Wade chiuse la porta dell'appartamento di Peter alle sue spalle con una determinazione che non sentiva davvero. Il suono della porta che si chiudeva rimbombava nella sua mente, quasi come se avesse sigillato molto più che una semplice uscita fisica. Camminò rapidamente lungo il corridoio e giù per le scale, ignorando la sensazione di oppressione che sembrava avvolgergli il petto. Era un abisso silenzioso che si apriva dentro di lui, un'eco che non poteva ignorare, nonostante ogni tentativo di soffocarlo con la sua solita attitudine.
Uscì nel freddo della notte di New York. L'aria fresca gli colpì il viso come uno schiaffo, pungente e severa, ma non abbastanza forte da spazzare via il tumulto che si agitava nel suo petto. Aveva bisogno di muoversi, di fare qualcosa che lo distrasse. Così, si mise a camminare per le strade della città, immerso nei suoni caotici della metropoli, cercando di lasciarsi alle spalle ciò che era successo solo pochi minuti prima.
Ma non ci riusciva.
Non poteva smettere di pensare al bacio. Al modo in cui Peter lo aveva guardato, sorpreso, confuso. All'errore che aveva commesso. "Sei un dannato idiota, Wade," si disse mentre si muoveva tra la folla, cercando di fondersi con la massa di sconosciuti. "Cosa diavolo ti è saltato in mente?" Ma sapeva cosa era successo. La verità, per quanto difficile da affrontare, era che in quel momento aveva ceduto. Aveva abbassato le sue difese, forse per la prima volta da molto tempo. E aveva visto in Peter qualcosa di diverso, qualcosa che andava oltre l'amicizia e la lealtà.
Ma ora, mentre camminava senza meta, il solo pensiero che Peter potesse rifiutarlo lo devastava. "Non sono quel tipo di persona," si disse. "Non sono fatto per queste cose. Non sono fatto per Peter." La voce nella sua mente era come un pugnale che lo colpiva al cuore, ma sapeva che era vero. Peter meritava qualcosa di meglio. Qualcuno di migliore. Non un disastro ambulante come lui, con la sua mente spezzata e il suo corpo mutilato.
Raggiunse il suo appartamento dopo ore passate a vagare per la città. Era passato da bar rumorosi, dai parchi vuoti e dalle strade più silenziose. Ma nessuno di quei posti gli aveva dato conforto, e nessuna distrazione era stata abbastanza forte da spegnere il senso di fallimento che lo accompagnava. Aprì la porta con una lentezza insolita, come se anche il semplice gesto di entrare nel suo rifugio lo stesse affaticando.
L'interno del suo appartamento era come lo aveva lasciato: disordinato, con vestiti e armi sparse ovunque. Era caotico, un riflesso della sua stessa esistenza. Si gettò sul divano con un grugnito, sentendo le molle cigolare sotto il suo peso. Estrasse il telefono dalla tasca, guardandolo per un lungo istante prima di gettarlo sul tavolino senza neanche controllare se avesse ricevuto messaggi. Non aveva senso.
Peter non avrebbe voluto sentirlo, non dopo quello che aveva fatto.
Ma mentre sedeva lì, nel silenzio rotto solo dal suono distante delle strade di New York, Wade non poteva fare a meno di pensare a lui. Al modo in cui si era voltato verso di lui, alle emozioni che aveva intravisto nei suoi occhi. E a come lo aveva lasciato, confuso e probabilmente ferito. Non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione di vuoto, quella consapevolezza di aver rovinato qualcosa di prezioso. Perchè, nonostante il suo costante sarcasmo e la sua apparente sicurezza, Wade sapeva che si era affezionato a Peter più di quanto avesse mai ammesso. E questo lo spaventava.
"Devo allontanarmi. Devo proteggerlo da me stesso," pensò, ma non era sicuro di poter davvero mantenere quella promessa. C'era una parte di lui, una parte che aveva sempre cercato di ignorare, che voleva tornare indietro da Peter, chiedergli scusa e cercare di spiegare ciò che provava. Ma Wade sapeva che non sarebbe mai stato bravo a gestire i sentimenti. Gli sembrava troppo complicato, troppo rischioso. Eppure, per quanto tentasse di convincersi che stava facendo la cosa giusta rimanendo lontano, non riusciva a far tacere la parte di sé che desiderava disperatamente essere vicino a Peter.
***
La mattina di giovedì arrivò troppo velocemente per Peter. Non aveva dormito bene. Ogni volta che chiudeva gli occhi, ripensava a quel bacio. Era come un loop infinito che si ripeteva nella sua mente, ogni dettaglio vivido e impossibile da ignorare. Sentiva ancora il calore delle labbra di Wade sulle sue, la sorpresa e l'emozione che lo avevano travolto. Ma più di tutto, ricordava lo sguardo di Wade subito dopo: pieno di paura e rimorso. E poi, quel silenzio assordante mentre lo guardava andarsene.
Peter aveva cercato di distrarsi ripassando gli schemi d'attacco per la missione contro Fenris. I fogli erano sparsi davanti a lui, eppure ogni volta che provava a concentrarsi, la sua mente vagava. Era sempre lì, sempre su Wade. Era come se il mondo intero fosse diventato irrilevante rispetto a ciò che era successo la notte prima.
Alla fine, la frustrazione ebbe la meglio su di lui. Estrasse il telefono e scrisse un messaggio a Wade, sperando di poter chiarire almeno un po' la situazione.
"Wade... possiamo parlare? Non so cosa sia successo ieri, ma vorrei capire. Se hai bisogno di tempo, lo capisco. Ma non lasciarmi così, senza dire nulla. Non sparire. Peter."
Peter inviò il messaggio e rimase lì, con il telefono in mano, sperando disperatamente che Wade rispondesse. Controllò il telefono più volte durante la giornata, ogni suono di notifica lo faceva sobbalzare. Ma niente. Nessuna risposta. Il silenzio di Wade era come una cappa pesante che incombeva su di lui, opprimente e dolorosa. Peter non sapeva come interpretarlo. Era arrabbiato? Ferito? O semplicemente non gli importava?
Le ore passarono in una lenta agonia. Peter cercò di mantenere il focus sulla missione imminente, ma ogni volta che cercava di visualizzare i dettagli del piano, la sua mente tornava sempre a Wade. Dov'era? Stava bene? Sarebbe venuto alla missione? La preoccupazione si mescolava alla frustrazione. Peter non riusciva a pensare con chiarezza, ogni secondo che passava senza una risposta da Wade sembrava amplificare il suo stato d'ansia.
Arrivò il pomeriggio inoltrato, e Peter si ritrovò a fissare il tramonto attraverso la finestra del suo appartamento. Il tempo scorreva inarrestabile, e il pensiero che la missione si stesse avvicinando lo rendeva ancora più inquieto. Non poteva farlo senza Wade. Non solo per la sua capacità in combattimento, ma perché Wade era diventato una parte importante di lui, un pilastro silenzioso ma essenziale.
E se Wade non si presentasse? Quella domanda lo tormentava, insinuandosi nella sua mente come un tarlo. Non poteva immaginare di affrontare Fenris senza di lui. Non dopo tutto quello che avevano passato insieme. Non dopo aver sentito il battito del cuore di Wade così vicino al suo, anche solo per un istante.
La notte cominciò a calare su New York, e l'appartamento di Peter si immerse in un'oscurità soffusa. Il telefono non suonava, e Peter sentiva che il tempo stava per scadere. Non c'era più tempo per aspettare.
Con un sospiro pesante, si alzò e si diresse verso l'armadio dove teneva il costume di Spider-Man. Lo estrasse lentamente, le sue dita indugiarono sul tessuto rosso e blu. Era tempo di prepararsi. E mentre lo indossava, un nodo si formò nello stomaco. Peter non era mai stato uno che pregava, ma quella sera, in quel momento di assoluta incertezza, si ritrovò a farlo.
Pregava che Wade si sarebbe presentato.
Mentre infilava i guanti e si assicurava che la maschera fosse ben aderente, sentiva una strana solitudine gravare su di lui. Era sempre stato Spider-Man da solo, fin dall'inizio. Ma adesso, dopo tutto quello che aveva passato con Wade, l'idea di combattere senza di lui sembrava più difficile da affrontare di quanto avrebbe mai immaginato.
Il silenzio dell'appartamento era quasi assordante. Le luci della città brillavano attraverso la finestra, ma Peter non riusciva a trovarci conforto. Non poteva togliersi dalla testa l'immagine di Wade. L'uomo che si nascondeva dietro il sarcasmo e il caos, che ora si era chiuso nel suo silenzio, lontano da lui. L'uomo che aveva baciato e che, nonostante tutto, sperava ancora disperatamente di rivedere.
E così, con il cuore pesante, Peter si preparò per la missione. Le sue preoccupazioni non riguardavano più solo Fenris, ma qualcosa di molto più intimo e doloroso.
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Silent Treatment // Spideypool
Hayran KurguSpiderman x Deadpool Spider-Man ha smesso di parlare da quando Gwen Stacy è morta tra le sue braccia. Nessuna battuta, nessun sorriso, solo silenzio e ombre. La colpa lo tormenta, trascinandolo in un abisso oscuro da cui sembra non voler più uscire...