Capitolo 8.1

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Protetto da copyright (SIAE, Patamu)


"Dì la verità! Lo dici a tutte?! Pensi davvero che possa credere alle tue parole?!"

Mi piazzai davanti a lui, le braccia incrociate e lo sguardo canzonatorio. Ora ero decisamente infastidita. Ma la sua espressione offesa mi colpì. Per un attimo mi chiesi se stesse parlando sul serio.

Ben gli stava.

"Andiamo a riprendere il tuo cane!"

Camminavo accanto a lui, rapita dalla bellezza del posto. Aiuole perfette, fontane eleganti, alberi imponenti. Non riuscivo a staccare gli occhi da quel palazzo… ero troppo curiosa di sapere com’era dentro.

Tornai alla realtà e incrociai il suo sguardo. Ardon mi osservava, sorseggiando la sua bibita dall’alto dei suoi centottanta centimetri.

"Eccolo lì, il tuo cagnolino intraprendente."

Mi voltai di scatto. Dio, grazie! Era lei. Stava giocando con un gruppo di domestici che le lanciavano un bastoncino.

"Che stronza! Lo sa riportare! Con me fa finta di non capire."

Ardon rise. "Ora che hai ritrovato il tuo cane—che visibilmente sta benissimo e si diverte—ti va di fare un giro della casa? Ho notato che ti incuriosisce parecchio."

Come una bambina davanti allo zucchero filato, gli risposi d’istinto: "Sì, certo!"

Mi rivolse uno dei suoi sorrisi da fotomodello e—con estrema naturalezza—intrecciò le dita alle mie.

Mi irrigidii. Non ero mai stata mano nella mano con un ragazzo. Il cuore martellava, le guance in fiamme. Ma la situazione… mi piaceva. Lui era vero. Non c’era malizia nel suo gesto. Quella semplicità mi colpì più di quanto volessi ammettere.

"Ok, vieni! Prima, però, devo mangiare qualcosa."

Mi trascinò verso una porticina che conduceva alle cucine. All’interno, il via vai era frenetico: domestiche sistemavano barattoli, sacchi di verdure, bottiglie di vino.

"Wow! Qui c’è parecchio da fare!"

Lui prese una mela da un cesto, ne addentò un morso e me ne porse un’altra.

"Prendi, mangia! Sono delle nostre alberature… particolari."

La osservai: sembrava una semplice mela rossa. Ma quando la morsi… il sapore dolce e amarognolo mi esplose in bocca. Un profumo di fragoline si diffondeva nell’aria. La polpa era rossa, come la buccia.

Mentre assaporavo quel frutto, i miei pensieri intrapresero sentieri pericolosi. Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.

I suoi movimenti erano eleganti, sicuri. La cucina non aveva segreti per lui.
E ogni morso che davo alla mela, mi domandavo… che sapore avesse la sua pelle sotto le mie labbra.

Avvampai. I suoi baci… sarebbero stati come diceva Alice? Stordenti. Travolgenti.

Mi vergognai di quei pensieri peccaminosi, eppure… desideravo sentire le sue braccia attorno a me.

"Dici sul serio?!"

Sobbalzai. Cosa?!

Ardon era a due centimetri dal mio viso. Oh no. Sperai con tutta me stessa che non sapesse leggere i pensieri—come faceva con la comunicazione mentale. Altrimenti ero fregata.

"Cosa?" balbettai, cercando di mascherare l’imbarazzo.

"A cosa ti riferisci?"

"Quello che hai detto prima, sul viale! Che dico a tutte quello che ho detto a te!"

Trattenni il respiro. Grazie al cielo.

Con un sorriso di sfida e quel pizzico di risentimento che ancora mi bruciava, risposi:

"Beh, cosa dovrei pensare?! Inviti la mia amica alla festa, poi dici che avresti voluto invitare me! Non mi sembra il massimo della galanteria!"

Mi fissò dritto negli occhi e si avvicinò ancora di più.

Il suo profumo—caldo, fumoso, avvolgente—mi mandava in tilt.

Poi la sua voce mi sfiorò l’orecchio, un sussurro che mi fece rabbrividire.

Poi la sua voce mi sfiorò l’orecchio, un sussurro che mi fece rabbrividire

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"Vorrei farti stare nella mia testa in questo momento."

Il mondo intorno a noi svanì.

"Perché?!" ansimai. Il battito del mio cuore era fuori controllo.

"Per farti vedere cosa vorrei farti—e quanto fossero vere le parole di prima."

Bloccarono tutte le mie funzioni vitali. Anche il respiro.

Lui era ancora troppo vicino. Troppo.
Abbassai lo sguardo, cercando una via di fuga. Ma il desiderio di restare lì era più forte di qualsiasi altra cosa.

"Forse è il caso che riprenda Sandy e torni a casa."

Ardon sorrise, compiaciuto per l’imbarazzo che mi aveva provocato. Si versò un bicchiere di succo rosso, poi mi fece strada verso il giardino.

Presi Sandy, lo ringraziai e mi diressi verso l’uscita a passo sostenuto.

"Verrai alla mia festa?"

Mi fermai di colpo. La sua voce mi rincorse.

Mi voltai appena. Le sue parole mi risuonavano ancora nelle orecchie.

"Non lo so. Devo pensarci. Non voglio litigare con Alice."

Senza aspettare la sua risposta, uscii.

Passai il resto della giornata a ripensare a quelle parole.

Cercavo di decifrarne il significato. Era un gioco? Una provocazione? O c’era qualcosa di più?

Pur essendo diffidente nei confronti degli uomini—e dei ragazzi in particolare—quel pensiero mi intrigava.

Era una novità.

Ma, nonostante tutto, non avevo alcuna intenzione di mostrare il mio interesse nei suoi confronti.

La sera stava calando rapidamente. Il vento sferzava ancora fuori.

Dopo il mio rientro, non ero più uscita. Mia madre era in cucina a preparare la cena, mentre io…

Ero sotto la doccia.

Cercando di lavare via la polvere.
O forse, i pensieri.

<<Continua>>

Tessa-scacco matto- Volume 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora