Colpo di fulmine

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Parcheggio la vespa nera, lucida, di fronte all'entrata dell'ospedale.

Il Nashville Hospital è una bellissima struttura, bellissima per modo di dire. I colori delle pareti sono smorti e pallidi, rovinati dalle piogge acide e il tetto è piatto, piattissimo. Spesso vado lì, a fumare.

Perché sì, dopo anni di leucemia io ho iniziato a fumare, a buttare via i miei polmoni, a incenerirli. Non ho mai detto di essere il ragazzo più furbo del mondo.

Entro con passo svelto e la prima a salutarmi è l'inserviente. Non so il suo nome, so solo che tutti la chiamano Inserviente, nulla di più. Donna di messa età con i capelli tra il biondo cenere e il bianco, occhi che forse una volta erano verdi e labbra screpolate. Per avere cinquant'anni, non ha molte rughe. Giuste quelle accanto agli angoli della bocca.

Una donna forte, penso ogni volta. Se ha le rughe lì, vuol dire che ha sempre sorriso, nonostante tutto. Nonostante tutto, lei è ancora intera, con solo due cicatrici di guerra sul volto, segnate da un sorriso radioso. Mi piace il suo sorriso.

La saluto con un cenno del capo e cammino svelto fino all'ascensore, salgo al secondo piano: pediatria.

Con lo stesso passo veloce, raggiungo il bancone, Wendy L'Infermiera mi accoglie con il suo solito sguardo allegro.

«Anche oggi qui?» chiede sorridendo. Sorrido anch'io.

«Non ho nulla di meglio da fare,» mi stringo nelle spalle. «I bambini?»

«Luke, sono appena le 13:30, stanno mangiando.»

Così, mi siedo accanto a lei, sul bancone e sfoglio qualche cartella medica.

Faccio in tempo ad alzare lo sguardo, per vedere una bellissima ragazza raggiungerci al bancone.

È molto magra, di seno avrà una terza, il volto spigoloso, gli occhi blu e le labbra screpolate e sottilissime. È pelata, la testa liscia come se fosse stata cerata, una ferita chiusa con dei punti le percorre il retro della nuca.

Mi sorride e sorrido.

«Ciao Wendy L'Infermiera,» le sorride, ha un non-so-che di insolito. E non è la mancanza di capelli o il braccialetto bianco al polso.

Indossa una camicia da notte azzurrina, dell'ospedale e porta sempre con se l'asticella di ottone che regge quella bustina di plastica che contiene i liquidi che le vengono somministrati regolarmente.

«Ciao Billy,» dice Wendy L'Infermiera. Billy mi guarda, io la guardo. Poi sorride, io sorrido.

Muove la mano per salutarmi, muovo la mano per salutarla.

«Come ti chiami?» mi chiede.

«Ehm...» scuoto la testa, ma che mi prende?

«Va bene, Ehm, hai un nome strano,» annuisce, da un bacino a Wendy L'Infermiera sulla guancia ed entra nella stanza 266.

«Billy,» dico in un sussurro appena accennato, ma una bimba mi sente.

«È il suo soprannome,» dice. Mi volto e la identifico come Riccioli d'Oro, una bimba di circa quattro anni (o cinque?) con cancro ai polmoni. La conosco da molto tempo, da quando ho messo piede per la prima volta qui.

Ha lunghissimi capelli biondi e ricci, ci sono molto affezionato.

«E il nome intero?» le chiedo, curioso. Fisso sempre la stanza 266.

«Billity» dice lei.

Billity penso, e qualcosa mi dice che quel nome non me lo toglierò facilmente dalla testa.

Se Domenica, il capitolo non ha almeno cinque voti e cinque commenti, non continuo. Il prossimo sarà più lungo e scoprirete cos'ha Billity. A presto! Continuate a scrivermi, che mi fa piacere! :) (tanto per chiedermi voti, commenti o come faccio le copertine, non CHIEDETEMI nulla. Piuttosto VI faccio una copertina :3)

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