Wade guidava lentamente per le strade di New York, lasciando che la città si riappropriasse gradualmente di loro. Il traffico era prevedibilmente congestionato, e l'asfalto bagnato dalla pioggia di poche ore prima rifletteva le luci opache dei lampioni, creando un'atmosfera quasi irreale. Le canzoni che avevano cantato, le risate che avevano condiviso, sembravano distanti ora, come fossero parte di un ricordo che il tempo stava già cercando di sfumare. La musica si era fermata, e con essa anche il ritmo giocoso che aveva accompagnato il loro viaggio di ritorno. La quiete dentro l'auto era palpabile, e ogni metro che li avvicinava a Manhattan sembrava appesantire l'aria.
Il silenzio tra Wade e Peter era diverso adesso. Non era più complice, rilassato. Si percepiva piuttosto come un lento accumulo di tensione, una sensazione di vuoto che si faceva strada dentro Peter man mano che la familiarità del paesaggio urbano lo riportava a una realtà che preferiva dimenticare. Wade l'aveva notato subito. Ogni volta che lo sguardo di Peter scivolava fuori dal finestrino, il suo volto si faceva più cupo, le spalle si incurvavano leggermente, come se stesse portando sulle spalle un peso che aumentava ad ogni incrocio, ad ogni semaforo. Il ritorno a casa non sembrava più solo un viaggio; era un ritorno alle ombre, ai ricordi oscuri che, nonostante tutto, Peter non aveva mai del tutto sconfitto.
Wade non disse nulla. Non era il tipo da gesti eclatanti o discorsi profondi quando le cose si facevano difficili. Eppure, non riusciva a ignorare quella crescente inquietudine che sentiva venire da Peter, come se la felicità fragile che avevano costruito insieme durante quella settimana si stesse già sgretolando davanti ai suoi occhi.
La pioggia cominciò a cadere leggera, una pioggia che sembrava quasi discreta, rispettosa della loro quiete. Wade rallentò ulteriormente mentre attraversavano il cuore della città. Non aveva mai visto Peter così, non dopo tutto ciò che avevano passato. Durante la settimana, Peter si era aperto come mai prima, e Wade aveva visto una parte di lui che non sapeva nemmeno esistesse: un uomo che non solo portava il peso del mondo sulle spalle, ma che trovava anche modo di essere felice, di ridere, di lasciarsi andare. Era stato un cambiamento sottile, ma significativo.
Ma ora, mentre si avvicinavano alla vecchia palazzina di Peter, tutta quella felicità sembrava essere evaporata. Wade sapeva che quella casa, quel luogo, era più che un semplice appartamento. Era un santuario di dolore, un luogo dove le ferite invisibili di Peter non avevano mai smesso di sanguinare. Gwen. Il suo fantasma aleggiava ancora tra quelle mura, e anche se Peter aveva cercato di andare avanti, sapeva che parte di lui non avrebbe mai potuto lasciarsi tutto alle spalle.
La macchina si fermò lentamente davanti all'entrata dell'edificio. Wade lasciò il motore acceso per un momento, lasciando che il ronzio del motore coprisse quel silenzio imbarazzante e carico di aspettative. Peter fissava il portone del suo appartamento, immobile. Le mani tremavano lievemente, stringendo il bordo del sedile. Wade notò quel piccolo movimento, notò come lo sguardo di Peter si fosse fatto distante, perso in un passato che non poteva cambiare.
Wade deglutì, sentendo l'inquietudine aumentare dentro di lui. Non era bravo con le parole, non lo era mai stato. Ma vedere Peter in quello stato lo spingeva a cercare qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse aiutare.
"Hey, Parker," iniziò Wade, mantenendo la voce più leggera possibile, anche se percepiva il peso della situazione. "Non è obbligatorio tornare dentro, sai? Possiamo... andare da un'altra parte. Forse... facciamo un altro giro della città. Magari fermiamoci a mangiare dei tacos, quelli che ti piacciono tanto."
Peter sorrise appena, ma non era un sorriso vero, non di quelli che illuminavano il suo volto. Era più una reazione automatica, come se avesse voluto tranquillizzare Wade. Ma Wade non si lasciava ingannare. Conosceva quel sorriso. Era lo stesso che Peter indossava quando voleva nascondere il suo dolore, quando voleva essere forte per gli altri, anche se dentro stava crollando.
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Silent Treatment // Spideypool
FanfictionSpiderman x Deadpool Spider-Man ha smesso di parlare da quando Gwen Stacy è morta tra le sue braccia. Nessuna battuta, nessun sorriso, solo silenzio e ombre. La colpa lo tormenta, trascinandolo in un abisso oscuro da cui sembra non voler più uscire...