Settembre 2024
Sarah sentiva addosso gli occhi di Denise. Alzò lo sguardo a fatica, mortificata. La coreografa la sorrise dolcemente, accarezzandole di getto una spalla.
«Scusa, io... scusa» balbettò.
«Tranquilla», la fermò subito, «c'è tempo per il videoclip».
«No, ho sbagliato io... ti avevo promesso un ballerino formidabile e invece è scappato senza nemmeno guardarti in faccia. È che, insomma... tu non ci conosci, ma Joseph è bravo davvero. Abbiamo avuto dei problemi, lui dice di aver chiuso con tutto e io non ci sto, perché sta buttando il suo talento, e non lo accetto» disse d'un fiato, gli occhi già colmi di lacrime.
«Sarah», la fermò ancora continuando a sorriderle dolcemente, «respira. Non sono arrabbiata. E conosco Joseph. Ti ho subito detto sì quando me lo hai proposto perché lo conosco, ho visto tutti i suoi video su YouTube, ed è bravo davvero. E ho chiesto a Francesco di te perché conosco anche te, conosco i tuoi video e mi piacciono da impazzire» spiegò Denise tranquilla.
«Tu... tu ci conosci?» balbettò Sarah stupita.
«Sì», annuì Denise. «Sono una persona curiosa, vivo su YouTube, mi piace conoscere il mio lavoro. Quando sono andata da Francesco non pensavo di trovarti lì. Ho visto il tuo nome sul biglietto da visita» spiegò. Sarah ridacchiò tra sé, pensando a quei biglietti da visita che Francesco aveva fatto stampare in quattro e quattr'otto dopo la sua assunzione, con la totale disapprovazione di Katia.
«Il tuo nome mi suonava familiare», riprese Denise, «così ho fatto qualche ricerca, ho ritrovato i tuoi video e ho richiamato Francesco chiedendo di te. Non pensavo di arrivare anche a Joseph, ma quando mi hai detto che lo avresti chiamato non ho esitato nemmeno un minuto».
«Sono mortificata, comunque» rincarò Sarah. «Insomma, ti avevo dato una sicurezza senza averla io per prima».
«Non preoccuparti per me, davvero» ripeté ancora. «Ma, forse, dovresti preoccuparti per lui» aggiunse, abbassando lo sguardo, leggermente in imbarazzo. Sarah la tranquillizzò, facendole capire che aveva ragione. La salutò e abbandonò il set: non avrebbero potuto continuare senza il ballerino principale. Raggiunse la metro, e il pensiero era sempre rivolto a Joseph. Era mortificata. Le avrebbe parlato ancora? Avrebbe capito quel comportamento. Non voleva intromettersi per una gloria personale. Non voleva che tornasse a ballare, a studiare, a vivere, per se stessa. Lo voleva per lui. Voleva rivedere lo stesso ragazzo appassionato di un tempo. E voleva il suo perdono.
***
«Dico, sei impazzito?» Sarah entrò nella stanza di Joseph urlando, come una furia. Una scena non troppo diversa dalle scene giornaliere che avevano vissuto fino a due anni prima. Trovò il ragazzo steso sul letto, nascosto dietro un libro che fingeva di leggere. Finse di non averla sentita, e non distolse lo sguardo dalle pagine. Sarah sbuffò sonoramente, sfilandogli il libro dalle mani.
«Sei pazza?» sbottò lui.
«No, sei tu il pazzo. Ti sembrano scenate da fare?» ribatté adirata. Joseph iniziò a ridere, di un sorriso amaro e spento. Un sorriso che Sarah non aveva mai visto su quel volto e che le fece male all'istante.
«Perché non capisci?» chiese esasperato.
«Che dovrei capire?» continuò lei. «Che sei uno stupido? Sai cosa capisco, invece? Capisco che hai buttato all'aria un'opportunità unica, che ti avrebbe dato tanto. Capisco che ti piangi addosso, che ti accontenti. Capisco che non vuoi andare avanti. E non ce la faccio a vederti così» aggiunse, abbassando il tono e fissandolo negli occhi.
«Non ce la fai? Tu? Dopo due anni? Torni, come se niente fosse, e pretendi di prendere decisioni per me» esclamò alzandosi dal letto. Era molto più alto di lei, riusciva a sovrastarla completamente.
«Quanto ancora vuoi farmeli pesare?» chiese lei rabbuiata.
