5.Goodbye Jason

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Son in caffetteria e sto cercando di leggere nell'attesa che arrivi Jason.
C'è un sacco di gente che urla e fa rumore ma non è per quello che non riesco a concentrarmi sulla mia lettura. Sento il cuore che mi batte veloce, molto veloce.
Oramai esasperata chiudo il libro sbattendolo con forza.
"Cosa ti ha fatto quel povero libro?"
Alzo lo sguardo e incontro quello di Jason che mi sorride.
Mi incanto a guardare i suoi occhi, i suoi capelli, le sue labbra, e mi accorgo appena che nel frattempo si è seduto di fronte a me.
È tutto troppo familiare in lui.
"Come stai?" Mi chiede.
"Bene, te?"
"Bene."
Stiamo alcuni secondi di silenzio osservandoci a vicenda.
I suoi occhi vagano per il mio viso e per il mio corpo, mi sento nuda di fronte al suo sguardo di ghiaccio.
"Ti sei licenziato tu o ti hanno licenziato loro?" Chiedo in un sussurro.
Di nuovo silenzio.
"Ho scritto nei miei appunti quello che abbiamo fatto e quando l'hanno letto mi hanno licenziato." Svela.
"E non mi sei venuto nemmeno a salutare?" Mi sto trattenendo dal piangere.
"Non ho potuto! Me l'hanno impedito..."
"Senti, io voglio andare avanti, non indietro. La mia vita stava andando nel verso giusto finché non sono venuta qui! Mi piaceva un ragazzo, uscivo sempre con la mia amica, stavo anche guarendo!" Alzo la voce attirando l'attenzione di alcuni ragazzi seduti al tavolo affianco.
"Tu non sei ancora guarita?!?" Urla ancora più forte lui.
"Sono uscita poco dopo che te ne sei andato tu, idiota!" Dico più piano.
"E perché lo hai fatto? Sei stata tremendamente irresponsabile te ne rendi conto?!" Continua a mantenere un tono di voce alto.
"La mia nuova infermiera, Emily, sosteneva fossi pronta per uscire. Ho solo colto la balla al balzo."
"Sei proprio una bambina." Mi schernisce.
"Avevo sedici anni, ero una ragazzina, e tu invece un uomo. O almeno pensavo che lo fossi, gli uomini non scappano." Dico guardandolo con disgusto correndo fuori dal bar.
Monto sullo skateboard iniziando a piangere in mezzo alla strada, ma non mi importa.
Devo andarmene da quel posto, e anche velocemente.

Sfreccio verso non so dove sul mio skate con gli occhi ancora gonfi dal pianto.
Mi vergogno di aver pianto, di aver pianto per lui.
Entro in un parco e mi siedo su una panchina per poi rimettermi a piangere in silenzio.
In colpa delle stelle dicono che il dolore esige di essere vissuto.
Preferirei fosse una cazzata.
"Non mi piace leggere gli occhi di persone che piangono."
Sussulto sentendo la voce di Dylan che mentre ero distratta è comparso sulla panchina affianco a me.
"Ma cosa vuoi de me?!" Chiedo con la voce rotta dalle lacrime.
"La prima volta che ti ho vista avevi gli occhi tristi ma comunque pieni di vita, adesso però sono così...spenti."
"Io sono una persona triste. Per questo non piaccio a nessuno."
"Beh, allora penso che il ragazzo del super mercato sia l'eccezione." Sorride sghembo.
Una altra lacrima riga la mia guancia.
"Adesso mi odia anche lui."
"I tuoi genitori?"
"In questo periodo non riescono nemmeno a guardarmi in faccia."
"La tua amica?" Riprova.
"Samantha? Samantha... Beh, noi siamo un unica cosa. Lei non vale."
"Altri ragazzi?"
"Beh, il fratello di Samantha ha una cotta per me ma, da quando l'ho rifiutato, non mi rivolge più la parola."
"Certo che sei complicata..." sbuffa lui.
"Fratelli o sorelle ce le hai?" Aggiunge.
Mi si mozza il respiro.
"Avevo un fratello."
"È morto?" Alza un sopracciglio.
"Si, un anno fa."
"Oh." Dice solo.
" E se non era lui a odiarmi ero io ad odiare lui." Cerco di convincermi.

#Flashback

"Basta Thomas! Vattene!"
"Se no che fai Hanna?" Mi schernisce lui. È il doppio di me, non potrei mai fargli nulla.
I suoi capelli biondi sono tutti spettinati e i suoi occhi così simili ai miei ora sono tutti rossi.
"Thomas sei fatto, ti prego, non voglio che la Mamma ti trovi così."
Una lacrima mi riga il viso.
"Io...io non...non volevo scusami."
"Cosa non volevi?!? Non volevi rubare i risparmi di questa famiglia per un po' di cocaina?!? Non volevi far piangere la mamma tutte le notti?!? Non volevi perdere il mio amore e il mio rispetto?!? Beh, è troppo tardi Thomas. Ormai ti odiamo tutti." Dico senza far trapelare nessuna emozione. La chiamano indifferenza. Non ero mai stata indifferente con lui.
Magari arrabbiata o infastidita, ma non indifferente.
"Hanna io o-ora...ora esco. Ma alle..." Guarda il suo orologio.
"...Alle 2:00 di notte riceverai un messaggio. Addio, ti voglio bene Hans."
Trasalisco nel sentirmi chiamare da lui con quel soprannome dopo anni.
Detto questo, esce di corsa ignorandomi mentre gli urlo dietro in cerca di spiegazioni.

#Fine Flashback

"...Cosa ti aveva scritto nel messaggio?" Mi chiede Dylan incuriosito.
"Che era triste e che quindi si era suicidato."
"Non hai avuto una vita facile, ti capisco."
Lo guardo intensamente per una manciata di secondi.

Leggendo I Tuoi Occhi. [Dylan O'Brien]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora