Re Lucas I

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La sensazione che provo appena la vedo priva di sensi fra le sue braccia si propaga dal centro del bacino fino ad ogni globuro rosso del mio sangue. E' una sensazione sgradevole, un misto di paura, sono sbigottito e sento le gambe cedere.

La prima cosa che ti dicono appena entri in ospedale è "Andrà tutto bene". Lo hanno detto quando mi hanno diagnosticato la leucemia, quando stavo per morire e quando l'ho sconfitta. La verità è che non va mai bene, loro lo dicono per tranquillizzare i genitori, ma tu, che sei lì, in stato di shock, sai se stai per morire. Te lo senti dentro, è una cosa che sai e basta, ma è un pensiero troppo profondo per dirlo a voce. Vorresti urlarlo, ma non puoi, perchè sei emotivamente paralizzato, ti sei arreso alla realtà e non provi più nulla.

Ora vorrei urlarlo, ma non posso. Non perchè sono emotivamente paralizzato, ma perchè sono fisicamente paralizzato. Luke urla e si dimena fra le mie braccia, mentre intorno a me medici, infermiere, bambini, si muovono come a rallentatore e portano Billy dentro l'ascensore. So cosa stanno per fare, so esattamente cosa sta succedendo, ma mi prendo del tempo per metabolizzarlo. Luke mi prende la mano e la graffia con le sue unghiette. Non gliele tagliano mai?, mi chiedo.

Mi guardo a destra e a sinistra, ma Calum Hood sembra essere scomparso. Perchè? Perchè non affronta i cazzo di eventi che causa? Ricordo quando eravamo piccoli. Spingeva sempre i bimbi, alle elementari e se questi cadevano e si facevano male, lui scappava e nessuno poteva dire di aver visto nulla.

Mi alzo e chiamo l'ascensore. Sembrano passate ore da quando hanno portato di sopra Billity, ma sono certo che sia ancora in sala operatoria. Schiaccio il tastino illuminato di rosa, non metto a fuoco nemmeno che piano sia ma so che quello rosa è il piano di Luke. Il viaggio è breve e quando si ferma con uno scossone barcollo fuori dalla porta. Qualcuno prende dalle mie mani Luke, mi dice qualcosa e dalla pacca sulla spalla capisco che fossero parole di incoraggiamento. Sono sicuro che qui riconoscono la faccia di un lutto. Ma lei non è morta, reagisci!, mi grido mentalmente.

Decido di non prendere più l'ascensore, perchè potrei capitare in reparti proibiti dove potrei trovare cani a tre teste che sorvegliano botole contenenti tante Pietre Filosofali. Striscio i piedi fino alle scale e salgo un gradino alla volta, borbottando numeri. Quando raggiungo l'atrio della pediatria ho contato quaranta gradini.

Un bambino mi saluta con la mano, sorridente, mentre una bambina mi corre incontro e mi porge una spazzola rosa. Mi chiede di spazzolarle i capelli come Rapunzel, allora la accompagno fino al bancone di Wendy e le dico che è molto fortunata a poter accedere al bancone del Grande Re Lucas I. La faccio sedere sullo sgabello girevole e le spazzolo con attenzione i capelli lunghi e rossi. Le faccio notare che Rapunzel è bionda e lei mi fa notare che le principesse hanno tutte la corona, mentre Billity non ce l'ha. Chapeau, piccola.
Quando i suoi capelli sono perfetti, lisci e senza nodi, la spingo giù dallo sgabello e le dico che ora è il mio turno. Lei sale in piedi su una sedia dietro di me e i miei capelli si fanno piano piano più spettinati di prima. Allora io le dico che per spazzolare bisogna seguire il senso dei capelli dalla radice alla punta e non il contrario, ma lei mi zittisce.

Poco dopo sono più bello che mai. Le bambine dicono che sembro un pulcino spennacchiato e i bambini saltano per avere la mia stessa acconciatura. C'è qualche genitore, ma sono pochi perchè è quasi ora di cena e gli orari di visita stanno scadendo.

Lascio i bambini tornare nelle loro camere quando Wendy passa con la campanellina: la cena è pronta e prevede quello schifo di minestrone è un fruttolo.
Poi si rivolge direttamente a me: «Nella camera dove dormiva Billy c'è un ragazzo che chiede di te.»

Mi trascino di fronte alla porta. So chi ci sarà. So cosa è venuto a fare, vuole pulirsi la coscienza, chiedermi aiuto. Io glielo darò, perché mi inganna sempre e io ci casco sempre e lo aiuterò. Però devo sospirare e farmi forza, prima di aprire la porta. Ed entro.

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