Capitolo 26

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La mattina della partenza era arrivata. Il sole, ancora basso all'orizzonte, colorava il cielo di sfumature dorate e rosate, come se volesse regalare loro un ultimo spettacolo prima del ritorno alla realtà. Peter e Wade si erano svegliati presto, non tanto per il dovere di partire, quanto per godersi quegli ultimi momenti in quella piccola casetta che, nonostante tutto, era diventata un rifugio prezioso. Non c'era più traccia delle ferite che avevano affrontato, almeno non visibilmente, ma ciò che avevano vissuto in quella settimana aveva lasciato un segno più profondo, più duraturo.

Mentre preparavano i bagagli, la casa sembrava respirare con loro, silenziosa ma piena di una strana energia. Ogni gesto era lento, quasi meditativo. Wade si chinava a raccogliere i vestiti sparsi qua e là con una distrazione insolita, mentre Peter piegava ordinatamente la sua tuta da Spider-Man, mettendola sul fondo della valigia. Non avevano fretta, nessuno dei due era pronto a lasciare quell'oasi di pace che, anche se minacciata dalle ombre di Fernis, era riuscita a donare loro una serenità che raramente avevano conosciuto.

Quando chiusero le valigie, Peter si fermò un momento, lasciando lo sguardo vagare per la stanza. Si sentiva cambiato. Quella settimana aveva rivelato qualcosa che non aveva mai voluto ammettere: c'era ancora spazio per la luce, anche nella sua vita fatta di responsabilità, sacrifici e sensi di colpa.

Wade era quella luce, inaspettata e sorprendente, nascosta dietro il sarcasmo e la sfrontatezza, ma vera, brillante. Wade non era solo il mercenario insensibile e indistruttibile che tutti conoscevano. Per Peter, Wade era diventato una fonte di calore, una presenza che aveva il potere di riportarlo alla vita ogni volta che si perdeva nell'ombra.

Wade si voltò verso di lui, notando il suo sguardo lontano, e fece una smorfia esagerata. "Dai, Parker, non è che stiamo abbandonando un resort a cinque stelle. È solo una casetta sul mare."

Peter sorrise debolmente, scuotendo la testa. "Lo so, è solo che... questa settimana mi ha fatto capire alcune cose."

Wade si avvicinò, appoggiandosi allo stipite della porta. "Tipo che hai bisogno di più vitamine D e meno supercriminali nella tua vita?"

"Tipo che... non esiste solo l'ombra," disse Peter con un tono più serio. "C'è anche la luce. E tu... tu sei quella luce, Wade."

Wade rimase in silenzio per un momento, uno di quei rari momenti in cui non aveva battute pronte. L'ironia che normalmente avrebbe usato per allontanare i sentimenti gli mancava. Al contrario, sentì una strana stretta al petto, una consapevolezza che lo disarmava più di qualsiasi battaglia. Era abituato a essere il disastro ambulante, l'elemento di caos nella vita degli altri, ma Peter lo vedeva diversamente. Era una cosa che non aveva mai pensato possibile, e lo spaventava quanto lo faceva sentire vivo.

"Dannazione, Parker, sai proprio come far sciogliere un uomo," disse Wade con un tono scherzoso, ma c'era un calore sincero dietro le sue parole. Si avvicinò a Peter e gli diede un leggero pugno sulla spalla. "Non mi abituerò mai a questi momenti sdolcinati, ma... ehi, se essere la tua luce significa continuare a romperti le scatole, allora ci sto."

Peter ridacchiò, scuotendo la testa. "Non potrei chiedere di meglio."

***

Il viaggio verso casa iniziò poco dopo, ma questa volta l'atmosfera era completamente diversa rispetto all'andata. Se all'inizio della vacanza c'era stato un silenzio carico di tensione e di incertezze, ora c'era una leggerezza nuova. Una complicità che non avevano mai avuto prima. Wade, seduto al volante, accese la radio, e un ritmo familiare riempì l'aria.

Era "Careless Whisper". Peter fece un mezzo sorriso, ricordando quante volte Wade aveva usato quella canzone per strappargli un sorriso in passato, anche nei momenti più bui. Ma stavolta, prima ancora che Wade potesse dire qualcosa, Peter cominciò a cantare, la sua voce ancora un po' debole, ma piena di ironia.

"I'm never gonna dance again... guilty feet have got no rhythm..."

Wade si unì immediatamente, la sua voce esageratamente teatrale, come se stesse interpretando una tragedia shakespeariana. "Though it's easy to pretend... I know you're not a fool..."

Continuarono così, stonando deliberatamente e ridendo come matti, mentre la canzone li accompagnava lungo la strada. Il sole continuava a splendere sopra di loro, riflettendosi sulle onde che, di tanto in tanto, comparivano tra le colline lungo la costa. Non c'era bisogno di parlare di ciò che era successo, né di quello che li attendeva una volta tornati a New York. In quel momento, erano semplicemente due persone che si godevano il viaggio, la musica, e la compagnia reciproca.

La strada si snodava davanti a loro, e più si avvicinavano alla città, più Peter si sentiva pronto. Pronto a tornare alla sua vita, alle responsabilità che lo attendevano. Ma con una differenza: sapeva di non essere solo. Wade era lì, al suo fianco, e non solo come un alleato di battaglia. Wade era diventato una costante nella sua vita, una forza dirompente ma positiva, un amico nel senso più profondo della parola.

Quando infine le luci di New York apparvero in lontananza, Peter sentì una strana nostalgia per quella piccola casa sul mare. Ma sapeva che ciò che avevano trovato lì non sarebbe scomparso con la fine della vacanza. Quel legame, quella luce che avevano scoperto, sarebbe rimasta con loro, indipendentemente da dove fossero.

"Wade?" chiese Peter, interrompendo il silenzio che era calato dopo il loro concerto improvvisato.

"Sì, Parker?"

"Grazie. Per tutto."

Wade sorrise, e per una volta non c'era nessuna battuta pronta. Solo un silenzio carico di significato, e un leggero cenno con la testa. "Sempre, Peter."

E così, mentre entravano in città, con il caos e il rumore che li accoglieva come un vecchio amico, Peter si sentì stranamente in pace. Le ombre della sua vita non erano scomparse, ma ora sapeva che c'era sempre un modo per trovarne la luce, soprattutto quando quella luce si chiamava Wade Wilson.

E nel profondo del suo cuore, Peter capì che, nonostante tutte le battaglie che li attendevano, non avrebbe dovuto affrontarle da solo.

// è accettato piangere per quello che scrivo io?

Silent Treatment // SpideypoolDove le storie prendono vita. Scoprilo ora