14. La nuova punizione

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Apollo si sentì tremare a queste parole del dio dei morti, ma cosa poteva fare? Si stava sforzando in tutti i modi di apparire sgradevole agli occhi di Ade, ma l'unica cosa che voleva fare era baciarlo e chiedergli scusa per tutte quelle menzogne.
Certo che significava qualcosa per lui.
Certo che lo aveva amato sin dal primo momento.
Certo che, quando lo aveva baciato per la prima volta in assoluto, aveva avuto in mente di farlo innamorare di sé per poi lasciare gli Inferi indisturbato.
Ma questi pensieri si erano volatilizzati quando Ade era tornato da lui, quando lo aveva baciato di sua spontanea volontà ed erano finiti con l'innamorarsi interamente dell'altro. Il cuore di Apollo vibrava di energia pura, e l'unica cosa che sperava era che Ade non si rifiutasse veramente di vederlo.
Tutte quelle bugie le stava dicendo solo per lui, per proteggerlo dall'ira di Zeus. Perché non riusciva a capirlo?

Ade tenne lo sguardo puntato su Zeus mentre finiva di parlare. Non voleva più quello sporco bugiardo nei suoi Inferi, nemmeno in una cella sotterranea, o nei Campi della Pena. Non voleva più rivederlo.
Non solo era disgustato dal comportamento di Apollo, ma anche terribilmente ferito da esso... Così ferito che stava prendendo in considerazione l'idea di tornare da Persefone con la coda tra le gambe e chiederle di scusarlo, di riprovarci.
Si scostò una ciocca di capelli dalla fronte e attese che Zeus gli rispondesse.
«La punizione di Apollo è sciolta.» disse Zeus, guardando prima Ade e poi il figlio. «Non posso mandarti più negli Inferi nel palazzo di Ade. Quel luogo non è adatto a te. Ma devi lo stesso essere punito per il tuo comportamento. Ti spedirò nel Tartaro.»

Apollo sbiancò. Il Tartaro? Zeus aveva minacciato veramente di spedirlo nel Tartaro? O erano solo parole buttate lì a caso per spaventarlo? Perché ci stava riuscendo benissimo.
Si voltò a guardare Ade, sperando che il dio della morte fosse scioccato quanto lui, ma ciò che vide fu solo un ghigno che trasfigurava completamente il volto di Ade.
«È quello che ti meriti.» disse Ade, serio, continuando a sogghignare. «Per quello che mi hai fatto.»
Apollo lo fissò senza parole, e tornò a guardare il padre. Zeus sembrava in attesa di qualcosa.
«D'accordo.» disse Apollo, cancellando il ghigno soddisfatto dalla faccia di Ade. «Andrò nel Tartaro. Accetto la mia nuova punizione.»
Era quello che si meritava dopotutto, no? Una punizione eterna, e terribile...
«Vi passerai i prossimi cento anni.» disse Zeus, serio, guardando Apollo. «Nel Tartaro.»
«Quando vuole, divino Zeus.» mormorò Apollo, inclinando la testa.
Ade tossicchiò. «Fratello, sul serio?» domandò. «Vuoi veramente spedirlo nel Tartaro?»
«L'ho detto, e lo farò. A meno che tu non abbia qualcosa da dire a riguardo.»
Ade si voltò a guardare Apollo. Esso aveva l'espressione di un uomo appena condannato a morte. Be', in effetti, era appena stato condannato a morte. Essere spediti nel Tartaro per cento anni...
«Bravo.» disse Ade ad Apollo, che alzò lo sguardo su di lui. «Ti sei appena condannato ad una vita di orrori solo perché hai voluto fare l'idiota con me. Almeno spero che tu ti sia divertito mentre stavamo insieme... Chissà quanto ridevi alle mie spalle.»
Apollo abbassò di nuovo lo sguardo stringendo i pugni. Ade tornò a rivolgersi a Zeus. Fu sul punto di parlargli quando sentì una mano calda sulla spalla.
«Davvero mi lasceresti andare nel Tartaro?» mormorò Apollo, osservandolo con attenzione. Si era avvicinato in silenzio.
«Per quello che mi hai fatto, sì.» rispose Ade, freddo.
Apollo si mordicchiò il labbro e guardò il padre. «Sono pronto.»
Ade si sentì stringere il petto, ma ormai quello che c'era da dire era stato detto. Apollo lo aveva preso in giro. E se anche il petto gli si infiammava nel sentire il suono della sua voce, lasciarsi era la cosa migliore che potessero fare.
Zeus annuì lentamente alle parole di Apollo. «Bene, allora...»
Ade afferrò Apollo per il braccio e affondò le dita nella carne. «Perché mi hai mentito per tutto questo tempo?» gli urlò in faccia. «Lo sapevi che ero innamorato di te!»
«Ti ho già spiegato il motivo!» urlò a sua vola Apollo. «Volevo andarmene dagli Inferi!»
«Perché non me lo hai detto chiaramente, al posto di farmi innamorare di te, e spezzarmi il cuore?!»
«Ti ho spezzato il cuore?» Apollo lo guardò serio. «Ti chiedo scusa.»
Ade lo lasciò andare. «Certo che mi hai spezzato il cuore. L'ho sentito rompersi poco fa. Perché credevi che non mi si sarebbe spezzato? Non ho mai pensato che tu fossi una persona orribile, nonostante le tue centinaia di relazioni alle spalle. Speravo fossi sincero con me.»
«Ade...» Apollo si mordicchiò il labbro, scosso.
«Ma non importa, dopotutto. Posso accettare tutte queste menzogne. Ma non pronunciare più il mio nome.»
Ade si voltò a guardare Zeus, in attesa di vederlo mandare via Apollo.
Il dio del sole gli sfiorò la mano. «Mi dispiace averti spezzato il cuore.» ripeté.
Il dio della morte si sentì fremere a quel tocco ma non si voltò a guardarlo.
«Se avete finito con le smancerie, Apollo, ora tu...» iniziò a dire Zeus, ma Ade lo fermò.
«Tu non puoi seguirmi negli Inferi, vero?» chiese Ade a Zeus.
«No. È il tuo regno.»
«Bene.»
Ade afferrò Apollo e lo portò negli Inferi con un viaggio ombra. Finirono subito nella camera di Apollo, e Ade lo lasciò subito andare come se si fosse preso la scossa.
«Allora è vero?» gli urlò in faccia, di nuovo. Voleva litigare con lui a quattro'occhi, senza la presenza di Zeus. E quale posto migliore per farlo? «Mi hai sempre mentito?! Per tutto questo tempo?!»
«Ade...»
«Rispondimi! E guardami negli occhi per una volta!»
Apollo esplose. «Ade, cosa avrei dovuto dire a Zeus? Che ti amo con tutto me stesso? Che ci siamo innamorati senza farlo apposta? Che tu sei tutto ciò che c'è di bello qui negli Inferi?»
Ade lo fissò male. «Ora non mi prendere per il culo, per favore.»
«Non ti sto prendendo in giro, ora. Ho dovuto mentire a Zeus. Non volevo che punisse anche te.»
«Quindi hai preferito che io pensassi che mi hai preso in giro in tutti questi anni piuttosto di ricevere una punizione da Zeus?!»
«Sì.»
Ade inspirò profondamente mentre i pezzi del suo cuore si muovevano, come se desiderassero riunirsi, ma fossero troppo spaventati per farlo.
«Sei un idiota.» disse infine.
«Lo so.» annuì Apollo, convinto.
Ade scosse la testa. «No, non lo sai. Sei proprio un idiota.»
«Ho capito, lo so.»
«Se lo sai perché ti sei comportato in questo modo? Hai preferito vedermi ferito...»
«Ho preferito la mia punizione a quella di Zeus.»
«Sei proprio un idiota.»
«Non ti stancherai mai di dirmelo, vero?»
«No, mai.»
Si abbracciarono nello stesso istante e trovarono le labbra dell'altro pronte a ricambiare il bacio. Ade gli strinse il volto tra le mani mentre lo baciava con violenza, e Apollo riprese le sue sembianze di uomo quasi trentenne mentre rispondeva al bacio con la stessa passione mista a rabbia.
Si spinsero a vicenda fino ad arrivare contro il muro della stanza della musica. Ade intrappolò Apollo in una stretta forte, e quasi gli strappò i vestiti di dosso. Apollo si limitò a slacciargli la cintura, e quando Ade sentì le mani calde su di sé, lo fermò.
«Non possiamo risolvere in questo modo.» borbottò, riprendendosi.
«Perché non possiamo?» chiese Apollo, la voce arrochita dal desiderio.
«Perché mi hai detto tutte quelle cose orribili, prima.»
«Non ne pensavo nemmeno mezza.» confessò il biondo.
Ade gli prese di nuovo il volto tra le mani. «Ma se le hai dette, significa che...»
«Che ci ho pensato mentre andavamo sull'Olimpo.» Apollo gli baciò i palmi delle mani e gli passò le braccia attorno al collo. «Mio padre mi ha già punito diverse volte. E non volevo che trovasse una punizione anche per te.»
«Avrei preferito che gli dicessi la verità.»
«La verità gliel'ho detta.»
«Ma solo all'inizio.» Ade si scostò da lui e andò a sedersi sul letto. «Non so se potrò ridarti la stessa fiducia.»
Apollo lo guardò sorpreso, poi si riprese e gli si inginocchiò di fronte. «Riprenderò la tua fiducia.» mormorò Apollo, dandogli un lieve bacio sulle labbra. «La riprenderò tutta quanta.»
«E come?» Ade gli strinse le mani tra le proprie. «Zeus ha sciolto la tua punizione. Ora sarai condannato nel Tartaro per cento anni.»
Apollo lo baciò di nuovo. «Mi aspetterai, in questi cento anni?» gli chiese, serio.
«Certo.»
«Allora vivrò quel secolo in attesa di rivederti.»
Ade lo tirò sopra di sé e riprese a baciarlo. I baci arrabbiati di poco prima furono sostituiti da baci dolci. Sapevano che Zeus li stava aspettando, ma nessuno dei due aveva fretta di essere diviso dall'altro.

