e razionale che penso che mi avrebbe solo deriso, se gli avessi rivelato che, di tanto in tanto, mi piace mettere nero su bianco i miei pensieri.
E poi arriva questo sconosciuto e io faccio una simile confessione.

Mi volto a guardare Christian e lo trovo con gli occhi inchiodati nei miei.
Subito sposto lo sguardo altrove, sentendomi insensatamente come colta in flagrante.
«Cosa scrivi?» Domanda.
«B-beh, io... in verità io...»
Oh, no. Sento che sto arrossendo.
Ma perché ho tirato fuori un simile argomento?
«Io amo leggere,» dice allora Christian, evidentemente per salvarmi dallo stato di imbarazzo in cui sono improvvisamente piombata.
Lo guardo e sorrido: non ho mai trovato un uomo che amasse leggere.
«E cosa ti piace leggere?»
«In realtà non hai ancora risposto alla mia domanda.»
Prendo a sfregare energicamente le mani fra loro, come a voler cercare in esse il coraggio per spiegarmi.
«Nulla di preciso, in realtà. Metto solo nero su bianco i miei pensieri. Mi piacerebbe scrivere un romanzo, ma probabilmente non ne sarei in grado.»
Neanche Marc e Robbie hanno mai approfondito l'argomento chiedendomi di preciso cosa mi piace scrivere.

«Io lo leggerei, se lo scrivessi.»
Mi fermo nel bel mezzo della strada e lo fisso, mentre avverto che per un brevissimo istante il tempo si è fermato, così come tutto quello che ci circonda.
Trovo negli occhi di Christian un'espressione mista di curiosità e sincerità, in cui annego per qualche istante.
Ma dove è stato questo ragazzo perfetto per tutto questo tempo?

Poi la vocina nella mia testa mi ricorda che mio figlio sta continuando a camminare più avanti sulla strada e quindi riprendo a farlo anche io.
«Dove abiti esattamente? Noi siamo quasi arrivati...» chiedo per cambiare argomento.
La tensione era improvvisamente insostenibile e mi serviva una via di fuga.
La mia di tensione, ovviamente, poiché Christian mantiene la sua aria tranquilla e non sembra scosso dalla nostra conversazione.
«Su questa strada, un po' più avanti,» spiega lui come se mi avesse detto la cosa più ovvia del mondo.
«Che strano, abbiamo sempre abitato vicini eppure non ci siamo mai incontrati così spesso come in questo ultimo periodo...»
Questa voleva essere più che altro una riflessione mia, eppure l'ho esternata ad alta voce.
L'espressione di Christian cambia e ora sembra deluso. Possibile?

Restiamo in silenzio per un po' e il tempo, lo stesso che prima sembrava essersi fermato, sembra essersi nuovamente dilatato.
Avverto il mio imbarazzo crescere ancora, mentre prendo a sistemarmi nervosamente i capelli.
Chissà a cosa sta pensando Christian...
«Cammina in questo modo quando è felice. E adesso non credo che si senta così per via della musica che sta ascoltando,» provo allora a dire riportando l'attenzione su Malcom e indicandolo con un dito.
Devo scollarmi di dosso tutto questo imbarazzo al più presto e risollevare la situazione.
Per tutta risposta Christian mi mostra un sorriso molto debole.
Pochi altri passi e giungiamo davanti alla pasticceria.
Malcom non si sfila le cuffiette, urlando solo un saluto frettoloso a Christian e poi sparendo all'interno del locale.
«Grazie di tutto. Ci vediamo alla prossima lezione, ehm... giovedì, giusto?» Dico invece io con imbarazzo, guardandolo.
Lui ha ancora la sua espressione un po' risentita.
Annuisce piano e mi mostra un sorriso appena accennato.
Poi si porta le mani in tasca e fa per allontanarsi. Ma la sua andatura sembra tutt'altro che decisa, quindi resto ferma per capire cosa intende fare davvero.
Lui muove qualche passo verso la strada, salvo poi ripensarci e tornare indietro, piazzandosi davanti a me, a pochissimi centimetri di distanza dal mio viso.
«Io ho sempre fatto caso a te, Julia, da anni,» mi confessa e poi resta in attesa che io risponda qualcosa, guardandomi con aria interrogativa e anche incoraggiante.
Sgrano leggermente gli occhi e d'istinto schiudo le labbra, in un'espressione meravigliata.
Ma ogni eventuale risposta mi muore in gola, poiché sono un'imbranata totale che ancora pensa che una qualsiasi frase vagamente incoraggiante possa deludere il mio ormai ex marito.
Christian deve intuirlo e si arrende, quindi si volta per andare via, lasciandomi sola davanti all'ingresso della pasticceria.

Fractured - quello che non vediDove le storie prendono vita. Scoprilo ora