«È questo il punto. Non ho mai voluto farteli pesare, non te li sto facendo pesare. Mai. Ho accettato la tua decisione, ti ho assecondata, rispettando la tua volontà, senza cercarti mai. Ti ho rispettata anche quando sei tornata e non volevi parlarmi, sono stato disponibile quando hai cambiato idea. Non eri l'unica a soffrire, nonostante il tuo egoismo ti facesse pensare il contrario. Hai mai pensato a me? O ti sono tornato in mente solo adesso? Perché in questi due anni ho provato a vivere anche io, non sono morto nonostante lo desiderassi ogni giorno. Hai idea di quanto io mi sia sentito in colpa? Di quanto mi ci senta tutt'ora? Di quello che ho vissuto? Sei andata a New York, hai continuato con la fotografia, hai fatto carriera. Io sono rimasto qui. Ho visto tua madre disperarsi ogni giorno, tuo padre perdere la parola. Ho visto la paura di tua zia, che per entrare a casa tua, un giorno, ci ha messo mezz'ora. Ho perso tutti i miei amici. Sai che, dopo la morte di Mattia, Alessandro è diventato un tossico? Sai che sono due anni che vive sotto un ponte, che si fa di eroina e che non riesco ad aiutarlo? E Luca? Non esce più di casa. Guido ha mollato la fidanzata e si è trasferito in Canada. Nessuno di noi sta bene, Sarah, ma a te non è mai importato un cazzo. Hai sempre pensato a te stessa. L'unico dolore ammissibile, per te, era il tuo. Pensavi di essere l'unica a soffrire ma, ti svelo un segreto: non esisti solo tu, non sei importante solo tu. Come ti ho detto, hai preso una decisione, due anni fa. Una decisione che ti ha portata lontana dalla tua famiglia, dai tuoi amici, dalla tomba di tuo fratello... da me. Avremmo potuto superarla insieme, o almeno provarci, ma hai deciso di fuggire, di lasciarmi. E io mi sono ritrovato a dover combattere con la perdita del mio migliore amico e della donna della mia vita. Indovina? Non ho superato un cazzo. Non vivo più, Sarah. Come fai a non capirlo? Provo ad andare avanti, per me stesso e per i miei, che si stavano ammalando per me. Sono stato mesi chiuso in casa, senza mangiare, senza dormire. Ero diventato un vegetale. Un giorno, per caso, li ho sentiti parlare. Erano distrutti, disillusi. Ho deciso di reagire, per loro. Ho cercato lavoro e sì, fa schifo, ma è il mio lavoro. Non puoi pretendere di tornare e trovare tutto come prima, non abbiamo più cinque anni e queste non sono decisioni tue. Questa, Sarah, è la mia vita. La mia merdosa vita, la stessa da cui tu hai deciso di uscire, due anni fa. Quindi, ora, non immischiarti».
Sarah lo fissò negli occhi, così spenti, così assenti. Non riuscì ad aprire bocca. Ogni parola era come una lama al cuore. Iniziò a piangere. Sentiva le lacrime scorrere impetuose e non aveva nemmeno la forza di asciugarle. Era inerme davanti alla sua verità. Sapeva quanto Joseph avesse ragione, su tutto. Cosa avrebbe potuto dire? Ma lei sapeva di aver sbagliato, di aver reagito come una bambina. Perché, in fondo, bambina lo era davvero. Ma voleva rimediare.
Le mani calde di Joseph le avvolsero il viso, asciugando ogni lacrima. In quel gesto, la ragazza vide un amore ancora vivo, mai finito. Lo sentiva addosso come lo aveva sentito nelle parole di pochi minuti prima. Lei sapeva che Joseph la amava, ne era certa. Come era certa di amarlo a sua volta. Come era certa che lui la amava tanto quanto lei amava lui. O, forse, di più. Perché lui non sarebbe scappato, non l'avrebbe abbandonata. Ma erano diversi, Sarah aveva imparato a fare i conti anni prima con quelle diversità.
Provò ad aprire bocca, ma nessun suono riuscì a venire fuori. Non poteva rispondere, tutto sarebbe stato superfluo, tutto sarebbe stato inutile. In quel momento, mentre aveva ancora il viso tra le mani di Joseph, riuscì solo a buttarsi su di lui, sulle sue labbra che per troppo tempo le erano mancate. Riuscì solo a farsi stringere e a farsi guidare su quel letto che li aveva visti protagonisti migliaia di volte.
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Solo chi sogna può volare // Holdarah
عاطفيةCome si supera la morte di qualcuno? Sarah, ventitreenne romana e promettente fotografa, non l'ha mai imparato. A ventuno anni si è trovata a dover affrontare la perdita di una delle persone più importanti della sua vita e, incapace di reagire, è f...