Settembre 2024
"Non avrai mai provato la solitudine finché non sarai entrata da sola in un cimitero"
Sarah non aveva mai davvero capito quella frase, fino a pochi istanti prima. Parole che, negli ultimi anni, la madre le aveva ripetuto tante volte. Durante le rare e brevi telefonate che si erano concesse in quel periodo di lontananza, Sarah aveva lamentato spesso solitudine e mancanza. Monica le aveva sempre detto di tornare a casa, lei aveva sempre risposto di no. Monica non si era mai arrabbiata, l'aveva compresa e aveva chiuso tutte le loro chiamate con quella frase, lasciandola appesa a una cornetta dall'altro capo del mondo.
Sarah non l'aveva capita. Aveva sempre visto i cimiteri come un luogo di ritrovo, quasi. Tutti ci andavano per sentire più vicini i defunti. Per trovare un amico, o un parente. Insomma, il cimitero era il luogo più triste e tetro al mondo, ma nessuno dovrebbe sentirsi solo, entrandovi. Forse, uscendone.
Ma il cimitero era solo la casa di tante ossa. Corpi ormai deteriorati, coperti di terra e chiusi in bare più o meno costose. Era questa la verità, e la conosceva anche la persona più credente del mondo. Lei, che non credeva affatto, forse lo sapeva un po' di più.
Era la terza volta che metteva piede in un cimitero. Non aveva mai sentito il bisogno di andarci per salutare qualcuno. Ci era stata per il funerale del fratello, poi per quello del padre. Ma in quelle occasioni c'erano così tante persone che sentirsi soli sarebbe stato difficile. E, soprattutto, non era in sé. Esisteva il suo corpo, si muoveva, parlava, camminava. Ma non era lei. Aveva la mente in blackout.
In quel momento, per la prima volta, stava entrando in un cimitero da sola. In quel momento, per la prima volta, era davanti alle lapidi del padre e di Mattia. Erano vicini, come aveva voluto Monica.
Poggiò delicatamente una rosa davanti alla foto del padre. Era un romanticone, a tratti sdolcinato e, come il più perfetto dei romantici, amava le rose rosse. Ne aveva regalate quantità industriali a Monica e lei le aveva sempre apprezzate.
«Ciao papi» sussurrò Sarah, accovacciandosi davanti alla lapide. Non era da lei. Sarah non parlava con i morti, non lo aveva mai fatto. In quel momento, aveva bisogno di credere che, in qualche modo, ci fossero. Per la prima volta comprese le parole della madre.
«Scusa». Sorrise appena, portando via qualche lacrima. «Scusa per essere tornata solo adesso». Il suo era un sussurro. Non perché si vergognasse, ma quella era una conversazione tra loro due. Continuava a prendersi una pausa dopo ogni parola, per regolarizzare il respiro e mantenere la voce ferma. Sfiorò più volte quella foto stupenda, che rendeva giustizia al padre. Una foto in cui appariva sorridente. Il padre era sorridente, tanto. Amava la vita. Aveva sorriso sempre, fino alla morte di Mattia.
Mattia.
Sarah si spostò di un paio di passi, per raggiungere la sua tomba. Per lui aveva preso un girasole, sapendo quanto il fratello odiasse le rose. Posizionò il fiore come aveva fatto poco prima per il padre, e osservò la foto piena di vita. Una vita distrutta, intrappolata in ricordi di un passato che mai sarebbe tornato.
«Ciao Matti» sussurrò nervosa, accarezzando il vetro freddo davanti al viso del fratello. «Non te l'aspettavi, eh...», ridacchiò nervosa. Si sistemò meglio, completamente seduta. Aveva bisogno di tempo.
«Ricordi quando mi davi della logorroica?», riprese, «beh, preparati, perché ho parecchie cose da dire e non potrai fermarmi». Asciugò qualche altra lacrime e scrollò un po' le spalle, come per mandare via qualsiasi forma di imbarazzo.
«Mi sembra di vederti, stupito e divertito a vedermi qui. Lo sono anche io, credimi... insomma, mi conosci. Io che parlo con una foto? Assurdo! La verità è che non so con chi altro parlare. Potrei parlare con la mamma, con zia Cate, con Michele... sai, il rapporto tra cugini sta migliorando, ultimamente. So che loro ci sarebbero, ma chi mi capirebbe? Nessuno, a parte te. E scusa... davvero, scusa, perché per l'ennesima volta mi sto dimostrando egoista. È la prima volta che vengo qui, e so che vorresti darmi un calcio nel culo... non solo per non essere mai venuta. Tante volte ho sognato la tua reazione alla mia partenza, mi ha perseguitata in questi anni. Ogni sogno finiva con te che mi costringevi a tornare.
Scusa, perché non sono stata abbastanza forte. Scusa perché ho fatto soffrire Joseph. Scusa anche per la paura quando ti ho detto di noi due. Scusa per il mio essere bambina. Ricordo ogni parola che hai detto quando ti ho parlato della nostra relazione... so che non sei per niente fiero di me. Ero una bambina... sono una bambina... una bambina a cui hanno tolto la persona più importante della sua vita. Pensavo di non sopravvivere, così sono scappata». Il flusso di parole venne bruscamente interrotto da una serie infinita di singhiozzi che Sarah non poté controllare. Cominciò a respirare a fatica, prese dalla borsa la bottiglietta d'acqua che portava sempre con sé, ne bevve più della metà e provò a calmarsi. Tossì appena e aspettò di riprendersi.
«Ho capito di aver sbagliato, per quel che vale... ho capito di essere stata una stupida, una bambina egoista e viziata. Un'egocentrica immatura. Vorrei rimediare, ma Jo ha mollato tutto e non ce la faccio a vederlo così. Dimmi che devo fare, ti prego. Se sei da qualche parte, come crede mamma, dimmi come devo comportarmi, perché non lo so davvero. Forse non dovrei intromettermi... ma è Joseph, come posso non intromettermi nella sua vita? Sono nata per questo, come lui è nato per intromettersi nella mia...».
Smise di parlare ancora una volta. Si guardò intorno e notò un po' di persone. Nessuno faceva caso a lei, troppo presi dal dolore e dai ricordi. C'era una donna, qualche lapide più giù. Era anziana, vestita di nero. Fissava una lapide e, nonostante il dolore, Sarah vide i suoi occhi brillare mentre cambiava i fiori nel vaso. Era sicuramente il marito, il compagno di una vita. Perché quegli occhi erano pieni di amore e rassegnazione. Quella donna aveva amato e sapeva che mai avrebbe amato ancora. I suoi occhi erano tutti per quella foto sbiadita, per quell'uomo morto forse troppo presto.
Sarah provò una sana invidia, accompagnata da cieca ammirazione. Sognava di poter dire, un giorno, di aver amato tanto quanto lei. Sempre lo stesso uomo. Sognava che una ragazza, un giorno, l'avrebbe guardata come lei stava guardando quella donna.
O, forse, in quella tomba non c'era il marito. Forse guardava il padre, il figlio, la sorella, o un amante perduto. Forse non aveva mai amato. Sarah non lo sapeva, non la conosceva. Preferiva pensare fosse una vedova, che aveva perso il marito da poco, dopo una vita fatta di sacrifici e amore.
«Ciao». Le fantasie di Sarah vennero interrotte dalla voce di Joseph. Si voltò appena e lo vide con un girasole in mano. Sorrise indicandogli il suo. «Entrambi conosciamo Mattia» aggiunse lui freddo.
«Sei arrabbiato?» chiese accigliata.
«No, Sarah» sbuffò lui, «non sono arrabbiato. Sono scoraggiato». Lei lo guardò confusa, senza interromperlo. «Puoi amarmi?» chiese Joseph.
«Io ti amo» affermò decisa.
«No, Sarah, no. Fammi finire. Perché continui a dire di amarmi ma non rispetti nemmeno una mia decisione. Quindi, puoi amarmi? Puoi amarmi per come sono? Puoi amarmi oggi, che lavoro in fabbrica? Puoi amare questo me? Quello che non ha più sogni, quello che ha chiuso con la danza e che ha deciso di essere una persona razionale?» concluse in modo pacato. Sarah lo guardò terrorizzata, sbarrando gli occhi e deglutendo a fatica. Non poteva mentire.
«Forse no» ammise con lo sguardo basso. Joseph ridacchiò amaro, senza sorridere davvero.
«Perché no?» chiese.
«Io... ti prego, Jo» balbettò.
«No» la frenò all'istante. «Quello è un discorso chiuso. A te la scelta. Puoi scegliere di amarmi, nonostante tutto, o puoi scegliere di lasciarmi in pace. Hai sempre deciso tu, tutto. Questa è l'ultima decisione che devi prendere. Io sono nelle tue mani, ma le cose stanno così... sta a te decidere».
E, in quel momento, non fu Sarah ad andarsene, come poche ore prima. Joseph sorrise appena, poggiò il girasole accanto a quello della ragazza e andò via senza aggiungere altro.
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Solo chi sogna può volare // Holdarah
RomanceCome si supera la morte di qualcuno? Sarah, ventitreenne romana e promettente fotografa, non l'ha mai imparato. A ventuno anni si è trovata a dover affrontare la perdita di una delle persone più importanti della sua vita e, incapace di reagire, è f...