Capitolo bonus

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Le risate riempivano l'aria del cortile della scuola, i bambini correvano da una parte all'altra in un caotico mare di giochi e chiacchiere. Io ero seduta sotto un grande albero in fondo al giardino, con il naso immerso in un libro, come facevo sempre durante la ricreazione. Non ero una bambina particolarmente timida, ma preferivo la compagnia tranquilla delle storie che leggevo, piuttosto che i giochi rumorosi degli altri.

<<Ehi, Eileen!>> Una voce squillante mi fece alzare lo sguardo, e vidi Mattheo che si avvicinava con un sorriso malizioso sul volto. Aveva sempre quell'aria scanzonata, come se ogni cosa fosse un'avventura da esplorare.

<<Che stai leggendo?>> chiese, piegando la testa per sbirciare le pagine del libro.

<<Una storia di avventure,>> risposi, cercando di continuare a leggere senza dargli troppa attenzione, anche se non era facile ignorarlo.

<<Ma tu sei sempre lì con il naso nei libri,>> osservò Mattheo, scuotendo la testa. Poi, all'improvviso, sorrise ancora di più. <<Sai, sembri proprio un piccolo gattino quando fai così.>>

<<Gattino?>> lo guardai perplessa, aggrottando la fronte. Non capivo da dove gli fosse uscita quell'idea.

<<Sì! Stai lì tutta tranquilla, silenziosa... e poi quando ti infastidisco, ti arrabbi e tiri fuori le unghie, come un gattino!>> esclamò ridendo, mentre faceva il gesto di graffiare con le mani.

Arrossii e abbassai lo sguardo, imbarazzata, ma cercai di nascondere la mia timidezza con un sorrisetto. <<E va bene, allora. Però... se sono un gattino, allora non venirmi troppo vicino o ti graffio!>>

<<Oh, sono terrorizzato!>> rise Mattheo, facendo finta di essere spaventato. <<Però 'Gattino' non va bene... in inglese come si dice? Ah, giusto: Kitten!>>

Alzai gli occhi al cielo, ma in realtà mi piaceva il modo in cui suonava quella parola, <<Kitten>>. Non lo dissi, ovviamente, ma Matteo sembrava aver capito comunque.

Da quel giorno, iniziò a chiamarmi così. <<Kitten!>> gridava ogni volta che mi vedeva in cortile o in classe, e io gli rispondevo con una smorfia. Ma c'era qualcosa di speciale nel modo in cui pronunciava quel soprannome: lo faceva con un affetto genuino, che solo lui riusciva a trasmettere.

Un pomeriggio, mentre stavamo uscendo da scuola, mi accorsi che Mattheo stava camminando accanto a me, con le mani infilate nelle tasche e lo sguardo rivolto verso il cielo. Aveva un'espressione più seria del solito, e io non sapevo cosa dire. Di solito era sempre lui a chiacchierare senza fermarsi, ma quel giorno sembrava perso nei suoi pensieri.

<<Kitten,>> mi chiamò all'improvviso, e io mi voltai a guardarlo.

<<Sì?>>risposi, curiosa di sentire cosa avesse da dirmi.

<<Non te l'ho mai detto, ma mi piace che ti chiami Kitten. E sai perché?>> fece una pausa, come per cercare le parole giuste. <<Perché mi fa sentire come se fossimo speciali. Tu sei il mio Kitten, e io sono il tuo Matteo.>>

Sentii il cuore battere più forte e arrossii. Anche se eravamo solo bambini, quelle parole mi colpirono profondamente. Forse non capivamo ancora esattamente cosa significasse, ma in qualche modo sapevo che tra di noi c'era un legame speciale, qualcosa che ci avrebbe unito per sempre.

Ci sorridemmo, e in quel momento capii che Mattheo sarebbe sempre stato importante per me, anche se non sapevo ancora come.

Answering my destiny (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora