31.

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- Che stai facendo? - inarcò un sopracciglio, osservando la sua faccia sparire dietro al grande menù aperto.
- Leggo il menù - replicò lei con ovvietà, ma poi sbuffò al suo silenzio. Perché doveva ammetterlo per forza? - Beh faccio finta -
- Perché? - inspiegabili, spesso le azioni dettate dal cervello di quella ragazza erano inspiegabili. Aveva sempre la strana capacità di sorprenderlo.
- Non ti sembra ovvio? - borbottò lei quasi infastidita. Sembrava che si divertisse a sottolineare sempre quella sua provvisoria mancanza, cosa che lei non gradiva per niente. I giorni passavano, era quasi inquietante pensarlo, ma cominciava ad avere meno paura di quel buio. Forse lui aveva contribuito involontariamente a quella sua iniezione di coraggio. Tutto intorno a lei sembrava essersi tinto miracolosamente di colore.
- Guarda che le bende si vedono comunque - sbuffò ancora. Come non detto, era un gran guastafeste.
- Potresti per una volta lasciarmi credere il contrario? -
- Benissimo, ma lo stai tenendo al contrario - rispose reggendole il gioco. Elene sobbalzò e si affrettò a capovolgere il menù, sperando che fosse riuscita a metterlo nel giusto verso - Allora cosa prendi? - le domandò con una nota di beffarda provocazione.
- Tu? - ribattè divertita, cogliendo la al volo.
- Dammi un'idea - la sfidò con un ghigno. Sapeva che non sarebbe caduta  facilmente nei suoi subdoli tranelli.
- Pancake? -
- Fanno tante cose buone in questa bakery -
- Cosa ci fa una bakery sul lago di Como? - chiese di slancio, accantonando provvisoriamente quella piccola battaglia. Como era famosa per la villa di Clooney, che sicuramente avrebbe voluto vedere prima di lasciare quel posto. Assurdo, era come andare a Parigi e non vedere la Tour Eiffel, oddio forse il paragone era leggermente azzardato. Ma lei era comunque curiosa!
- Perché non dovrebbe esserci? -
- Molto americana - commentò ricollegandosi a Clooney. Chissà se lui andava spesso. Non che fosse mai stata una sua fan sfegatata, non era neppure il suo tipo in realtà. Si diede della cretina, come se lei potesse mai essere il suo, di tipo. Era convinta di aver assunto un sorriso idiota al pensiero che un mese fa, se le avessero predetto quello che le sarebbe successo in quei giorni, non ci avrebbe mai creduto. Eppure era seduta in un tavolo di una famosa bakery al centro di Como, con uno dei ragazzi più desiderati e acclamati al mondo. E pensare che aveva un caratteraccio!
- Quelle inglesi sono migliori - esclamò lui, e lei dovette riportare tutta la sua attenzione sul discorso.
- Tu sei di parte - obbiettò convinta, accompagnando una piccola smorfia.
- No, lo so, ho lavorato per una bakery prima di beh - tentennò appena - Questo - Elene posò il menù sul tavolo.
- Beato te!! - tuonò alzando la voce di colpo - Io mi sarei mangiata tutto! - Harry rise a quell'affermazione.
- Povero chi ti avrebbe assunta allora -
- O assaggiatrice o nulla -
- Non era male - alzò gli occhi, ricordando come, seppur in maniera completamente diversa, anche quelli erano stati bei tempi - Erano tutti gentili, anche se allora non ero famoso - colse quel moto di amarezza come un fulmine e sentì l'improvvisa bisogno di esprimere le sue opinioni.
- Non tutti sono gentili solo perché sei famoso - ribattè con fermezza. Harry sorrise alla sua incapacità di trattenersi dal dover avere sempre l'ultima parola. Aveva una dannata opinione su tutto, pensò ricordando i discorsi che avevano affrontato quando si erano appena conosciuti, come quella sera che si erano messi a dibattere sulle prostitute e sulla loro sorte. Assurda, era davvero assurda. Spesso sembrava vivesse in un mondo non reale, in un mondo dove ancora esiste giustizia. Quel dannato mondo dei cartoni animati dove esisteva ancora un lieto fine per tutti i guai. Eppure lo aveva conquistato fino al punto di fargli credere che potesse essere lei il suo lieto fine. Ma questo non glielo avrebbe detto. Non senza poterla guardare negli occhi. Doveva sapere che era lui.
- Immagino tu lo sappia per esperienza - frecciò poi. Elene si accigliò di colpo. Sapeva essere davvero presuntuoso, anzi era proprio un pallone gonfiato certe volte.
- Perché devi per forza ricordami che tu sei famoso e io no?! - strinse tra le mani il menù. Sembrava quasi un'accusa o una colpa. Il messaggio che stava scorrendo stile sottotitoli, nella sua testa era: e se fosse stata solo un gioco per lui? Infondo lei non era una modella, attrice o cantante. Lei era una banalissima e normalissima persona, che si limitava a sopravvivere alla vita di tutti i giorni - Guarda che  non significa non essere nessuno. A me per esempio le persone famose mi danno quasi sempre ai nervi, si credono superiori alla media solo perché le loro facce appaiono in televisione, una massa di idioti - suonò brusca ad entrambi, ma Harry non immaginò neanche l'insicurezza che in realtà si nascondeva sotto quelle parole.
- Essere famosi ha i suoi vantaggi - disse con tono piatto.
- Anche troppi rispetto alla gente che non lo è - fece una pausa, quando una stranissima sensazione di gelo l'avvolse di colpo - Mi stavo domandando anzi, come mai nessuno ti ha fermato e chiesto foto o autografi? - era strano effettivamente.
- Pensa se dovessero chiedere a te di farci una foto! - scherzò allungandosi sul tavolo, in modo che la sua voce le giungesse più vicino. Le prese una mano, desideroso di un contatto più intimo.
- Fingerò di non capire la lingua -
- Esistono i gesti - ribattè e lei dovette fermarsi un secondo a riflettere.
- Fatevi un selfie! - esclamò infine - Vanno così tanto di moda! - Harry ridacchiò. Doveva sempre trovare l'ultima parola, il che poteva essere snervante, ma in realtà lui si divertiva a metterla in difficoltà.
- Perché vuoi sempre avere ragione - non era esattamente una domanda.
- E tu perché vuoi sempre discutere? -
un impulso che partì dritto dal petto lo costrinse ad avvicinarsi ancora, sporgendosi sul tavolo.
- Perché mi piace provocarti - lei rimase immobile e lui ghignò alla sua reazione.
Aveva percepito il suo caldo respiro accarezzarle l'orecchio sinistro, aveva tremato al pensiero di quanto potesse risultare davvero provocante per lei. Non importava cosa dicesse, fino ad un certo punto, ma il tono che rivestiva la sua voce e la distanza che sembrava improvvisamente sparire tra loro, avevano un effetto pressoché assurdo su di lei. Deglutì a vuoto cercando di reprimere in un angolo remoto, quel senso di eccitazione e desiderio che sembrava travolgerla. Erano in pubblico, accidenti! Arrossì, riconoscendo il famigliare calore arrivare alle guance, sentì perfino lui ridacchiare. Tutto questo era sleale.
- Allora dato che hai lavorato in una bakery ora ti tocca consigliarmi cosa prendere - comunicò impettita. Doveva smettere di fargli credere di essere già caduta ai suoi piedi. Ci sarebbe voluto molto di più per sedurla. Come no?!
- Come se avessi scelta - sfogliò svogliatamente il menù - Vediamo se ho cominciato a capire i tuoi gusti -
- Come avresti potut... -
- Puoi fare silenzio un secondo? - la sentì borbottare tra sè e sè, minando alla sua concentrazione - Pancake al cioccolato e frullato di fragola - decretò infine, pressapoco soddisfatto. Sul cioccolato e le fragole andava sicuro, ricordava chiaramente quando gli aveva confidato la sua passione sconfinata per quei cibi. Lui in realtà non era un vero appassionato di dolci, ma mangiava di tutto.
- Si per il pancake e no per il frullato - disse lei abbozzando un sorriso - Però sei andato bene, benissimo su quanto riguarda il cibo - se c'era una cosa che era riuscita ad apprendere di lui, era che poteva alternare momenti in cui sembrava divertirsi solo prendendola in giro, o stuzzicandola, ed altri in cui invece, e forse involontariamente, aveva dei piccoli pensieri che lei reputava dolcissimi.
- E da bere? -
- Ho gusti difficili, sono astemia e non bevo la Coca-Cola - sospirò, aspettandosi qualche commento poco gradevole - Fanno gli yogurt secondo te? -
- Non esiste una persona a cui non piaccia la Coca-Cola - per l'appunto, pensò sconsolata. Mai qualcuno che rispondesse: anche io!
La guardò come se fosse stata un alieno. Sapeva che era strana, ma non credeva anche di gusti.
- Ti sembro un cane? Ti ho appena detto... -
- Tu non sei normale - per quanto gli riguardava poteva essere un complimento, ma sicuramente lei avrebbe frainteso.
- Mi fa davvero piacere sapere che pensi questo - l'aveva detto come se potesse essere quasi una cosa carina, non aveva un tono di rimprovero, ma come poteva essere altrimenti?! Non perdeva occasione per rinfacciarle le sue...."stranezze". Un leggero dispiacere cominciò a nascere dentro di lei. Sapeva di essere particolare, ma aveva sempre sperato che la persona giusta la potesse apprezzare proprio per queste sue particolarità. Ma la vita non era un romanzo, aveva cercato di levigare i lati più puntigliosi del suo carattere, era stato inutile. Certe particolarità resteranno per sempre.
- Non è una cosa negativa, lo sai - le strinse la mano, quella che non aveva mai lasciato, quasi a voler enfatizzare la verità delle sue parole. Elene rispose con altrettanta decisione, sentendo improvvisamente il cuore ricominciare a galoppare.
- Lo spero - disse riacquistando dolcezza.
- Smettila di fare l'insicura, non ti si addice - ancora una volta non era riuscito a resistere all'impulso di provocarla. Era tenera, doveva ammetterlo, quando era mansueta.
- Smettila di credere di sapere tutto - si accigliò appena. Non era mai stata veramente sicura di sè e quel commento suonava nuovo alle sue orecchie - Non mi conosci -
- Allora parlami - suonò una supplica perfino alle sue stesse orecchie. Aveva un curiosità morbosa che non faceva altro che spingerlo a studiarla, spiarla, osservarla, voleva scoprire cosa si nascondeva dietro quelle bende, cosa ancora era celato ai suoi occhi e al suo sapere.
- Non senza aver mangiato! -
- Sei un caso disperato! - ridacchiò e decise di accontentarla solamente perchè intravide proprio in quel momento la cameriera, pronta a prendere le loro ordinazioni. - Allora? - domandò una volta concluso.
- Cosa vuoi sapere? -
- La tua vita prima di questo -
- Nulla di speciale, lavoro tanto ed esco troppo poco per i miei gusti - la sua vita era sempre stata relativamente tranquilla. Certo non poteva mettersi a parlare di ex amori. Aveva letto nel blog di un certo sir Victor che era assolutamente sconsigliato parlare di ex, politica e religione ai primi appuntamenti. Tecnicamente quello non era il primo, o forse si, dipendeva dai punti di vista, ma per sicurezza avrebbe ascoltato Sir Victor.
- Non ti facevo tipa mondana - era realmente stupito. Gli era sembrata una ragazza tranquilla, una di quella maestrine che da liceali sono le secchione della classe, sempre piegate sui libri. Invece a quanto pareva era una festaiola!
- A periodi - commentò con onestà - Avrai capito che mi piace ballare - vero, pensò lui, come anche aveva capito che lui non era assolutamente portato per quei balli e che quando l'avesse visto, probabilmente avrebbe cambiato partner - Questi occhiali me li hanno regalati la notte di ferragosto in una famosa discoteca della Costa Smeralda - lui fece per parlare ma lei involontariamente lo interruppe - E se non sai dov'è, allora non sei un vero vip - assunse un'aria minacciosa.
- Per questo ci sei tu - sorrise nel vederla impuntarsi - Illuminami -
- E' una delle zone più esclusive e famose della Sardegna - spiegò pavoneggiandosi appena in un istintivo moto di superbia.
- Tu hai vissuto li per un pò di anni, mi avevi detto -
- Non proprio li, ma vicino - replicò ricordando con dolcezza quella terra che aveva nel cuore - Dovresti andarci, è meravigliosa - che più che un suggerimento suonò ad entrambi come un ordine. Ma Elene era convinta che si sarebbe innamorato anche lui di quella che lei considerava un pò la sua terra.
- Mi ci porterai - la spontaneità di quel commentò spiazzò entrambi. Non avevano mai pensato che potesse anche solo esistere la possibilità di un futuro. Il presente aveva ancora le sue profonde trappole da raggirare e le sue alte mura da superare, eppure lei aveva sentito un moto d'aria calda invaderle i polmoni. Sono frasi che si dicono senza pensarle davvero, si ammonì, non doveva dare peso. Un brivido la percosse quando sentì il suo pollice accarezzarle il dorso della mano con tocchi gentili, tenui che quasi era difficile percepirli.
- Volentieri - rispose dolcemente - Ma poi dovrai metterti anche tu un bel paio di occhialoni come questi - scherzò e lui rise, più di terrore in realtà. Era sicuro fosse seria. Non riuscì ad evitare di fantasticare su un ipotetico futuro, e a domandarsi se in quell'ipotetico futuro sarebbero potuti stare insieme - Ora tocca a te - la sua voce squillante lo riportò a quel presente. Non era più abituato a raccontare le sua vita, era diventata di dominio pubblico.
- Fino all'età di 16 anni ho vissuto una vita normale, poi con i provini di X Factor è cambiato tutto - concluse e lei sbattè una mano sul tavolo, senza troppa forza.
- Ah è vero! Voi siete diventati famosi con X Factor! -
- Non fingere di non saperlo - la prese in giro, ma infondo tutti sapevano chi erano loro, perchè lei doveva fingere il contrario?
- Lo sapevo infatti, solo che mi ero dimenticata! - ammise con franchezza. Sua cugina le aveva raccontato vita, morte e miracoli, per modo di dire, di tutti loro. Peccato che lei avesse continuamente finto di ascoltarla, senza prestare realmente attenzione alle sue parole. Accidenti, a quell'ora si sarebbe ritrovata notevolmente avvantaggiata.
- Hai fratelli, sorelle? -
- Nessuno, però la mia famiglia è grande e fortunatamente molto unita, le cugine e anche le zie più strette sono come sorelle - adorava la sua famiglia, Harry sentì l'affetto trasparire da ogni parola, e quasi si ritrovò ad invidiarla.
- Sei fortunata - abbassò lo sguardo, ricordando con leggera amarezza i tempi passati.
Elene rimase perplessa, la sua voce era cambiata, palesemente in peggio e non potè far a meno di dispiacersi. Pronunciò la domanda con titubanza, sperando che lui le parlasse di quale fosse il motivo del suo cambiamento.
- Tu? -
- Una sorella - rispose immediatamente - Ma i miei genitori si sono separati quando ero piccolo - rimase un momento in silenzio. Era evidente che non era un tasto semplice per lui da toccare. Avrebbe voluto chiedergli di parlare, di confidarsi, ma forse era troppo presto per pretendere una simile iniezione di fiducia. Decise di restare discreta. Non voleva farsi gli affari suoi, in realtà avrebbe solo voluto confortarlo, forse per la prima volta sarebbe potuto essere il contrario, eppure rimase sulla sua decisione, convinta che avrebbe trovato altre occasioni per spingerlo ad avere fiducia in lei.
- Mi dispiace - disse solamente.
- Ci si fa l'abitudine - aveva smesso di colpo di accarezzarle la mano, senza però lasciarla e lei optò per un cambio repentino di argomento.
- Cosa ti piace fare oltre che cantare? - Harry posò di nuovo lo sguardo su di lei. Tirò appena un sorriso, maledetta la sua perspicacia, ma da un lato le fu quasi grato che non avesse approfondito l'argomento.
- Tante cose - rispose scrollando le spalle.
- Tipo? - domandò vagamente seccata da quella risposta vaga. Doveva assecondarla, non remare contro!
- Nuotare -
- Anche a me - esclamò sorridente. Improvvisamente ricordò quella notte. La notte in cui tutto era cominciato. Ripensò alla paura di dover scavalcare, alla caduta, fortunatamente da lui attutita, al bagno, al bacio. Quel bacio che solo al pensiero poteva sentire i battiti accendersi dentro di lei, di un nuovo fuoco. Un fuoco che cresceva alimentato dai suoi baci.
- Giocare a calcio -
- No quello per niente -
- Sciare -
- Mai provato -
Harry sorrise di nuovo. Non sarebbe mai riuscito a farla tacere, la sua predisposizione al parlare e commentare tutto era troppo grande per poter anche solo pensare di fermala. Era buffa.
- Ma devi sempre commentare tutto? -
- Scusa, pensavo ad alta voce! - si difese con prontezza.
- Non hai mai sciato? - domandò poi curioso.
- No, sono amante del mare - replicò come se fosse stata una cosa ovvia - Però non mi dispiacerebbe provare - sorrise al pensiero di cosa sarebbe potuto succedere sommando gli sci, alla sua innata abilità nel cadere - Sicuramente cadrei, rotolerei e diventerei una palla di neve gigante - rise infine, contagiandolo.
- Allora io voglio essere lì per riprendere questa epica scena - scherzò e lei aprì la bocca mettendo in scena una finta indignazione.
- Avresti dovuto dire: per salvarmi! -
- Che divertimento ci sarebbe altrimenti -
- Sei senza cuore - decretò risoluta. Bel sostegno, pensò divertita.
Un urlo improvvisamente lacerò l'aria, esattamente come il suo respiro gli venne tagliato nei polmoni. Il suo nome, un gruppo di ragazze stava urlando il suo vero nome a squarcia gola. Dannazione.
- Torno subito - corse velocemente verso di loro, le accontentò con foto e autografi, prima di acchiappare lei in maniera poco delicata per un braccio e trascinarla bruscamente via.
Elene trasalì non appena percepì la sua ferrea presa smuoverla. Aveva parlato troppo presto, era difficile girare con un ragazzo famoso senza che nessuno lo fermasse. Ma una strana sensazione l'aveva costretta e tendere i muscoli in allerta.
- Che succede?! - chiese imponendosi di seguire i suoi movimenti con maggiore scioltezza possibile. Quando perfino il suo stomaco cominciò a lanciare diversi segnali di protesta, si ricordò che non aveva mangiato i pancake. Smorfiò il viso in disappunto. Che amarezza!
- Nulla di grave, mi hanno riconosciuto ed è meglio dileguarsi - le circondò la vita con un braccio, sperando riuscisse a camminare il più velocemente possibile. Elene aveva continuato a montare una serie di proteste, ma niente, non c'era stato nulla da fare. Dovevano allontanarsi da lì e alla svelta. Harry abbandonò le strade centrali, concentrandosi su quelle meno popolate e nascoste. La tensione aveva imbrigliato perfino il suo respiro. Stava per essere scoperto. Dannazione! Non era stata un'idea geniale farla uscire con lui dall'hotel, per recarsi proprio in un bar del centro. Uno famoso, tra l'altro. No non era stata proprio una grande trovata. Stava per autoconvincersi che il pericolo fosse scampato, quando la voce di Elene non gli gelò il sangue.
Il silenzio intorno a loro si era diffuso come un'inquietante nube di aria fredda. Pensò che fosse agitato all'idea di poter essere obbligato a posare tutto il giorno in fotografie amatoriali, ma il suo istinto la spronò a non trattenersi nel chiedere delucidazioni.
- Ma sbaglio o urlavano il nome di quello stoccafisso che ha l'hobby di lanciare bottiglie in faccia alla gente? - Harry deglutì a vuoto, serrando ritmicamente la mascella. Era non vedente, non sorda. Si ammonì di non dimenticarsi mai della sua attenta perspicacia. Si schiarì la voce prima di parlare. Doveva essere convincente. Non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare, proprio ora che si erano finalmente trovati. Lei in poco tempo era riuscita a portare a galla il suo vero essere, a fargli riassaporare la bellezza di essere solo se stessi, di vivere la magia che la vita regala quotidianamente.
- Si, cercavano anche lui, molte ci credono gay - si nascosero in una piccola e stretta strada. Una di quelle non asfaltate ma che conservavano ancora le ruvide e dissestate pietre di un tempo. Mai cambiate o levigate. Strinse la sua presa di lei con fare protettivo.
- Davvero?! - esclamò lei sorpresa, seguendo ancora i suoi movimenti, lasciandosi portare da lui in quello strano dissestato percorso. Poi la lampadina si accese - Anzi no, in teoria lo sapevo - sapeva tutto, perché accidenti non si ricordava mai nulla!
Harry sorrise istintivamente alla sua schietta onestà.
- Dovresti smetterla di fingere di non sapere nulla su di noi - scherzò.
- Ma in realtà io so tutto...solo che mi dimentico! - ammise quasi a volersi scusare. La strinse con maggiore intensità, un istante prima di schiacciarla contro una parete di pietra. Elene sobbalzò per l'improvvisa irruenza e istintivamente si aggrappò alle sue spalle. Quando le era arrivato di fronte?!
- Sono convinto che d'ora in poi la tua memoria funzionerà meglio - sussurrò suadente e vagamente provocante a pochi centimetri dal suo orecchio. Perché per lei la sua voce suonava eccitante anche se avesse detto "orango"?! Arrossì, tenendo la bocca serrata per la prima volta. Harry ne approfittò per lanciare una veloce occhiata intorno, prima di unire di nuovo le labbra alle sue. Amava come lei era sempre pronta a rispondere ai suoi attacchi, trepidante.

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