Mentre il pullman scivola lungo la strada del ritorno, appoggio la fronte al finestrino freddo, cercando di riportare ordine nei miei pensieri. Il bacio di Travor continua a ripetersi nella mia mente, indelebile. Il calore delle sue labbra sulle mie, il modo in cui mi ha stretta, come se volesse tenermi ancora più vicina. Eppure, più ci penso, più la paura si insinua tra i ricordi. È stato reale solo per me? Per lui è stato un capriccio momentaneo?
Sospiro, creando un alone di condensa sul vetro. La verità è che, per quanto cerchi di razionalizzare, una parte di me si sente ancora lì, su quella panchina, con il cuore in gola e le mani che tremano.
Finalmente arriviamo al rifugio, e mentre ci sistemiamo per la cena, Arya mi guarda con occhi brillanti di eccitazione.
«Scusami, ma sto ancora immaginando la scena.» Dall'altra parte del tavolo, parla con la bocca piena.
«E se lo avesse fatto per gioco?» La paura di non valere niente mi assale. Come potrei trovare un posto nel mondo quando persino la mia famiglia mi considera un errore da eliminare? Sono una nullità, me lo ripete innumerevoli volte mio padre. Posso solamente attendere il momento in cui anche Travor lo capirà, perché io sono nata incapace, inutile, invisibile.
«Tesoro no, ti sembra il tipo che gioca con i sentimenti degli altri? Vedrai che andrà bene, non siamo mica in uno dei tuoi stupidi libri.» Le sorrido grata, ma dentro di me qualcosa si chiude. Ho mangiato poco, solo del pollo eppure il disagio cresce. Lo stomaco si contrae in un nodo impossibile da ignorare. Respiro a fondo, ma il sapore del cibo mi resta in bocca come qualcosa di estraneo.
«Vado un attimo fuori, torno subito», mormoro, spingendo indietro la sedia con un movimento troppo brusco.
Mi precipito fuori dal cottage correndo più distante che posso. Supero a malapena il sentiero consigliato prima di infilarmi di corsa tra il fogliame e piegarmi in due, la cena mi esce di bocca con uno spasmo impetuoso che mi squarcia la gola. Il bruciore è immediato, acido che si fa strada dal fondo dello stomaco fino all'esterno. Tossisco, ansimo, ma un altro conato mi costringe a piegarmi di nuovo. La mia stessa bile mi soffoca, mi inonda il naso e la bocca, impregna ogni respiro con il suo tanfo insopportabile.
Le ginocchia cedono, mi appoggio al tronco più vicino per non crollare. Un po' del vomito mi finisce addosso, un po' scivola sulle foglie voluminose davanti a me. Lo sento schizzare persino sui piedi.
Il sapore amaro mi incrosta le labbra, la saliva densa mi cola dal mento. Le lacrime mi pungono gli occhi, non so se per lo sforzo o per l'umiliazione. Intorno regna il silenzio, interrotto solo dai miei conati e il chiacchiericcio di fondo proveniente dalla sala comune.
Mi rialzo tremante, non ho neppure la forza per una smorfia di disgusto. Rimango così per un attimo, piena di vergogna per me stessa, mentre la nausea si ritira piano, lasciandomi vulnerabile. La mia vista ora si sta schiarendo e così anche i miei pensieri. Non voglio che i miei compagni mi vedano in questo stato, ma devo raggiungere la mia stanza per darmi una ripulita.
Per fortuna riesco ad arrivare senza incontrare nessuno, persino Arya non è nella nostra stanza.
Apro una tasca nascosta della valigia nella quale avevo riposto la bilancia. Non sono ossessionata, mi piace essere organizzata e tenere tutto sotto controllo.
Il respiro si fa corto mentre mi avvicino allo specchio. Alzo la maglietta e passo le dita lungo le costole, cercando di sentirle sotto la pelle. Inspiro, trattengo il fiato fino a sentire il petto bruciare, poi lo lascio andare piano, osservando il mio riflesso. Giro il polso tra le mani, stringo appena le dita attorno, misuro. Così anche per le braccia. Troppo. Sempre troppo.

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Ricominciare da me
RomanceSelene non si è mai piaciuta e i suoi genitori non hanno mai mancato di farle notare tutto quello che non andava bene in lei. Selene da qualche tempo non vuole più mangiare, si rifiuta di trattare bene il proprio corpo per via dei mostri che le affo...