La sera precedente
Calum's POV
Scoccano le cinque e mezza del pomeriggio. È stata dura aspettare così a lungo, ma finalmente Luke esce da quel dannato ingresso. L'espressione è quasi sconvolta, ma allo stesso tempo sembra più rilassato. Con lui, un ragazzo alto e muscoloso che gli parla agitando le mani. Sollevo un sopracciglio e mi domando se il nostro passato ancora infierisca su di lui. Scendo finalmente dalla mia moto, entro fra le porte scorrevoli di vetro e corro fino all'ascensore, rischiando di scivolare sul pavimento bagnato. L'ascensore mi fa salire di due piani. Per fortuna, al bancone del reparto pediatria non c'è la cicciona e subito mi butto nella stanza di Billy, che trovo distesa sul letto a leggere.
Appena mi vede entrare, molla il libro e si mette velocemente a sedere, facendo un'espressione di dolore; la gamba. Dietro di me, chiudo a chiave la porta. Se ha una gamba ingessata la colpa è solo mia e meno mi faccio vedere qua meglio è.
«Cosa ci fai qua?» mi domanda e io mi fiondo su di lei, prendendole il busto e stringendola in un abbraccio.
«Dovevo vedere come stavi. Ti dona il gesso» scarico tutta la tensione in quella battuta simpaticissima, ma lei non ride, continua a guardarmi stranita.
«Sei Calum, quello dell'incidente.» Non si ricorda di me. Quindi non si ricordava nemmeno di Luke, ma ora che lui è stato qui si sarà presentato è tutto. Basta bugie, devo essere sincero.
«Mi dispiace davvero, Billity.»
Ma lei sorride, non sembra arrabbiata con me. «Grazie a te sto distruggendo quello che c'è nella mia testa.»
Rimango sbigottito. Sta lottando, grazie a me?
Mi siedo accanto a lei e mi racconta tutto per filo e per segno. Le hanno trovato il tumore, la stanno guarendo. Ma lo leggo nei suoi occhi, la sua paura più grande brilla e nelle sue iridi. Non è la paura di non farcela, sa di poter vincere. La paura si trasforma in tristezza.
«Domani non ricorderò niente» mormora. Si acciglia, si gira dall'altra parte e vedo dietro la sua nuca la cicatrice dove le hanno aperto la testa. Presa dalla rabbia, mi tira un pugno nello stomaco. Non ha fatto tanto male, è davvero debole, poi la vedo scoppiare in lacrime e la prendo fra le braccia. Chiude l'altra mano attorno al suo pugno, si è fatta più male lei che io. So che non voleva punirmi, aveva solo bisogno di colpire qualcosa.Singhiozza, le sue lacrime mi bagnano la spalla, poi sposta il viso nell'incavo del mio collo.
«Quando avrai bisogno di colpire qualcosa, qualunque cosa sia, sarò sempre qui.» Annuisce e credo sia sorridendo. Sento il respiro calmarsi contro la mia pelle ambrata. La sua mano sale lungo il mio braccio, fino ai bicipiti; alzo il viso, lei mi lascia un leggero bacio sul collo. A che gioco sta giocando?
«Baciami» la sua voce mi chiama. È implorante, c'è il bisogno di me nel suo tono, i suoi occhi sono fissi sui miei come se quel contatto visivo fosse tutto ciò di cui avesse bisogno. Verdi, verdissimi. Strofina il naso contro la mia guancia. È così piccolo. Le sue dita stringono debolmente il mio braccio. «Baciami, domani non me lo ricorderò nemmeno» implora.
Chissene frega di domani, me ne fotto di Luke. Io la voglio, ora. Abbasso il mento, strofino il naso contro il suo, allungo le labbra e finalmente incontrano le sue. È un contatto asciutto, una scossa mi percuote. Mi inumidisco le labbra con la lingua, poi le premo contro le sue e ci lasciamo trasportare dalla passione.Alle sette, manca mezz'ora all'ora di cena. Sono disteso su un fianco e la osservo. Lei guarda il soffitto, il soffitto regolare. È stato un semplice bacio, poi ho cominciato ad accarezzarla. Ho pensato che un po' di contatto fisico non avrebbe certo potuto farle del male. Poi l'ho baciata di nuovo e siamo finiti distesi, così.
«Dovresti andare» mi ricorda, di nuovo. Non so perché non me ne vado. Volevo solo vedere se stava bene, il senso di colpa cominciava a divorarmi. Eppure non sta bene, sta benissimo. Sta guarendo!
Annuisco, mentre mi tiro su a sedere. Ho ancora le scarpe, sono solo spettinato. Di fronte allo specchio, mi sistemo i capelli corvini. La sento tirare diversi sospiri.
«Vorrei non dimenticarti.»
Nella sua voce c'è desiderio, sincerità. Vorrebbe non dimenticarsi di me. Per il bacio? Per odiarmi dopo quello che le ho fatto? Non lo so e non mi interessa. Devo rimanere lontano dalla sua vita, vivere sulla mia moto, con tutte le ragazze di cui ho bisogno attorno.
«Scrivitelo da qualche parte. Magari domani rileggendolo ti ricorderai di me.»
Mi stringo nelle spalle ed esco da quella stanza che di emozioni me ne ha già rubate abbastanza. Maledetta Billity Kant.
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Nashville
FanfictionLuke Hemmings è riuscito miracolosamente a guarire dalla Leucemia all'età di undici anni. Ora ha diciotto anni e lavora come volontario nel reparto pediatrico. Lì incontra Billy, diminutivo di Billity, una ragazza affetta da una malattia al cervello...