Capitolo 12

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Settembre 2024

«Zia, io non posso muovermi. Ma se passi allo studio pranziamo insieme», disse Sarah tenendo il cellulare tra l'orecchio e la spalla, mentre continuava a lavorare al computer. Era lì da una settimana e le stava piacendo. Inaspettatamente, le stava piacendo davvero quel lavoro. In quei giorni era stata fuori due volte: per un compleanno e per una sfilata di quartiere. Aveva fatto tante foto, aveva passato ore chiusa nella camera oscura e altrettante davanti al computer. Entro l'inizio della settimana successiva, avrebbe dovuto consegnare quei due lavori e cominciarne uno nuovo, più impegnativo, che Francesco non le aveva ancora spiegato bene.

«D'accordo», annuì Caterina, «allora ti raggiungo entro una mezz'oretta. Prendo il sushi?» aggiunse. A Sarah si illuminarono gli occhi all'istante.

«Sì, il sushi va benissimo» rispose estasiata facendo ridacchiare la zia che chiuse la chiamata dopo un "ciao" sbrigativo. Sarah poggiò il cellulare sulla scrivania e tornò a concentrarsi totalmente sulle foto. Il suo ufficio era piccolino. Talmente piccolo che, quando ci aveva messo piede per la prima volta, non aveva nemmeno notato quella piccola stanzetta, sulla quale aveva buttato un occhio fugacemente pensando fosse il bagno. Aveva dato per scontato che non avrebbe avuto un ufficio suo, e invece eccolo lì. Minuscolo ma già ben arredato, già che sapeva di lei. La piccola scrivania in legno era piena di foto e fogli vari, con il computer sulla sinistra, una foto di famiglia al centro e una foto con Joseph. Sì, aveva deciso di tenere anche Joseph giornalmente di fronte a sé. Era una foto che aveva portato ovunque, anche nei due anni di silenzio.

Francesco le aveva dato una sedia girevole comodissima, di quelle in finta pelle, ergonomiche e mobili, nonostante il disappunto di Katia. Le cose col boss andavano bene, era un buon capo: attento, rigoroso, esigente, ma mai eccessivo. Con Katia, d'altro canto... il buongiorno era il massimo degli scambi giornalieri. Sarah continuava a domandarsi se i due stessero o no insieme, ma di chiederlo non aveva voglia. Aveva imparato, negli anni, che era sempre meglio farsi gli affari propri. Che immischiarsi era quasi sempre sbagliato. Che intervenire nella vita di persone sconosciute era controproducente. A volte, in realtà, era sbagliato immischiarsi anche nella vita di persone vicine ma, a quel punto, non era semplice curiosità, ma voglia di aiutare. Questa era la scusa che usava ogni volta che pensava a Joseph. Avrebbe continuato a intromettersi, nonostante i pareri contrari.

Erano passati due giorni dalla notte a casa del ragazzo. Due giorni in cui si erano visti ancora, avevano parlato tanto e non si erano sfiorati nemmeno per sbaglio. Mai. Come mai erano tornati sull'argomento fabbrica. Sarah aveva deciso che ci sarebbero arrivati, con calma, senza forzarlo, perché non voleva farlo scappare.

«Sarah!» La voce di Francesco la distrasse dai suoi pensieri. Lo vide sulla porta dell'ufficio, che lasciava perennemente aperta.

«Ciao! Dimmi» rispose lei, sorridente. Lui ricambiò il sorriso, entrando e sedendosi di fronte alla ragazza.

«Come vanno le foto della sfilata?» chiese curioso. Sarah alzò le spalle, girando lo schermo del computer completamente per fargliele vedere.

«Insomma... sto facendo del mio meglio, ma...» si interruppe, leggermente demotivata.

«Ma?» incalzò Francesco.

«Ma i soggetti sono quelli che sono» ammise, con leggero imbarazzo. «Insomma, non vorrei sembrare cattiva, ma più che una sfilata sembrava un circo» aggiunse. Francesco ridacchiò.

«Sei schietta» rispose, compiaciuto.

«Sì... a volte troppo» ammise lei, onesta.

«Sei abituata ad altre sfilate, è normale» la tranquillizzò lui.

Solo chi sogna può volare // HoldarahDove le storie prendono vita. Scoprilo ora