6.

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- Non guardarmi così -
- Sei impazzito?! -
- È l'unica soluzione possibile e sappi che lo sto facendo per te e la tua immagine -
- Non me ne frega un cavolo della mia immagine! - urlò esasperato. Quella situazione stava degenerando in maniera furiosa. Tirò i capelli indietro fino a tingere la l'attaccatura di bianco, fino a sentir bruciare la pelle.
- Invece dovrebbe - soffiò con calma Steven - Dovrai badare a quella ragazza finché non toglierà quelle dannate bende - Harry ringhiò in risposta, che maledetta situazione, se solo non avesse tirato quella bottiglia. Un'infinita quantità di "se solo" avevano cominciato a vorticare nella sua testa in un mulinello di rimproveri   - Harry - alzò gli occhi posando ancora l'attenzione sul presente, su di lui e su tutti i problemi che sembravano volerlo affogare - Ascoltami bene, passerà, sono convinto che passerà, si tratta solo di tempo - premette sull'ultima parola dandole una cadenza lenta - Devi solo far passare questo tempo -
- Una parola - le parole erano uscite senza volerlo, tinte da un'intensa nota di sconforto.
- Mi duole dovertelo dire ma... - l'espressione impaurita e la frase tentennante lasciata sospesa in aria non presagiva nulla di buono - Dovresti andare dalla ragazza ora - spalancò gli occhi di colpo e le sopracciglia si arcuarono.
- Stai scherzando? Quella è pazza! -
- Come avresti reagito tu al suo posto? -  domandò quello di rimando
- È stato un incidente - fu quasi un lamento
- Lo so. Ma sei stato tu a causarlo e ora sta a te rimediare - Harry sbuffò di rimando - Lo sai anche tu -
Già.

Un'operazione agli occhi non sarebbe stata una passeggiata, specialmente se il post operazione l'avrebbe dovuto trascorrere con sconosciuti, in un bellissimo albergo sul lago di Como, che non avrebbe potuto neanche vedere. Sua zia voleva rimandare la partenza ma lei l'aveva convinta che non avrebbe avuto senso restare tutti lì ad aspettare un responso. Una settimana, si disse, solo una settimana e se tutto fosse andato per il meglio sarebbe potuta tornare a casa, dimenticando il prima possibile quell'orrendo viaggio.
Un incubo. Abbracciò l'ultimo cuscino sfuggito al suo precedente attacco d'ira, seppellendoci la faccia. Le bende tiravano impedendole di alzare le palpebre, imprigionata in un buco nero senza uscita, completamente in balia di estranei. Strinse più forte il cuscino, in modo che potesse nascondere i singhiozzi perfino al suo udito. Il cervello si era spento, riusciva solo a piangere, ormai attanagliata dalla paura che quella situazione da provvisoria potesse diventare permanente. Aveva sempre ammirato la forza di coloro che avevano proseguito la loro vita nonostante quel buio perenne. Aveva passato quegli anni a crogiolarsi nella fortuna di essere nata sotto una buona stella, vantandosi di una forza che in realtà aveva appena scoperto di non avere.
Bloccò il respiro in gola non appena sentì il rumore della porta dietro di lei che si apriva.

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