8.Again

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Okay, sono viva.
Non ho postato ieri sera perché la stanchezza ha avuto il sopravvento su la mia voglia di scrivere.
Mi scuso per eventuali errori di battitura:)

"Dylan fermati!"
Non mi ascolta e continua imperterrito a tirare pugni e calci al corpo di quel ragazzo che ha ormai perso i sensi.
Mi rendo appena conto delle guance umide, troppo presa dall'urlargli di smetterla.
"Dylan ho detto basta! Lo stai uccidendo!" Urlo più forte tirandogli uni spintone.
Non cadde a terra ovviamente, lo feci solo indietreggiare di qualche passo, e già era tanto per le mie braccia esili.
Sposto lo sguardo dall' uomo steso a terra al mio viso spaventato.
Dylan era diverso da come lo vedevo di solito, calmo e menefreghista, era totalmente accecato dalla rabbia.
Lo sguardo cupo, le braccia lungo i fianchi, le mani sporche di sangue e piene di lividi strette a pugno, le nocche bianche, il corpo tremante per la rabbia, i suoi occhi puntati nei miei, il fiato corto.
"Hanna cazzo, ti avevo detto che non dovevi avvicinarti ai tavoli!" Urla tirando un calcio alla sedia su cui prima era seduto quel ragazzo.
Sussulto mentre la verità mi viene sbattuta in faccia: è colpa mia se Dylan è diventato così, è colpa mia se quel ragazzo mi ha toccata, è colpa mia se adesso è ferito.
Prima che me ne possa rendere conto, sto già camminando a passo svelto verso le uscita ignorando le urla di protesta di Dylan e quelle spaventate di Samantha.
Le lacrime escono l'una dopo l'altra mentre una vocina nella mia testa mi sussurra: " È colpa tua, è tutta colpa tua..."
Le gambe non resistono per molto infatti, una volta raggiunto il retro del locale, mi siedo a terra stremata con la schiena poggiata contro il muro.
Affianco a me c'è una bottiglia di vetro fatta in mille pezzi da chissà chi.
Ne afferro un piccolo pezzo di vetro e inizio a guardarlo come incantata.
Lo poggio in grembo e cerco di togliere il trucco colato da vicino a gli occhi per poi riafferrare il piccolo oggettino. Lentamente lo avvicino al braccio e applico un taglio profondo sulla pelle chiara.
Il liquido rosso comincia a uscire con prepotenza facendomi sfuggire un sospiro che non mi ero accorta di trattenere.
"C-che fai?"Balbetta una voce familiare facendomi scivolare il pezzo di vetro dalle mani.
Dylan è proprio davanti a me con il viso scioccato e il respiro affannato.
Apro la bocca per parlare ma vengo bloccata da un singhiozzo.
Accompagnato poi da altri trattenuti dalla mano tremante posata sulla bocca.
Mi porge la mano aiutandomi ad alzarmi, poi inaspettatamente mi avvolge con le sue possenti braccia.
Sprofondo nel suo odore di tabacco e di colonia maschile.
"Andiamo." Dice dopo un po' dandomi un bacio sulla fronte.
Annuisco seguendolo verso la sua auto.

In macchina regna il silenzio.
Lo sguardo di Dylan è puntato sulla strada davanti a se e sembra non accorgersi nemmeno che lo stia fissando.
Mi soffermo per la prima volta sui piccoli dettagli del suo bellissimo viso: La curva della mascella, le labbra rosee, il naso leggermente all'in su, le ciglia lunghe, le sopracciglia folte...
"Cos'è? Una radiografia?" Ridacchia facendomi arrossire di botto.
"Io stavo solo...dove stiamo andando?" Cambio argomento.
"A casa tua, così ti medico."
"Neanche tu stai tanto bene eh..."
Gli faccio notare indicando le sue mani distrutte.
Risponde con una scrollata di spalle che mi fa alzare gli occhi al cielo.
"Mia sorella lo faceva." Dice poi facendomi irrigidire.
Penso alla possibilità di bloccare la conversazione sul nascere, ma prima che possa dire qualcosa, lui continua.
"Di notte si alzava dal letto, andava in bagno e lì martoriava il suo corpo. Lo faceva tutte le notti. Pensava non la sentissi, ma nonostante all'epoca avessi solo nove anni sapevo perfettamente cosa stava succedendo.
Lei era un adolescente, e gli adolescenti sono così: complicati.
Non so perché lo faceva, non ho avuto la possibilità di chiederlo...
Una mattina trovammo il suo corpo senza vita dentro la vasca da bagno."
Una lacrima mi riga il viso e penso a mio fratello.
"So cosa significa perdere un fratello." Gli ricordo posando la mia mano sulla sua coscia.
Quando mi resi conto di quanto fosse intimo quel gesto, la tolsi di scatto per poi distogliere lo sguardo.
"Mia madre pianse quando vide per la prima volta i miei tagli. Mio padre, invece, non disse nulla. Ma io so che in quel momento mi ha odiato, ha pensato di aver generato solo due delusioni.
Sono stata in un ospedale per diversi anni in ospedale." Racconto fissando il parabrezza.
"Una volta uscita da quell'inferno, me ne ritrovai davanti un altro: l'anoressia.
Andai in ospedale anche per colpa di questa, ma uscii prima del previsto.
Forse è per questo che sento ancora il desiderio di farmi male, di non mangiare più.
La verità è che sono voluta uscire dopo pochi mesi che venne licenziato Jason."
"Il ragazzo del supermercato?"chiede confuso.
"Si, in realtà era il mio infermiere. Ed è stato anche la mia prima volta." Ammetto ignorando il calore che mi sale alle guance.
"Per questo l'hanno licenziano? Come hanno fatto a scoprirlo?" È insolitamente curioso.
"Jason è una di quelle persone che fa sempre e comunque la cosa giusta." Spiego con un mezzo sorriso mentre Dylan parcheggia l'auto.
"Scendi." Ordina.
Obbedisco per poi dirigermi verso la porta di casa.
"Usiamo le chiavi di scorta nascoste dentro il vaso perché probabilmente i genitori di Samantha staranno dormendo e non voglio svegliar... Cazzo Samantha!" Urlo portandomi una mano sulla fronte.
"Beh, adesso saranno svegli." mi fa notare severo.
Alzo gli occhi al cielo.
"L'ho lasciata allo strip club." Spiego.
"Non è un oggetto Hanna, tornerà con le sue belle gambine." Percepisco del sarcasmo nella sua voce, ma lascio perdere e mi piego per prendere le chiavi.
Solo dopo mi rendo conto che lui è esattamente dietro di me.
E io davanti a lui.
Piegata a novanta a cercare quella stupida chiave del cazzo.
Afferro velocemente la chiave per poi alzarmi velocemente.
"Non farlo mai più, non risponderò delle mie azioni." Mi avverte.
Trattengo il respiro per poi cercare di aprire la porta.
Dopo un paio di secondi passati a forzare quella dannata porta, Dylan perde la pazienza.
"Hai qualche problema con le porte?"
Alzo gli occhi al cielo.
"È antica okay?!" Dico mentre gli passo le chiavi.
Senza che abbia neanche il tempo di rendermene conto, apre la porta per poi entrare seguito da me.
"Dov'è il bagno?" Chiede.
"Sali le scale, ma non fare rumore."
Inizia a salire sbattendo pesantemente i piedi ad ogni passo.
"Dylan!" Lo richiamo scandalizzata.
"Che c'è?" Chiede girandosi verso di me con uno strano sorrisetto in viso.
Scuoto la testa.
"Sei veramente un bambino, piantala."
"Già Dylan, piantala." Sento dire a una voce familiare alle mie spalle.
Per lo spavento perdo l'equilibrio e mi aggrappo alla spalla di Dylan trascinandolo giù dalla scale con me.
Mi ritrovo esattamente sopra di lui, le nostre labbra per poco non si sfioravano e il suo respiro caldo batte sul mio viso facendomi respirare affannosamente.
"Ehm, ehm." Mi giro per ritrovarmi davanti Luke mezzo nudo e  completamente incazzato.
"Oh Luke, come va?"



PS. Non so quando avrò la possibilità di pubblicare un nuovo capitolo ma spero al più presto :D

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~Giulia

Leggendo I Tuoi Occhi. [Dylan O'Brien]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora