9 mesi dopo,
15 aprile 2015MANUEL'S POV
«Tu cosa?» Sbotto al telefono per l'ennesima volta. Non ci posso credere che sia successo di nuovo.
«Holger mi ha baciata.» Sussurra, interrompendosi poi. «Scusami Manuel. Ti giuro che è stato lui.»
Non ci vedo più dalla rabbia. Riattacco bruscamente e poi lancio il telefono contro il muro della mia camera d'hotel, non importa se lo schermo si sia rotto tanto ho abbastanza soldi per comprermene altri ventimila uguali.
Odio quel minchione di Badstuber. Come cazzo si è permesso di sfiorare la mia piccola Katniss?
Giuro che se lo vedo gli spacco la faccia in mille pezzi.
Mi siedo sul letto, la testa tra le mani; spero che Katniss arrivi al più presto.
Chiudo gli occhi, cercando di calmarmi un po' ma le immagini di loro due assieme che si ripetono nella mia mente non aiutano di certo.
Nessuno può toccare Katniss.
Nessuno può farla gemere come faccio io.
Nessuno può pensare che lei sia di quel qualcuno.
Katniss è solo mia. Mia e di nessun altro.
Sbuffo esasperato. Prima o poi quella bambina cattiva mi farà impazzire.+
"Manuel, Manuel." Delle piccole mani scuotono le mie spalle, le sue piccole mani.
Capisco di essermi addormentato e subito scatto in piedi.
Mi sembra già di averla vissuta questa scena, lei che implora il mio perdono perché qualcuno dei suoi amichetti ha allungato troppo le mani ed io che la guardo impassibile.
"Lo uccido." Dico pacatamente, torreggiando su di lei che si butta tra le mie braccia. La spingo sul letto e poi mi metto sopra di lei con prepotenza. Ha bisogno che qualcuno le faccia capire che non può fare la troietta con tutti.
"Manuel." Sussurra piangendo.
Le prendo i polsi con una mano e li porto sopra la sua testa. Faccio scendere lentamente il viso sul suo collo candido dove lascio dei morsi.
"Chi ha il diritto di scoparti così?" Le chiedo e l'unica risposta che voglio è un 'solo tu'.
"Solo tu, Manuel." Dice infatti piangendo, credo che i miei morsi le facciano male.
"Chi può toccarti così?" Lascio andare la stretta sui polsi e porto entrambi le mani sotto la sua maglietta che sfilo con facilità.
Le mordo il seno coperto da un leggero strato di tessuto bianco e la sento irrigidirsi sotto di me.
"Solo tu." Ripete con la voce strozzata dai gemiti. "Solo tu, Manuel."
Le tolgo i jeans aderenti ed inizio a mordicchiarle la pelle chiara delle cosce. Lei avvolge le gambe intorno al mio collo facendomi posizionare meglio tra di esse. Così mi da libero accesso alla sua intimità.
Le accarezzo lentamente il pube e lascio che si contorca un po' sotto il mio tocco delicato.
"Manuel." Inizia a gemere. Infilo le dita ai lati delle sue mutandine bianche e le faccio scendere lentamente.
La mia lingua trova subito la sua entrata calda e umida per il piacere.
È eccitante vederla gemere ad ogni mio tocco fugace.
Voglio farla soffrire.
I miei movimenti sono irregolari perché non voglio farla venire subito.
Stringe una mano tra i miei capelli e mi spinge la faccia verso la sua intimità.
Tiro via subito la testa e mi posizione sopra di lei.
"Chi è l'unico che può baciarti?" Le domando a pochi centimetri di distanza delle sue labbra.
"Tu, Manuel." Alza la testa e fa incontrare le nostre bocche.
Mi ritraggo subito, voglio farla soffrire. Mi tolgo la maglietta solo per farle vedere la mia pelle.
Poi mi slaccio i pantaloni della tuta e mi abbasso sopra di lei.
Calo un po' i pantaloni e i boxer, giusto quel poco che serve per liberare la mia erezione davanti alla sua intimità che mi reclama.
Mi avvicino ai suoi fianchi e spingo con violenza in lei.
Sussulta per l'improvviso contatto e porta subito le mani sulla mia schiena, che graffia ad ogni mia spinta.
Riesco a leggere il dolore nei suoi occhi seguito poi dal piacere.
Non deve provare piacere ma solo dolore, così come mi sento io - addolorato - perché lei ha baciato un altro.
Serra gli occhi ed inarca la schiena, per avvicinarsi di più a me. La sento contrarsi contro il mio membro.
Esco velocemente da lei e mi alzo in piedi. In due secondi mi alzo i pantaloni e mi rimetto la maglietta.
Cazzo, il mio amichetto preme contro il tessuto dei boxer ma questa è la punizione per Katniss.
La osservo con un sorrisetto trionfante sul volto.
Ha ancora la schiena inarcata e gli occhi serrati dal piacere.
Trema e ansima.
"Rivestiti." Le ordino. "Adesso dobbiamo andare al campo, tra poco inizia l'allenamento."
Si alza ed intanto le ributto i vestiti.
"Perché mi tratti così?" Mi chiede rimando seduta a testa bassa sul bordo del letto.
"Così come?" Domando sbuffando.
Afferra le mutande e se le infila, poi si alza e si mette il reggiseno.
Mi avvicino per allacciarle i gancetti ma lei si ritrae tremando.
"Non toccarmi." Sibila con cattiveria.
"Non hai risposto alla mia domanda." Mi avvicino prendendola per i polsi e costringendola ad avvicinarsi a me.
"Non puoi trattarmi male. Io non ho fatto niente." Cerca di liberarsi dalla mia presa ferrea.
"Tu hai baciato Badstuber, tu hai fatto qualcosa invece." Ringhio con cattiveria.
"È stato lui a baciarmi." Si allontana da me andando con le spalle contro il muro. Capisce di essere in trappola ed abbassa il viso.
Mi avvicino a lei, premendo con forza contro i suoi fianchi e le faccio alzare la testa.
"Tu sei solo mia." Sussurro e poi la bacio con forza visto che lei si vuole allontanare dalle mie labbra.
"Manuel, piantala!" Mi spinge lontano da sé.
"Non sono un oggetto! Sono una donna e posso fare quello che voglio." Urla alzando le braccia al cielo. "Sei troppo possessivo."
"Sì, con te sì perché sei una che scappa facilmente, me lo hai dimostrato più volte. Ti ho chiesto se volevi venire a vivere con me e tu mi hai detto di no, ti ho chiesto di provare almeno a convivere per un paio di mesi e la tua risposta è sempre stata no. Ho bisogno di averti vicina, ho bisogno di tenerti sotto controllo." Alzo la voce, questa litigata non promette niente di buono.
"Controllarmi? Da cosa? Non ti capisco: ti ho chiesto scusa perché Holger mi ha baciata, ti ho detto che prima di venire a vivere con te devo finire il liceo. Cos'altro vuoi? Mi devo far mettere incinta così dopo hai la scusa per sposarmi, eh?" Riprende un attimo fiato e poi grida. "Se vuoi proprio saperlo, io un figlio c'e l'ho già!"
Aspetta? Cosa? Ho capito bene? Lei ha un figlio?
Qualcosa dentro di me si rompe e non riesco più né a vedere né a sentire niente.
È come se tutto intorno a me si fosse fermato.
Pensavo che lei fosse stata sincera con me.
Pensavo di potermi fidare di lei.
Non le rispondo, sento gli occhi umidi e le lacrime scendono silenziose lungo il mio viso.
È la prima volta che piango per amore, per una donna.
Scuoto la testa ed esco di corsa da quella fottuta camera d'albergo.
Non la voglio più vedere, sento i suoi singhiozzi dietro di me e mi giro per un millesimo di secondo: lei mi sta correndo incontro, è semi nuda e ha le lacrime agli occhi.
Accelero il passo e lei si butta a terra in ginocchio, disperata.
Non me ne frega più niente di lei.
Quando esco dall'albergo, la prima cosa che faccio è andare al campo di calcio.
Gli altri hanno già finito l'allenamento e Guardiola mi insulta perché sono arrivato in ritardo, per la prima volta in anni che gioco a calcio ho saltato un allenamento pre partita.
Mi dice di andare nello spogliatoio e di scusarmi con tutti gli altri.
Mi importa ben poco dei miei compagni di squadra in questo momento.
L'unica persona di cui mi importava davvero, al di fuori della mia famiglia, ha appena tradito la mia fiducia.
Entro lo stesso nello spogliatoio, devo spaccare la faccia a quel coglione di Badstuber.
Lo vedo, è seduto su una delle panchine e si sta togliendo la divisa.
Sorride ma appena mi vede sul suo visto cala la paura.
"TU!" Gli urlo contro e mi avvicino con rabbia. "COME CAZZO TI SEI PERMESSO DI SFIORARE LA MIA FIDANZATA?" Lo prendo per il colletto della divisa e lo porto al mio livello.
Nello spogliato cala il silenzio, nessuno osa fiatare.
"Ti avevo avvertito di starle lontano." Ringhio con cattiveria.
"S-scusa-mi Manuel." Balbetta spaventato.
"Non me ne frega un cazzo delle tue scuse." Lo sbatto contro il muro e poi lascio andare la presa sul suo colletto.
Si massaggia una spalle dolorante.
Mi riavvicino a lui e gli tiro un pugno nello stomaco. Lui si accascia a terra toccandosi il punto dolorante dove si è formato un livido rosso.
Due paia di mani mi afferrano per la vita e mi allontanano da lui.