Ade stese Apollo sul letto e riprese a baciarlo con molta attenzione. Gli baciò ogni centimetro del volto, esplorò la sua bocca, e poi scese. L'incavo della gola, le spalle, il petto. Restò per qualche minuto a mordicchiargli un capezzolo, ascoltando i gemiti di protesta di Apollo.
«Dovrei farlo io...» mormorò lui, sospirando, mentre Ade continuava a scendere. «Ti ho fatto del male...»
«Sst.» sussurrò Ade, facendo scivolare la lingua su di lui.
Apollo gemette quando la bocca di Ade si fermò sul suo sesso. Sentì la lingua del dio muoversi su di lui con fare esperto. Mugolò di piacere e posò una mano sui capelli riccioluti del dio, che decise di aver fatto a sufficienza.
Ade gli sollevò i fianchi, ignorando il borbottio di protesta di Apollo, e si spinse dentro di lui. Apollo lanciò un gridolino e mosse i fianchi per far aderire meglio Ade al suo corpo.
«Hai ancora intenzione di ferirmi?» domandò Ade, spingendo con forza dentro il corpo di Apollo, senza lasciargli nemmeno il tempo di riprendere fiato.
«N-No!» esclamò Apollo, a fatica, gemendo e muovendosi.
Ade non gli rispose. Continuò a spingere, finché i gemiti di Apollo non riempirono tutta la stanza.
«Ti amo!» riuscì a gemere Apollo, e Ade guardò il suo volto per assicurarsi che stesse dicendo la verità. Non riuscì a rispondergli nello stesso modo, e quando venne si stese affianco a lui prendendolo tra le braccia.
«A-Ade.» balbettò Apollo, baciandogli il collo e stringendosi a lui. «Come sta il tuo cuore?»
Ade aspettò un minuto intero prima di rispondere. «Non lo so.» mormorò.
Apollo lo circondò con un braccio. «Mi dispiace tanto essermi comportato da idiota. Ma in quel momento mi sembrava una cosa giusta da fare.»
Ade socchiuse gli occhi. «Non lo ripetere più.»
Apollo annuì dispiaciuto.

Quando tornarono sull'Olimpo dopo un'ora, trovarono Zeus in loro attesa seduto sul suo trono con aria annoiata.
«Ah, siete tornati.» sbuffò Zeus, fissandoli male.
«Dovevamo discutere in privato.» mormorò Ade, scrollando le spalle.
«Non voglio sapere nulla a riguardo.» borbottò Zeus, fissando entrambi.
Apollo sorrise felice, mentre Ade tenne il suo solito sguardo ombroso.
«Ho parlato con Efesto.» disse Zeus, guardando Apollo. «Andrai da lui per i prossimi cinque anni.»
Apollo lo guardò sorpreso. «Cosa?»
Zeus annuì, e Ade deglutì a fatica. «Passerai i prossimi cinque anni ad aiutare Efesto a costruire... be', qualsiasi cosa costruisca. Verrò a trovarvi periodicamente, e vorrò vederti ricoperto di olio e grasso e chissà cos'altro in questi anni.»
Apollo si guardò le sue bellissime mani e tornò a fissare Zeus. «Cosa?!»
«Hai sentito bene.» Zeus scese dal suo trono e li raggiunse. «Apollo, questa è la mia decisione finale. La punizione nel Tartaro mi è stata sconsigliata da Era, e non voglio litigare con mia moglie.»
«Ma...» Apollo guardò Ade.
«Almeno non è il Tartaro.» si sforzò di sorridere Ade.
Apollo annuì e guardò il padre, che schioccò le dita e lo fece scomparire nelle fucine di Efesto il fabbro.
«In quanto a te, Ade...» Zeus lo guardò a lungo. «Cinque anni in sua assenza saranno una punizione adeguata.»
Ade annuì.
«E quando avrà finito la sua punizione da Efesto, potrà tornare negli Inferi... dovrà rimanervi cinque anni in più, ma non credo che questo sia più un problema.»
Ade annuì, ignorando il sorriso sornione di Zeus, e tornò negli Inferi.
La sua punizione era appena cominciata.

Ade e Apollo - Amore negli InferiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora