Capitolo 21

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Aprile 2021

Erano sette anni che Sarah li vedeva saltare. Sette anni che li fotografava e li riprendeva mentre volavano come se avessero davvero avuto un paio d'ali dietro la schiena. Sette anni che vedeva la loro passione, l'amore per quello che facevano. Sette anni prima era soltanto gasata. A tredici anni aveva cominciato ad amare vederli esercitarsi, perché l'avevano inclusa. E lei aveva sempre amato sentirsi inclusa, sentirsi parte di un gruppo, sentirsi presa in considerazione.

In quel momento, dopo sette anni, si sentiva cambiata. Ancora adorava sentirsi inclusa, ancora adorava vederli allenare, ma non c'era più solo l'amore per quello sport che prima li aveva visti solo saltare da un paio di muretti. Dopo sette anni, la paura aveva iniziato a fare capolino. Li guardava, e il suo respiro non era mai regolare. A tredici anni era una bambina incosciente, pensava fossero i padroni del mondo. Ora, cominciava a vedere il pericolo. Avevano abbandonato i materassi, erano diventati bravi. Ma nessuno di loro era immortale.

Erano alla fabbrica abbandonata, come ogni giorno. Alcuni montavano coreografie su coreografie, altri si allenavano nell'ultimo salto scoperto. Sarah era in un angolo, con la sua fedele macchina fotografica in mano. Immortalava ogni momento, ogni passo di danza, ogni capriola. Mattia e Joseph, davanti a lei, continuavano a provare il salto. Quel salto. Quello per cui si allenavano da anni. La loro sfida. Quando Mattia le aveva fatto vedere quel video, non si era resa conto subito del pericolo che rappresentava. Il ragazzo nel video era talmente bravo da farlo sembrare semplicissimo, alla portata di tutti.

Quel ragazzo era morto, circa sei mesi prima. Da quel momento, Sarah non faceva che litigare con Joseph e Mattia. Continuava a pregarli di smetterla, di lasciar perdere. Senza alcun risultato. I due si facevano forza a vicenda, ignorandola. Sarah era arrivata al punto di minacciarli, a dire loro che avrebbe parlato con i genitori. Nemmeno quello sembrava toccarli. Anche Lucia provava ad aiutarla in quell'opera di convincimento, anche lei senza ottenere alcun risultato. Sarah le aveva provate tutte, perfino negare a Joseph il sesso. Non era riuscita a smuoverlo di un millimetro. I due tenevano troppo a quel salto. Lei, però, teneva più alle loro vite. E sapeva di essere contraddittoria. Perché anche lei amava il parkour, e amava vederli felici. Ma amava di più loro. E loro la amavano? Sì, ne era certa. Ma, forse, amavano più il parkour.

«Sei nervosa?» chiese Lucia, accovacciandosi accanto a lei.

«Concentrata» bofonchiò in tutta risposta, lo sguardo perso nel vuoto. La ragazza le diede un buffetto sulla gamba, richiamando la sua attenzione e guardandola accigliata. «Che vuoi che ti dica?» aggiunse.

«La verità» rispose ingenuamente.

«La sai già» ribatté esausta. Lucia provò a rispondere, ma Sarah la fermò prima che ci riuscisse: «No, guarda, lascia perdere... insomma, ne abbiamo parlato così tanto che siamo tutti stufi»

«Ti capisco, lo sai... anche io ho paura. Ma sono scelte loro» azzardò. Sarah ridacchiò amara, tornando a concentrarsi sulla macchina fotografica.

«Sono scelte del cazzo, che potrebbero evitare. È un salto. E non dirmi che non è un semplice salto, perché sai che non è vero. È un semplice salto. Non farlo non li ucciderà, farlo potrebbe ucciderli. Fine» sbraitò, pentendosi all'istante di aver alzato la voce con l'unica persona che, in quel momento, riusciva a capire il suo stato d'animo. Era nervosa, non dormiva da giorni, non riusciva a mangiare, aveva costantemente lo stomaco sottosopra. Provò a respirare, puntando gli occhi sul fidanzato. E fu un attimo, nessuna delle due riuscì a dire niente. L'attenzione era tutta su Joseph. Era caduto.

«Cazzo» urlò Sarah, alzandosi. Corse giù dal terrazzo del magazzino col cuore in gola, veloce come mai aveva corso prima. Non era alto, nemmeno due metri, e infatti in poco tempo erano tutti giù. Lo trovarono steso a terra, dolorante. Sarah si avvicinò per assicurarsi che non fosse morto e quando lo vide vivo e vegeto, con solo qualche graffio, che si rialzava a fatica, iniziò a urlare.

Solo chi sogna può volare // HoldarahDove le storie prendono vita. Scoprilo ora