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Sobbalzo sul letto, qualcuno bussa alla porta. Prima che possa mettermi in piedi Arya si precipita ad aprire. «Per te.» Si scosta di lato rivelando un Travor più spettinato del solito, con ciocche ribelli che gli ricadono sul viso dandogli un'aria matura. 

«Disturbo?»

Faccio cenno di no e mi lascio la camera alle spalle. «Voglio farti vedere una cosa, puoi venire?» Come posso negartelo se me lo chiedi con quegli occhi?

«Si.» Non saprei dire se il cuore ha smesso di battere o se batte così forte da uscire quasi dal petto. Camminiamo in silenzio uno di fianco all'altra, con lui che si sforza di mantenere il mio ritmo. 

Davanti a noi c'è una distesa d'acqua cristallina, le piastrelle intorno risplendono grazie alle piccole luci incastrate ai lati. L'odore del cloro non è pungente come dovrebbe e il fatto che è al chiuso crea un'atmosfera intima. All'improvviso non mi sento completamente a mio agio, mi ha portata qui per farci una nuotata. Travor mi lancia un'occhiata complice e comincia a sfilarsi la felpa per poi passare alla maglia, infine sbottona i jeans e senza togliermi gli occhi di dosso li fa scivolare sulle gambe fino a lasciarli cadere a terra. Non posso fare a meno di squadrarlo interamente, è bello da togliere il fiato e sono incapace perfino di muovere un dito. Non è palestrato, gli addominali sono appena accennati e con i boxer neri assomiglia ad un modello di intimo maschile. Credo di essere arrossita non poco. Con un tuffo si immerge completamente nella piscina riemergendo solo dopo aver schizzato l'acqua ai miei piedi. Le sue braccia tatuate risplendono e per la prima volta riesco a vedere chiaramente i disegni che vi sono incisi. Sull'avambraccio sinistro vi è un pugnale che sembra conficcarsi nella pelle, affianco una ragnatela da cui pende un ragno, sul bicipite campeggia un sole ed una luna abbracciati, mentre sul dorso della mano destra vi è il mio preferito: la rosa. Mi piace osservare i tatuaggi e cercare di comprendere la persona attraverso essi, sono convinta che persino il più sciocco nasconda un significato più o meno profondo. «È riscaldata», interrompe la mia immaginazione.

«S-si, ma non mi va di bagnarmi.» Mi stringo nelle braccia e mi lascio cadere a bordo piscina mettendo i piedi a mollo. 

«Ti asciugherai più tardi, quando sei con me devi pensare solo al momento che stai vivendo, non esiste altro se non il qui e ora.» Si avvicina pericolosamente a me e mi afferra per le caviglie prima di trascinarmi in acqua con lui.

«Ti faccio vedere io», grido ridendo. Mi sfilo i pantaloni del pigiama che avevo indosso e rimango con una maglia abbastanza lunga e le mutande. L'acqua è davvero calda come diceva, un contrasto perfetto con il freddo fuori da queste mura. 

Travor nuota per venirmi in contro, la sua espressione non promette bene, come fosse un bambino che si diverte a schizzare gli adulti. Vado dalla parte opposta più in fretta che posso mentre sbircio di tanto in tanto la sagoma dietro di me farsi sempre più vicina. Mi scappa un grido sommesso e potrei giurare che lui si stia divertendo da matti. 

«Attenta che ti prendo.»

«E poi che succede?» Il cuore mi batte all'impazzata, per un motivo differente dallo sforzo fisico eccessivo. 

«Lo scoprirai.» Scommetto che un ghigno beffardo contrae le sue labbra. 

Le gambe mi fanno male, devo per forza concedermi un attimo di pausa. Travor riemerge, scuotendo la testa per liberarsi dalle gocce d'acqua dai capelli, e sembra una cosa così normale noi due che ci divertiamo. 

«Hai perso scricciolo», lo sussurra ad un soffio dal mio viso, la superficie azzurra mi avvolge in un abbraccio. Il mio cervello non riesce a processare quello che sta per accadere, mi blocco e basta. Ci guardiamo a lungo, occhi negli occhi, con il respiro accelerato e il petto che si alza e abbassa ad un ritmo irregolare. 

Ricominciare da meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora