20.

8.6K 320 114
                                    

- Dove mi stai portando? - farfugliò inciampando sui suoi stessi passi. Un mix di curiosità e paura vibrò nel suo respiro. Louis era alle spalle, ancora coperte dalle sue mani, che la guidava verso "la cosa" che diceva avere per lei. Tremava di impazienza fin quando l'aria fresca, umida e pungente del lago le pizzicò la pelle del viso. L'ultima volta che era uscita da quella specie di prigione era stato con lui. Sempre con lui. Si domandò come facesse, un ragazzo che sembrava detestarla la maggior parte delle volte, a cogliere il suo nascosto desiderio di respirare l'aria libera e pulita, piuttosto che quella incalzata e striminzita che veleggiava tra quelle quattro mura.
- Shh - sentì la pelle sensibile appena sotto l'orecchio tremare, come toccata da un fuoco tiepido. Il suo respiro era caldo e in qualche modo rassicurante. Continuò a mettere goffamente un piede avanti all'altro finché non captò un rumore famigliare illuminare il buio circostante.
- Sento il mare! - alzò la voce, sorridendo alla sua stessa affermazione. Erano nella terrazza, la stessa alla quale le era stato vietato l'accesso per ordini maggiori, la stessa dalla quale avrebbe tanto desiderato poter ammirare il panorama.
- Ma quale mare, siamo al lago! - Harry ridacchiò. L'aveva sentita fremere sotto le sue mani, era sicuro avesse capito ma aria di mare era esagerato!
- Intendevo le onde! - rimbeccò lei prontamente e subito dopo si morse la lingua pentita. Non doveva essere acida come una sottiletta ammuffita, certo lui era sempre la stessa persona poco gentile e scorbutica, ma essere solamente riuscito a cogliere quel suo piccolo desiderio per poi realizzarlo era stato un immenso regalo per lei. Una bazzecola per chiunque forse, ma decisamente importante per lei. Avvertì il cuore galoppare nella cassa toracica: il buio, l'adrenalina, l'odore umido e appiccicoso che veleggiava intorno a loro come una nuvola fumante e setosa, le sue mani ancora poggiate delicatamente sulle spalle. Quel calore era rassicurante e improvvisamente non aveva più paura di camminare nell'oscurità. Quasi non desiderò più di aprire gli occhi per poter vedere - Grazie...desideravo tanto uscire sul balcone - la sua voce si addolcì assumendo una cadenza morbida e soave.
Harry sorrise, senza riuscire a coglierne a pieno il motivo. Quella strana docilità sembrava un traguardo impossibile da raggiungere, eppure era lì, tra le sue mani, abbandonata alla sua fiducia. Stranamente questa realtà gli fece gonfiare orgogliosamente il petto, mentre un fugace battito scombinò il ritmo regolare del suo cuore.
- È un terrazzo in realtà, vieni più avanti - si portò al suo fianco, allentando leggermente la stretta. Ma lei tremò improvvisamente e le gambe vacillarono.
- Hai paura? - decise di domandarlo comunque, nonostante fosse certo della risposta.
- No... - titubò insicura, cosa aveva appena pensato? Paura...per niente infatti! Peccato che sembrava essere salita tutta nello stesso istante come un flusso di nausea - Un po' - ammise infine sconsolata. Un fremito la percosse repentino quando sentì la sue mani spostarsi lentamente, lasciando una scia sul suo corpo tracciata da una carezza, fino a posarsi sulla sua vita. La delicatezza con la quale le sue dita erano scivolate su di lei si trasformò in una presa decisa una volta raggiunta la meta.
- Ti tengo io - disse serio, con un tono leggermente più acuto. Desiderò che si affidasse di nuovo a lui.
- Allora mi sento al sicuro - esclamò recuperando il suo naturale sarcasmo ma lui serrò maggiormente la sua presa su di lei, cogliendola di sorpresa.
- Solo per questa volta fidati - affermò quasi come fosse un ordine. Si convinse che era il suo modo per scaricarsi la coscienza, doveva fare qualcosa per lei, anche se piccola, qualcosa che potesse farle piacere. Qualche remota area del suo cervello diceva che glielo doveva, trovò la forza di ammetterlo finalmente a se stesso. Inoltre, concordò ancora, che avere la banshee tra le mani, incredibilmente mansueta, era una conquista che non gli dispiaceva. Niall poteva avere ragione dopo tutto, sebbene litigare con lei fosse diventata quasi una valvola di sfogo estremamente efficiente, andare d'accordo con lei poteva rivelarsi qualcosa di più appagante, per qualche strano e inconcepibile volere della stessa parte remota del suo cervello. Ma ora non credeva più che assecondarlo fosse così folle.
Elene ricominciò a muoversi cautamente, azzardando qualche passo più rapido dei precedenti, finché le mani di lui non la bloccarono. Alzò le mani istintivamente, agitandole un poco, cercando di controllarsi ed evitare di sembrare una pazza. Fortunatamente scontrò presto qualcosa di duro e metallico che nella collisione produsse un suono famigliare. Poggiò le mani sul parapetto inspirando con forza l'aria fresca e piccante della sera. La sua presenza accanto infondeva sicurezza, nonostante un brivido freddo l'avesse percossa quando aveva tolto le sue mani da lei. Non riuscì a non domandarsi quando e come quel ragazzo fosse riuscito ad entrare nei suoi pensieri, a farsi breccia tra le preoccupazioni e le paure, senza ancora riuscire a dargli un volto.
- Perché? - chiese improvvisamente, ma lui sembrò aspettare quella domanda. Infatti non fu colto di sorpresa.
- Perché si - disse deciso - Ho esagerato con te, sei insopportabile ma non dovevo comportarmi come invece ho fatto  - le parole uscirono velocemente e ancora con lodevole fermezza. Scusarsi non era poi così difficile, anche se lei sicuramente non gliel'avrebbe fatta scontare con facilità. La guardò con maggiore insistenza muovere meccanicamente la testa verso di lui.
-  Se l'hai fatto c'è un motivo - quel pensiero uscì rapido e con un soffio di amarezza. Aveva cercato di arginarlo nella sua testa, ma era inutile negare che apprezzava la sua compagnia quando era di buon umore, quasi quanto quella di Niall.
- Non so, mi viene facile con te e poi mi danno fastidio le tue domande -
- Non oso ripeterle allora - Elene restò perplessa alle sue parole, ma nonostante la curiosità la spingesse a porre altre di quelle famigerate domande che lui non tollerava, dall'altro lato, il ritrovato desiderio di civiltà le implorava, per una volta, una sola miserabile volta, di tapparsi la bocca. Alla fine decise di esaudire l'intrinseca ambizione di apparire una persona saggia e ponderata.
- Alcune volte sembri troppo perspicace - si limitò a dire lui, ma la verità era che sembrava capire anche ciò che non poteva vedere con i suoi occhi, e lo domandava pure, era snervante.
- Che grave colpa verte sulla mia testa! - teatralizzò ironica - Quando mai? - quella era veramente una novità. Lei perspicace?! Era uno scherzo.
Harry le lanciò un'occhiata di ammonimento, ma sospirò conscio del fatto che non avrebbe potuto obbiettare.
- L'altra sera, quando avevo bevuto un pochino -
- Un pochino?! Eri completamente sbronzo! Mancava solo il singhiozzo a completare il quadro de "La sbornia perfetta" - lui sbuffò, era convinto che avrebbe evidenziato l'ovvio, ma ignorò volutamente la sua bisbetica provocazione.
- Quando mi hai domandato della festa, hai centrato in pieno il problema - sospirò - Ultimamente odio questi eventi, mi sembra che debba continuamente fingere di essere quello che gli altri vogliono io sia - confessò con amarezza. Era cambiato in quegli anni, la spensieratezza dell'adolescenza era sparita troppo velocemente, in un soffio di vento, ed era rimasto solo con le responsabilità, le preoccupazioni e tutte le altre seccanti note che coloravano il processo di crescita. Perfino il divertimento spesso sembrava abbandonare il suo lavoro. I concerti o le performance dal vivo, a stretto contatto con i suoi fan, erano l'unico momento in cui riusciva a tornare indietro nel tempo, ad essere se stesso.
- A quanto vedo non ti riesce molto bene - borbottò lei dopo qualche secondo di silenzio. Perspicacia a parte, era palese che quel ragazzo avesse problemi, non gravi fortunatamente, ma alcune volte la malinconia che imperniava la sua voce sembrava essere un grido troppo forte per poter essere ignorato. Non seppe perché, o se si trattasse forse solo di riconoscenza, ma desiderò poter far qualcosa per lui. Era stato come un moto di energia partito dai polmoni - Era evidente, un cieco se ne sarebbe reso conto, bastava solo poca attenzione, e in questo caso mai metafora potrebbe risultare più appropriata - sorrise, come se fosse stata sicura che lui la stesse guardando. La stava guardando.
- Grazie - brontolò aggrottando la fronte in segno di dissenso. Quella ragazza era capace di dare solo colpi di grazia, e non si poneva nessun problema a farlo.
- Non hai mai pensato che forse sei tu che mostri a me chi realmente sei senza nascondere ciò che ti da fastidio? -
- Con te è diverso, tiri fuori il peggio di me - ridacchiò nonostante fosse estremamente serio, ma lei aveva smorfiato ciò che riusciva a vedere del suo viso, in una maniera buffa ed accentuata. Aveva perfino finito per increspare le bende.
- Mi commuovo! - si portò una mano al petto, per poi riattaccarla velocemente alla ringhiera, quasi come se una non bastasse - Può essere per questo che non ti preoccupi di fingere - aveva imparato che parlare con lui era come girare per un campo minato, eppure restava sempre convinta che la sincerità fosse l'unica via che poteva essere capace di prendere per esprimersi, per mostrarsi. Lei era così, non doveva piacergli per forza. Nonostante tutto, ancora quel pensiero martellò nella sua testa, le sarebbe dispiaciuto rinunciare al suo singolare modo di farle compagnia per colpa dell'ennesimo segno di incompatibilità dei loro caratteri.
Harry inclinò il capo, concordando mestamente con le sue parole.
- Litigare con te non mi dispiace più di tanto in realtà, mi sfogo e comincia ad essere la cosa meno noiosa di questa vacanza forzata - ammise senza trattenere lo sbocciare di un piccolo sorriso. Era la verità. Spesso dimenticava perfino che doveva essere Louis.
Elene istintivamente gli regalò un'altra buffa smorfia di disapprovazione.
- Ora piango sul serio! Che parole toccanti - esclamò senza traccia di offesa e lui ridacchiò - No sul serio mi fa piacere essere usata come valvola di sfogo - ironizzò ancora - Anche se potresti sfruttare meglio il tuo tempo per combattere la noia - evitò di aggiungere "con lei" anche se immaginò non fosse così stupido da non intuirlo.
- E in che modo? - chiese e lei fece finta di pensarci.
- Esplorando, passeggiando, mangiando... - Harry liberò un'altro sorriso divertito. L'aveva convinta ad uscire solo grazie alla promessa di dolci, la prima volta.
- Mangiare sembra essere il tuo chiodo fisso - lei scosse la testa consenziente.
- Sono solo una buona forchetta - disse con fierezza - E se non mi avessi interrotta, avrei detto anche nuotare, non sai quanto mi piacerebbe poter fare il bagno! - esclamò di colpo ed Harry spalancò gli occhi per la sorpresa. Era la prima cosa che aveva pensato quando era arrivato in quel posto. Aveva lasciato perdere infine, avrebbero detto che era il solito, quello che si faceva sempre riconoscere, quelle che combinava sempre qualche pasticcio, ed era stufo di quel tipo di commenti e articoli. Tutti credevano di sapere chi lui fosse in realtà, giudicando e commentando senza pudore, pensò con rabbia, stringendo la ringhiera tra le dita fino a serrare le nocche. Pochi assecondavano le sue idee con euforia, neanche i suoi amici, alcune volte. Gli sembrò incredibilmente strano che lei potesse addirittura condividere un suo segreto desiderio.
- Davvero? - domandò perplesso.
- Certo! - Elene colse il suo tono dubbioso e accentuò maggiormente la sua risposta - Se avessi potuto arrivare al lago l'avrei fatto anche così - disse indicando le bende - Ma comunque non ho il costume -
- Puoi sempre farlo in intimo - affermò lui con apparente noncuranza mentre una strana e malefica luce gli illuminò gli occhi.
- Si certo! Farmi vedere, da chiunque passi nei dintorni, bagnata e in intimo, come mai non ci ho pensato prima? - scherzò sarcasticamente. Uomini, non avevano idea di cosa fosse il ritegno!
- Non capisco perché voi donne vi facciate sempre problemi per l'intimo, è come un costume - appunto, selvaggi cavernicoli!
- Affatto! Il costume copre molto di più - ribattè pienamente convinta.
- Dipende che costume porti -
- Beh sicuramente non trasparente come la biancheria intima - continuò a difendere la sua posizione impuntandosi come una bambina.
Harry spalancò gli occhi e rise apertamente, evitando lo sforzo di trattenersi mentre lei piegava il capo cercando di capire cosa trovasse tanto divertente.
- Vuoi dire che sotto quegli orrendi pigiami tu porti biancheria sexy? - rise ancora lui cercando di immaginarla con quei cosi orribili addosso invece che in biancheria, a sua detta, trasparente.
Elene si accigliò a quella definizione poco cortese. Li adorava!
- Non osare offendere i miei pigiami! - replicò severamente piccata.
- Quello di ieri aveva disegnato un gatto, il più brutto che abbia mai visto! - il suo divertimento era direttamente proporzionale al suo offendersi, quindi non si fece alcun problema - Faresti ammosciare un maniaco arrapato - giurò di vederla assumere un cipiglio indispettito da sotto le bende mentre lui rideva ancora soddisfatto.
- Il solito cafone! - esclamò esagerando la sua indignazione - E non è un gatto qualsiasi, è Lucifero! -
- Chi? -
- Ma come chi?! - Elene sbuffò disapprovando tanta ignoranza - Il gatto cattivo delle sorellastre di Cenerentola! - lo rimbeccò riassumendo il suo tono da maestrina. Quella sera non lo trovò tanto male, aveva una cadenza più divertita.
- Potrai mai perdonare questa mia mancanza? - scherzò ma lei colse la palla al balzo.
- Solo se vorrai rimediare - sorrise  sorniona.
- Non ci tengo -
- Non ne avevo dubbi - diede voce ai suoi pensieri nello stesso istante in cui quelli balzarono nella sua mente. Non aveva filtri, non ne aveva mai avuti.
Sfruttò quel breve silenzio per osservarla. Aveva già avuto occasione di ammirare il suo corpo, le sue labbra o i capelli, ma quella sera aveva scoperto il piacere di assaporare una civile conversazione con lei. Era diretta e schietta, e questo gli piaceva. Forse qualche pregio dietro quella scorza di drago si nascondeva ancora alla sua analisi. Decise di rompere improvvisamente quel silenzio, temendo avesse potuto immaginarne il motivo.
- Quindi vivi in Italia? - chiese tentato dall'idea di conoscerla.
- Si - rispose lei immediatamente, quasi accogliendo quella domanda con sollievo - Ma sono nata in Francia, ad Aix en Provence, ci sei mai stato? -
- No, ma ne ho sentito parlare. Come mai ti sei trasferita in Italia? - domandò con un pizzico di curiosità in più.
- I miei genitori si sono trasferiti quando avevo 3 anni - spiegò - Prima in Sardegna, dove ho vissuto fin quando non ho trovato lavoro a Bologna -
- Ecco spiegato il tuo nome, Santa Elene - lei avvampò per un'improvvisa vampata di calore. Di nuovo quel nome pronunciato con quel piccante accento sensuale e provocatore, basso e appena roco. Ma il punto era: perché quello strano effetto? Sperò immensamente che lui non se ne fosse accorto.
- Hai la testa più dura di un rinoceronte - sghignazzò cercando di coprire l'imbarazzo. Avrebbe voluto muoversi per camuffare quel suo inspiegabile stato di ebrezza, ma sarebbe stato ridicolo. Si limitò a poggiare i gomiti sulla ringhiera - Tu invece? Dove sei nato? -
- Holmes Chapel -
- Mai sentito - restò per un attimo perplessa e dispiaciuta per la sua scarsa conoscenza della geografia. Per lei quel posto non era mai esistito.
- È una piccola cittadina inglese, non lontano da Mancherster - lei rimase in silenzio - Birmingham? - tentò ancora -Nottingham? - riprovò pazientemente mentre nel suo cervello si accese una lampadina. Poi dicevano che i cartoni non erano educativi! Massa di idioti!
- Vicino alla foresta di Sherwood! - esclamò entusiasta.
Fu il turno di Harry ad essere perplesso. Aveva spalancato il suo sorriso più bello...ma per cosa? Non che gli dispiacesse ammirarlo, ma non capiva come potesse esaltarsi con così poco.
- La che? -
- Ma non hai mai visto Robin Hood? - era scioccante, chiunque conosceva la foresta di Sherwood...giusto?
- Non ho avuto tempo e una volta finito il tour nelle sale ,era terminato. Comprerò il dvd - Elene immaginò se stessa con due punti interrogativi al posto degli occhi, come i cartoni animati giapponesi.
- Ma io sto parlando del cartone della Disney -
- Ah sì, ma avrò avuto 8 anni! - aveva sospettato si trattasse dell'ultimo film con Russell Crowe...
- Malissimo! Prima Cenerentola e ora Robin Hood, che disastro! - si portò una mano tra i capelli e lui non poté far a meno di notare come tenesse l'altra saldamente ancorata alla ringhiera. Immaginò quanto tremasse anche quando si mostrava apparentemente sicura.
Lei forse era esagerata da un verso, ma lui anche nella sua totale ignoranza! Voltò completamente il busto verso dove credeva che fosse. Inspiegabilmente cercò la sua mano poco più avanti lungo la ringhiera e ancora più inspiegabilmente, la trovò, prendendola con forza e decisione - Bisogna sopperire questa mancanza, andiamo! - Harry rimase stupito non appena lei si voltò di scatto afferrando la sua mano. Sembrava sapesse che l'avrebbe trovata a pochi centimetri dalla sua.
- Ma dove? - la strattonò, evitandole di andare dalla parte sbagliata, era partita in quarta e sembrava volerselo tirare dietro. Un ghigno apparve sul suo viso. Da quando era lei a condurre?!
- A vederlo in camera mia! - esclamò con ovvietà.
- Vuoi dire che dovrò vederlo da solo! - brontolò certo che non si sarebbe offesa.
- Io lo conosco a memoria! - dal tono con cui lo disse, traspariva chiaramente tutta la sua fierezza - Non ti accorgerai neanche che io non posso vederlo, le immagini sono tutte nella mia testa - l'osservò ancora più sbigottito. Quello era un segno: era completamente folle!
- Mi fai quasi paura - ammise tra il divertimento e la sua reale condizione. Vide chiaramente un ghigno malefico comparire sul suo viso e con esso l'estremo indice della sua insolita follia.
- Benvenuto all'inferno! -

CrushDove le storie prendono vita. Scoprilo ora