Capitolo 24

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Il sole cominciava a farsi strada tra le nuvole sparse, l'alba di un nuovo giorno che prometteva un'apparente calma. Il mare, che il giorno prima aveva fatto da sfondo a una feroce battaglia, ora sembrava tranquillo, come se nulla fosse mai accaduto.

Ma mentre la natura riprendeva il suo ritmo, Peter e Wade camminavano lentamente lungo la spiaggia deserta, immersi in una strana quiete.

Peter si appoggiava pesantemente a Wade, ogni passo un promemoria doloroso delle ferite che non avevano ancora del tutto guarito. Il suo corpo urlava a ogni movimento, ma stranamente non lo infastidiva essere sorretto da Wade. Nonostante la sua natura orgogliosa e indipendente, in quel momento Peter trovava conforto nella presenza dell'altro uomo. Sentiva il calore che emanava dal corpo di Wade attraverso il tessuto della maglietta leggera, un contatto che non era solo fisico, ma anche emotivo. La vicinanza lo faceva sentire stranamente sicuro, come se, per un momento, tutto ciò che avevano affrontato potesse essere lasciato indietro.

Wade, da parte sua, non si tirò indietro. Anzi, quasi si godeva quella strana intimità. La loro vicinanza gli dava un senso di responsabilità, ma anche di qualcosa di più profondo, un legame che non aveva mai cercato ma che si era sviluppato naturalmente, tra un battibecco e l'altro, tra le battaglie e i momenti di silenzio. Wade non era solito provare cose simili – per la maggior parte della sua vita, aveva sempre tenuto le persone a distanza. Ma con Peter era diverso. C'era qualcosa di disarmante nel modo in cui Spider-Man, nonostante tutto il dolore, nonostante tutto il caos, gli permetteva di stare al suo fianco. Non era solo una questione di protezione fisica. Era molto di più.

Mentre lo aiutava a camminare, Wade si ritrovò a rallentare il passo, cercando quasi di prolungare quel contatto. Le sue mani si chiudevano intorno alla vita di Peter con una delicatezza che non pensava di poter possedere. Sentiva il battito leggero e irregolare del cuore di Peter attraverso la maglietta, percepiva ogni respiro affannato. E, nonostante tutto, non voleva lasciarlo andare.

"Stai bene?" chiese Wade con una voce stranamente morbida, quasi a temere che qualsiasi tono più forte potesse rompere quel fragile momento.

Peter annuì appena, il viso contratto dal dolore ma anche rilassato in qualche modo. "Sì," sussurrò, la sua voce poco più di un soffio. "Sto... sto meglio."

Le parole non erano molte, ma per Wade significavano più di quanto avrebbe voluto ammettere. Lo strinse un po' più forte, sostenendolo mentre continuavano a camminare verso la piccola casetta che avevano affittato. Ogni passo portava una nuova consapevolezza dentro di sé: Peter non lo stava solo accettando per necessità. Lo stava accettando per scelta. Quel pensiero gli fece battere il cuore un po' più velocemente.

Arrivarono alla casetta dopo un lungo silenzio interrotto solo dal rumore delle onde. Wade aprì la porta con delicatezza, facendo attenzione a non far traballare Peter. L'interno della casetta era semplice, con mobili di legno chiaro e grandi finestre che si affacciavano sulla spiaggia. L'aria salmastra si mescolava al profumo del legno invecchiato e dell'acqua di mare che entrava dalle finestre aperte.

Wade guidò Peter verso il divano nel soggiorno, un grande e morbido sofà color sabbia, e con estrema delicatezza lo sistemò giù. Peter si lasciò andare con un sospiro stanco, chiudendo gli occhi per un attimo. Wade rimase in piedi a guardarlo, osservando i movimenti lenti del suo petto mentre respirava. C'era qualcosa di terribilmente vulnerabile in quel momento, e Wade, nonostante tutte le sue battute e il suo umorismo cinico, non poteva fare a meno di sentire una profonda preoccupazione per l'uomo davanti a lui.

Si lasciò cadere accanto a Peter, appoggiandosi allo schienale del divano con un sospiro, e per un po' rimasero così, in silenzio, l'uno accanto all'altro. La stanchezza di Wade era palpabile, ma era soprattutto mentale. Combattere non era nulla di nuovo per lui – era la parte emotiva di tutto questo che lo stava logorando. Il modo in cui si era sentito nel vedere Peter ferito, il modo in cui ogni piccola espressione di dolore di Peter lo colpiva nel profondo, come un pugno allo stomaco. Non riusciva a ricordare l'ultima volta in cui qualcuno aveva significato così tanto per lui. Probabilmente non era mai successo.

Peter aprì lentamente gli occhi e si voltò verso Wade. "Domani... ripartiamo," disse con voce bassa. Le sue parole erano semplici, ma Wade percepì tutto il peso dietro di esse. La loro vacanza – se così poteva essere definita – stava finendo. E, insieme a essa, quel fragile equilibrio che avevano trovato qui, lontani dal caos delle loro vite quotidiane.

"Sì," rispose Wade, cercando di nascondere il dispiacere nella sua voce. "Domani torniamo alla nostra solita routine. Supercriminali, disastri... la solita vecchia noia."

Peter sorrise, ma c'era una tristezza nei suoi occhi. "Forse non è così male," disse, la sua voce un po' più forte ora. "Tornare... alla normalità, intendo."

Wade lo fissò per un momento, cercando di leggere tra le righe. "Forse," disse lentamente. "Ma... sai, Parker, questa... questa non è stata solo una vacanza, per me."

Peter lo guardò, aspettando che Wade continuasse. "Intendo dire," proseguì Wade, cercando di trovare le parole giuste, "che... stare qui con te... è stato diverso. Non so spiegartelo bene. Non sono uno che si apre facilmente, lo sai. Ma... non posso negare che qui, con te, lontano da tutto il resto... mi sono sentito un po'... più umano."

Peter rimase in silenzio, sorpreso dalla sincerità di Wade. Era raro che Wade mostrasse questo lato di sé, quello che nascondeva dietro il sarcasmo e le battute. "Anche per me," disse infine, la sua voce appena un sussurro.

Wade sentì un nodo formarsi nella sua gola, ma riuscì a sorridere. "Beh, se vuoi continuare a essere umano, dovremo smetterla di farci massacrare ogni due per tre quando siamo insieme e magari dedicarci a qualche altro hobby.. yoga per esempio!"

Peter annuì, e Wade colse un piccolo lampo di luce nei suoi occhi. Forse, per entrambi, c'era ancora una possibilità di trovare una parvenza di pace. Anche se solo per un po'.

E così rimasero lì, fianco a fianco, con il rumore delle onde in lontananza e la brezza leggera che entrava dalla finestra. Non c'erano parole da aggiungere in quel momento. Solo una consapevolezza silenziosa che, qualunque cosa fosse successo, non avrebbero dovuto affrontarlo da soli.

Quella era la loro penultima giornata lì, e domani sarebbero tornati alla realtà. Ma per ora, in quel momento, c'era solo la quiete, e un'intesa che, pur senza parole, parlava più di qualsiasi battaglia che avevano affrontato.

E Wade, per la prima volta da molto tempo, si sentì contento di non essere solo.

Silent Treatment // SpideypoolDove le storie prendono vita. Scoprilo ora