Le mani sono di Schweinsteiger e Müller.
Mi portano fuori dallo spogliatoio ed intanto vedo che Lahm sta aiutando Badstuber a rialzarsi.
"Calmati amico!" Mi dice Thomas.
Scuoto la testa e mi giro, me ne vado via lasciandoli lì che mi fissano sconcertati.
Dall'altra parte del campo vedo Katniss che mi corre incontro e cerco di ignorarla quando si aggrappa alle mie spalle.
Le do uno spintone e lei finisce in terra. Mi fissa con disprezzo e subito qualcuno le viene in soccorso aiutandola ad alzarsi.
"Ti avevo detto di non toccarla!" Urlo contro Badstuber che intanto la sta abbracciando, lei ha la testa contro il suo petto e trema come una foglia.
"Vieni con me, Katniss." Le dico prendendola per un polso.
Scuote la testa.
"Non vedi che ha paura di te?!" Badstuber la soccorre.
"È la mia fidanzata, decido io cosa deve fare." Gli dico. "È un ordine Katniss, adesso vieni con me." Porto il mio sguardo sul suo viso terrorizzato.
"Neuer, adesso basta! Avete già dato troppo spettacolo voi tre. Tu Badstuber, lascia stare Everdeen, e tu Neuer, ti consiglio di tornare in camera e di farti un esame di coscienza prima delle partita di stasera. Alonso! Porta Katniss in camera con te." Ordina Guardiola ed ognuno si affretta a fare come dice lui.
Katniss si getta tra le braccia di Xabi, che mi guarda dispiaciuto.
Si allontana tenendola a braccetto ed io non ho scelta: torno in camera mia e mi faccio quell'esame di coscienza che mi ha consigliato Guardiola.+
Cerco con lo sguardo Katniss che è seduta sugli spalti, ha gli occhi incorniciati da due grosse occhiaie e si vede benissimo che ha appena finito di piangere.
Mi concentro sulla partita contro il Porto, dobbiamo vincere: è un avversario abbastanza facile.
Prendo posizione in porta e dopo qualche minuto dal fischio d'inizio succede il putiferio.
Falcio un attaccante e mi becco il cartellino giallo più un rigore da parte della vittima della mia rabbia.
Segna.
È il primo di tre goal sofferti, per addolcire la sconfitta uno dei nostri segna ma perdiamo comunque.
Io ho perso tutto, ho perso lei.+
"Katniss." Lei è lì, davanti a me. Lo sguardo perso nel vuoto e le mani che le tremano.
"Katniss." Alzo la voce e lei sembra notarmi. Si gira e continua cammina per il corridoio.
"Fermati, per favore." Le dico con la voce strozzata. Si ferma e si gira verso di me.
"Manuel, lasciami stare. Mi hai delusa." Si volta dandomi le spalle e si allontana.
Con due falcate la raggiungo e la prendo per il polso. La attiro a me e me la carico sulle spalle.
All'inizio scalcia un pochino ma ,vedendo che non mollo la presa, si lascia andare sconfitta e sbuffando.
La porto nella mia camera e la appoggio con delicatezza sul letto.
Mi inginocchio davanti a lei, le mie mani sulle sue ginocchia e gli occhi incastrati nei suoi.
"Parlami di tuo figlio." Le sussurro dolcemente.
Prende fiato e chiude gli occhi, le lacrime le rigano le guance nere per colpa del mascara.
"L'ho avuto quando avevo quindici anni ed è il frutto di una bottarella con un tipo che conobbi in una discoteca di Madrid. Adesso vive con il padre, ha quattro anni e si chiama Davi Lucca." Spiega con un filo di voce.
Davi Lucca, questo nome mi è famigliare...
"Chi è il padre?" Le domando azzardatamente.
"Uhm... Lui si chiama Neymar da Silva Santos Jùnior." Abbassa il viso imbarazzata.
No, non può essere. No, no, no, lei non può essere la madre del figlio di quella testa di cazzo.
"Tu stai scherzando." Ridacchio nervoso.
Scuote la testa.
Mi alzo in piedi.
"Katniss, questo è troppo. Tra di noi è finita. Adesso vattene." Dico con un tono di voce distaccato.
"Manuel..." Sussurra singhiozzando. "Ho bisogno di te, ti amo."
"Vattene." Le urlo e lei esce di corsa dalla stanza.
Mi ero promesso di non lasciarla andare e invece l'ho fatto. E lei non ha provato a fermarmi.
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A TRUE LOVE STORY NEVER ENDS 2 || M. Neuer & J. Lawrence
Fanfiction•2º LIBRO• ❝L'unica certezza che avevo era l'amore di Manuel. Sapevo che lui era tutto ciò di cui avevo bisogno. Manuel era una costante della mia vita e avrei lottato per tenerlo stretto a me. Non l'avrei mai lasciato andare. E avrei fatto di tut...