2.The Strip Club

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Dylan.
I suoi capelli perfettamente spettinati, il suo sorriso sghembo, e i suoi occhi poi, sono così penetranti da metterti in soggezione.
Mi danni l'impressione di potermi seriamente leggere dentro, di poter   seriamente comprendere ogni particella del mio essere.
Questo da un lato mi fa paura, ma allo stesso tempo mi affascina.
Forse leggo troppo, forse Twilight mi ha dato alla testa, ma non posso far a meno di pensare che lui mi sconvolgerà l'esistenza, e il bello, è che non voglio far nulla per impedirglielo.

Dormo solo qualche ora, ma poi verso le sei, Samantha mi costringe a svegliarmi e a prepararmi per andare a cercare un lavoretto estivo.
"Quando mi hai proposto di venire in vacanza con te, non avevi parlato di lavorare..." Sbuffo mentre mi infilo un pantaloncino jeans e una maglietta bianca.
" Se te l'avessi detto non saresti venuta." Si giustifica.
"Dai su, abbiamo un sacco di posti in cui andare a cercare lavoro!" Aggiunge sorridente.

😁😁

Siamo già stati in due bar e ci hanno detto sempre la stessa cosa: vogliono solo persone con esperienza.
"Mancano tre posti in cui potremmo trovare lavoro." Mi avvisa lei.
"Sarebbero?" Chiedo atona.
"Il chiosco in spiaggia, il negozio di scarpe e... una sottospecie di strip club." Mormora l'ultima parte.
Mi fermo e mi volto verso di lei sconcertata.
"Ma certo Samantha, perché a questo punto non andiamo direttamente a battere in tangenziale, eh?" Domando sarcastica attirando l'attenzione dei passanti.
"Abbassa la voce." Mi intima mentre la supero avviandomi verso la spiaggia.

"Avete già esperienza?" Chiede il ragazzo dietro il bancone.
"No.." Sbuffo.
"Mi dispiace ma..."
"Si abbiamo capito, arrivederci." Dico trascinando via  Samantha prima che possa porgere le sue scuse per il mio comportamento.
"Sai quale il lato positivo dello strip club? Non serve avere esperienza ma solo essere decenti e sapersi muovere." Dice per poi buttarsi di peso su una panchina.
"Samantha, mi ucciderei per te, lo sai, ma non farò mai un balletto nuda su un palo." Dico lanciandole uno sguardo di fuoco.
"Ho detto che è una sottospecie di strip club. Si fanno dei balletti provocanti ma senza il palo e meno svestita."
Alzo gli occhi al cielo.
"E allora cambia tutto, tu si che sai essere convincente." Non riesco a nascondere il sarcasmo presente nella mia voce.
"Comunque non ce ne sarà bisogno perché ci daranno sicuramente un lavoro al negozio di scarpe."

"Mi dispiace ma non possiamo darvi il lavoro." Mi spiega la commessa bionda.
"Perché?!?" Chiedo.
Sto quasi per piangere.
"Il negozio sta per chiudere." Continua la commessa.
"Sarebbe inutile assumervi."
" Grazie lo stesso, arrivederla." Dice Samantha uscendo a testa bassa dal negozio.

"Non abbiamo scelta." Mi fa notare mentre camminiamo. È già buio e siamo una a fianco all'altra.
"Senti fai come ti pare." Mi arrendo.
"Yeeee!" Urla contenta trascinandomi fino a un edificio nero.
C'è un insegna luminosa sopra all'entrata su scritto 'strip club'.
Appena entriamo, vengo stordita dalla musica alta che accompagnava un balletto.
Cinque ragazza vestite, o meglio, svestite di rosso stanno facendo un balletto più che provocante. I loro movimenti sinuosi sono accompagnati dalle urla della folla e da un battito di mani ogni volta che si tolgono qualche indumento.
"Vieni!" Mi urla nell'orecchio la mora per sovrastare la musica alta.
Iniziamo ad avvicinarci alle quinte quando un uomo più tosto in carne ci si piazza davanti.
"Salve io sono Marcellus, il proprietario di questo paradiso." Dice facendo un ampio gesto con la mano intorno a se.
"Come posso aiu.."
"Ci serve un lavoro." Spiego io senza lasciargli nemmeno il tempo per finire la frase.
"La scusi." Samantha mi lancia un occhiataccia.
"Non preoccuparti, mi piace la sua grinta." Ridacchia l'uomo.
"Sapete ballare?"
"Si, è ovvio." Risponde Samantha.
"Ah si?" Chiede Marcellus grattandosi il sedere. Blah.
Annuiamo con decisione.
"Bene. Siete assunte." Mi interrompe lui mostrandoci i denti giallognoli e storti.
Doppio blah.
"Domani alle 17:30 qui, siate puntuali. Ah, prima che ve ne andiate vi vorrei presentare mio figlio, il coreografo, spesso da anche degli extra alle ragazze, non so se avete capito cosa intendo.." Sorride malizioso.
È troppo un triplo blah?
"Dylan!" Urla a squarciagola.
"Che c'è papà?" Lo riconosco fin da subito, già mentre cammina verso di noi. Sento una fitta al cuore. Non può essere.
È il ragazzo dell'altra sera.
Non riesco né a parlare né a muovermi, riesco solo a fissarlo con gli occhi spalancati.
Appena mi riconosce, spalanca gli occhi anche lui ma poi il suo volto riprende un espressione indifferente.
"Loro inizieranno a lavorare qui domani." Gli spiega il padre.
I suoi occhi sono ancora puntati su di me e non sembrano avere intenzione di smettere.
"Io sono Dylan e sono il coreografo...Vuoi che ti faccia fare un giro dell' edificio?" Chiede rivolto solo a me.
Lancio un occhiata preoccupata alla mia amica che però, mi fa cenno con la testa di andare.
"Ti aspetto fuori.." Mi tranquillizza.
Seguo quel Dylan un po' scettica, e appena raggiungiamo le quinte, mi sbatte contro il muro.
"Ahi! Mi hai fatto male!" Urlo.
"Che cazzo ci fai qui!?" Sembra arrabbiato.
"Voglio comprarmi un pappagallo." Rispondo sarcastica.
"Questo non è posto per te."
"E chi sei tu per deciderlo?" Lo sfido.
"Sei solo una ragazzina! Non puoi fare queste cose!"
"Io ho quasi 18 anni." Mi difendo.
"Per l'appunto!" Ero così occupata a urlargli contro che non mi ero ancora accorta di quanto siamo vicini.
"Tu.." Dico puntandogli un dito sul petto.
"..Non sai nemmeno il mio nome, non hai nessun diritto di dirmi cosa è giusto o non è giusto per me." Sto urlando e mi sono staccata dal muro, ormai sono ben pochi i millimetri che separano le nostre labbra.
I nostri petti si scontrano a ogni respiro, il mio battito cardiaco è a mille. Mi sposto di scatto cercando di controllare gli ormoni e faccio per andarmene ma lui mi afferra il braccio.
"E allora dimmi come ti chiami." Sembra più un ordine che una domanda.
"Hanna" e faccio lo stesso sorrisetto che aveva fatto lui quando si era presentato.
"Hanna Parrish." Mi sottraggo alla sua stretta e mi dirigo a passo svelto verso l'uscita di quel paradiso, o almeno così l'aveva definito Marcellus poco prima.

Leggendo I Tuoi Occhi. [Dylan O'Brien]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora