Capitolo 31 cicatrici invisibili

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Gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne
sparse tante.
Manzoni

POV Mattheo

Le prime luci del mattino filtravano dalle ampie vetrate del ristorante, riflettendosi sulle superfici lucide dei tavoli appena apparecchiati. Il profumo del caffè fresco e dei croissant appena sfornati riempiva l'aria, portando con sé una promessa di serenità.

Eileen era al bancone, assorta nella preparazione delle ordinazioni del giorno. La vedevo mentre sistemava con cura i dolci su un vassoio, il suo volto concentrato ma sereno. Non potevo fare a meno di sorridere guardandola. Dopo tutto quello che avevamo passato, vedere il suo sorriso illuminare il locale mi dava una pace che pensavo di non poter più trovare.

Mi avvicinai a lei, le poggiai una mano leggera sulla schiena e le diedi un bacio sulla tempia. <<Come va kitten, tutto sotto controllo?>>

Lei sollevò lo sguardo verso di me, gli occhi brillanti di una felicità contenuta. <<Sì, tutto a posto. E tu? Sei pronto per la giornata?>>

Annuii. Anche se dentro di me c'era sempre un nodo di ansia che non riuscivo a sciogliere del tutto, quel giorno mi sentivo stranamente calmo. <<Sì, sono pronto. Però, appena abbiamo un attimo, voglio andare in ospedale a trovare Arthur.>>

Il sorriso di Ellen vacillò per un momento, ma lo nascosse rapidamente dietro un'espressione comprensiva. <<Sì, dovremmo andarci. Non lo vedo da troppo tempo.>>

Arthur. Solo il pensiero di lui mi fece stringere il cuore. Era lì, in quell'ospedale, prigioniero di un sonno dal quale non sapevamo se si sarebbe mai svegliato. Ogni volta che lo vedevo disteso su quel letto, mi sentivo impotente, arrabbiato e colpevole. Avrei dovuto proteggerlo. Avrei dovuto fare di più.

Dopo aver sistemato le ultime cose nel ristorante, ci avviammo verso l'ospedale. Il tragitto fu silenzioso, carico di pensieri che nessuno dei due osava esprimere ad alta voce. Arrivati davanti alla porta della stanza di Arthur, presi un respiro profondo prima di entrare. La vista di mio fratello, immobile e fragile su quel letto, mi colpì come un pugno allo stomaco, come sempre.

Eileen si sedette accanto a lui, prendendogli delicatamente la mano. Io rimasi in piedi ai piedi del letto, incapace di muovermi. Mentre osservavo il respiro lento e ritmico di Arthur, la mia mente si riempì di ricordi. Ricordi che avrei voluto dimenticare.

**Flashback**

Era una sera fredda, qualche giorni prima. L'aria era pesante, e l'atmosfera nella nostra casa era tesa come una corda pronta a spezzarsi. Io e Arthur eravamo in salotto, discutendo a bassa voce. Arthur era preoccupato per qualcosa, ma non voleva dirmelo. Insisteva sul fatto che poteva gestire la situazione da solo.

Poi, improvvisamente, la porta si spalancò e nostro padre entrò nella stanza, il viso contorto dalla rabbia. Non sapevo cosa avesse scatenato la sua furia, ma sembrava determinato a sfogarla su di noi.

<<Cosa diavolo sta succedendo qui?>> tuonò, avanzando verso di noi.

Arthur si alzò di scatto, mettendosi tra me e lui. <<Non è niente, papà. Lascia stare, possiamo risolverla da soli.>>

Ma nostro padre non era dell'umore per discutere. Lo vidi avvicinarsi minacciosamente ad Arthur, e il mio istinto mi gridò di intervenire. Ma prima che potessi fare qualcosa, la sua mano colpì Arthur con una violenza che non avevo mai visto prima. Arthur cadde a terra, sbattendo la testa contro l'angolo del tavolino.

Il tempo sembrò fermarsi. Il sangue iniziò a colare dalla ferita sulla testa di Arthur, e io rimasi lì, paralizzato dal terrore e dalla rabbia. Nostro padre si rese conto di ciò che aveva fatto, ma non mostrò alcun segno di rimorso. Mi guardò solo con quegli occhi freddi e vuoti, come se niente fosse.

Arthur non si rialzò. Io caddi in ginocchio accanto a lui, cercando disperatamente di fermare il sangue, urlando per un aiuto che sembrava non arrivare mai.

**Fine Flashback**

Tornai al presente, con il respiro affannato e il cuore che martellava nel petto. Eileen mi guardò, i suoi occhi pieni di preoccupazione. <<Mattheo, va tutto bene?>>

Scrollai la testa, cercando di scacciare quei ricordi dolorosi. <<No, non va tutto bene. Non so se potrà mai andare bene.>>

Lei si alzò, venendo verso di me e prendendomi la mano. <<Non possiamo cambiare il passato, Mattheo. Ma possiamo essere qui per lui, ora.>>

Annuii, stringendole la mano con forza. Era vero, non potevo tornare indietro, non potevo cambiare quello che era successo. Ma potevo essere presente per Arthur, potevo dargli la forza di cui aveva bisogno per combattere. Anche se ogni giorno era una lotta per me, non avrei mai rinunciato a lui.

Ci sedemmo entrambi accanto al letto di Arthur, in silenzio, lasciando che la presenza l'uno dell'altro ci confortasse in quel momento difficile.

Answering my destiny (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora