Capitolo 4

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Settembre 2024

Spense il fornello e prese il pentolino, attenta a non scottarsi. Si spostò verso l'enorme tavolo della cucina, dove tre tazze erano già pronte. Stava preparando un thè. Erano tornate a casa da poco, erano sfinite, ma nessuna aveva voglia di dormire. La verità era che non avevano voglia di fare niente. Nemmeno la televisione accesa per spezzare quel silenzio. Non volevano stare da sole, però, perché sapevano che, in quel momento, chiudersi ognuna in una stanza sarebbe stato deleterio.

La madre avrebbe voluto un caffè, ma erano le dieci di sera, e il caffè a quell'ora avrebbe determinato una notte insonne. Non che avrebbe dormito, nessuna di loro lo avrebbe fatto, ma il caffè l'avrebbe innervosita inutilmente.

Sarah divise l'acqua bollente nelle tre tazze, mettendo in ognuna un filtro diverso, quel po' di zucchero che sarebbe bastato ad addolcire senza rendere le bevande stucchevoli, e posizionando tutto su un vecchio vassoio che girava per casa da anni.

Arrivò in salotto e notò un silenzio che la intimorì, come se a crearlo non fossero soltanto loro tre. Come se l'intero quartiere le aiutasse. Era settembre, faceva ancora caldo, avrebbero dovuto sentirsi i grilli nei giardini. Eppure quella sera nemmeno loro avevano voglia di cantare.

Raggiunse la poltrona che la madre e la zia avevano lasciato libera, di fronte al divano su cui le due donne erano sedute, attente a non sfiorarsi, come se un semplice tocco potesse liberare tutto il dolore che avevano in corpo. Si sistemò meglio, sotto lo sguardo vigile della madre, e quasi si sentì in imbarazzo. Quella era la poltrona del padre. L'aveva usata sempre e soltanto lui. E l'aveva consumata, con la forma del suo sedere ancora ben visibile e i braccioli leggermente sbiaditi. Un sorriso sbiascicato e assente della madre fece svanire l'imbarazzo.

«Non ho avuto il tempo di prepararti il letto, Cate, scusami» sussurrò la donna con la voce stanca. La zia sorrise appena.

«Non preoccuparti, lo preparerò io dopo» rispose tranquillamente, prendendo la mano della cognata che già era pronta ad alzarsi per rimediare a quella dimenticanza. «Moni, tranquilla. Non ho voglia di mettermi a letto, comunque» aggiunse. Monica le annuì, risistemandosi meglio sul divano.

Sarah le osservava ciclicamente. Non le aveva mai viste così. Conosceva bene la sofferenza di entrambe, l'aveva già vissuta, eppure in quel momento, in quella casa così vuota, percepì un dolore che mai aveva visto in loro. Vedeva tutta la loro disperazione. Vedeva la consapevolezza di due donne che, in un attimo, avevano perso ogni appiglio. Che in un attimo avevano perso anche l'ultimo granello di speranza che era rimasto loro.

«Ti va bene la stanza degli ospiti o preferisci...» azzardò Sarah ma la zia la interruppe immediatamente.

«La stanza degli ospiti andrà benissimo» rispose in fretta, pur di non far finire a Sarah la sua domanda. «In fondo, è sempre stata un po' mia quella stanza, no?» aggiunse, provando a sorridere. Sarah le sorrise di rimando, annuendo.

Dopo qualche altro secondo di assoluto e fastidioso silenzio, Monica si alzò dal divano.

«Vado a dormire» disse, apparendo stanca e debilitata.

«Non vuoi finire prima la tisana?» chiese Sarah, visibilmente preoccupata. La mamma le sorrise appena, accarezzandole dolcemente il volto e prendendo la tazza ancora fumante dal tavolinetto.

«La porterò con me» rispose. Sarah sapeva che quello era solo un gesto di cortesia, che avrebbe ritrovato quella tazza ancora piena l'indomani, ma non si intromise.

«Vuoi che venga con te?» chiese. Monica scosse il capo. La ringraziò con un flebile sussurro e le disse che, in quel momento, aveva bisogno soltanto di stare un po' sola. Né Sarah né Caterina la fermarono. Entrambe avrebbero voluto aiutarla di più, entrambe si sentivano impotenti. Non c'era molto da fare, comunque. Tutte e tre avrebbero dovuto fare i conti con quel dolore, nessuno poteva aiutarle. Il dolore era un sentimento soggettivo e subdolo, Sarah lo aveva capito anni prima. Come aveva capito quanto ognuno reagisse a modo proprio, davanti a quel sentimento. Alcuni, troppi, non reagendo affatto.

Solo chi sogna può volare // HoldarahDove le storie prendono vita. Scoprilo ora