La rissa

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«Diversa, dici?» ha chiesto Michael per l'ennesima volta.

«Non puoi immaginare quanto. Non era dolce, nè stronza. Era una via di mezzo che io credevo non esistesse.» Sospiro e tiro un calcio ad una pietra sulla ghiaia di fronte alla nostra panchina. Le mani nelle tasche le ho strette troppo ed ora sento i segni delle unghie corte sui palmi.

«Forse ci sta provando, a guarire. Il suo cervello, nel momento in cui si azzera, cerca di lottare e questo le fa cambiare umore come se niente fosse.»

«Prova dolore, secondo te?» Me la immagino nel letto, a inarcare la schiena mentre mille lame affilate le attraversano il cervello e lei trattiene gemiti di dolore per non spaventare i bambini nelle stanze accanto.

Michael non risponde. Si alza, mi strofina i capelli e «Ci vediamo, fratello» se ne va verso casa sua.

Quando sparisce dalla mia vita, i miei piedi cominciano a muoversi verso casa. Non ricordo di averlo deciso, l'ho fatto e basta. Nemmeno me ne accorgo, sono già sito la doccia e il caldo profumo di cocco del balsamo mi avvolge mentre la schiuma cola dai capelli giù sulla pelle e io mi abbandono con le spalle al getto d'acqua calda.

I pensieri che mi ribollono in testa sono troppi e dare loro un ordine sembra impossibile, così ci rinuncio e lascio che siano loro a prendere il controllo su di me.

Dici di volerla far soffrire, ma quando lei morirà tu sarai a pezzi.

Ti stai affezionando, piccolo allocco.

Sgretolala fra le tue mani.

No, proteggila.

Annienta ciò che di sano resta in lei.

Anzi. Guariscila.

Mi abbandono contro le piastrelle della doccia. Chiudo l'acqua e scivolo fuori dalla cabina, mi avvolgo la vita in un asciugamano color crema e mi butto supino sul letto. I capelli li sento arruffati, il corpo bagnato e appiccicoso.

Chiudo gli occhi e lentamente penso a quanto di buono c'è in me e realizzo ciò che non avevo mai pensato. Lei è la rosa che ho scelto, nonostante tutte le spine. Devo solo decidere se tagliarle le spine o strapparle i petali.

***

La mattina dopo mi alzo, mi stiracchio e mi affaccio alla finestra. Di fronte a me ho solo un palazzo, quindi fisso la strada sotto. È un vicolo piuttosto buio e non ci passa mai nessuno.

Ci sono un ragazzo ed una ragazza che litigano. Vedo solo i capelli neri e mossi della ragazza e quelli altrettanto scuri del ragazzo di fronte a lei. La sta spingendo e le sta urlando contro.

È la voce di Calum.

Mi infilo in fretta i pantaloni, una T-shirt e li raggiungo accanto ai cassoni dell'immondizia.

«Mi era parso di sentire i tuoi toni soavi, Hood» lo sfido con quanto più sarcasmo riesco. Mi piazzo di fronte alla ragazza in lacrime, un po' più bassa di me con i capelli mossi che arrivano appena al seno.

«Vattene, Lucas, è una questione tra me e quella puttana.» Sputa a terra e io mi avvicino a lui sferrandogli un pugno sul naso, poi uno sulle parti basse e lui si piega in due.

«Ripetilo, stronzo!» gli urlo. Non posso sopportare i suoi modi schifosi di rivolgersi ad una ragazza. «Va via, aspettami all'imbocco della via.»

La ragazza annuisce e corre dove le ho detto ed io, stupido cretino che si distrae durante una rissa, vengo colpito allo stomaco.

Prima di cadere all'indietro affondo le unghie nelle spalle di Calum e lo porto a terra con me. Mi sgancia un pugno sull'occhio che subito si chiude, mentre il gonfiore aumenta e il dolore con lui.

Inverto le posizioni e mi ritrovo a cavalcioni su di lui che gli sferro pugni e gomitate in pieno viso. Quando mi sputa sangue sulla maglia, capisco che è finita.

Mi alzo, gli do un calcio sul naso e m'incammino dolorante verso la ragazza, nascosta accanto a una vetrina di un negozio di scarpe.

Ha un paio di occhi verdi, mentre il nero dei capelli ora è raccolto in una coda di cavallo piuttosto grossa, data la quantità di capelli mossi.

«Voleva scopare, io ho rifiutato.» Mentre pronuncia queste parole, abbassa lo sguardo sul sangue sulla mia maglia.

«Vattene a casa, non ti darà più fastidio.» Annuisce alle mie parole, ma ovviamente la domanda le viene spontanea.

«Come fai ad esserne così sicuro? L'hai messo al tappeto una volta, non avrà problemi a riprovarci.»

«Fidati e basta.»

Mi giro e me ne torno al portone di casa, mentre lei imbocca la strada opposta con un'espressione inquieta e confusa.

Non so se si fiderà ad uscire di casa da sola, ora, ma io so che non la cercherà. Quando ho agito d'impulso a quelle parole, non ho pensato nemmeno un secondo alla posta in gioco, molto più alta di quanto poteva essere prima che lo colpissi.

Non avrà più bisogno di riprovarci con lei, quando ormai la caccia a Billy per lui è definitivamente aperta.

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