44.

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Arrivò completamente stordita ed assuefatta, al nuovo giorno. Il sole del mattino l'avvolse con pigri movimenti. Lentamente tastò il letto, avvertendo solo calore sotto i polpastrelli.
Aprì gli occhi con difficoltà, per ritrovare solo un mucchio di lenzuola sgualcite attorno al corpo. Sbattè più volte le palpebre, nel vano tentativo di mettere a fuoco vista e cervello.
Harry.
Scattò a sedere spaventata, sentendo il cuore tamburellarle velocemente contro la cassa toracica.
Lui non c'era.
Cominciò a tremare, scossa dall'imprevedibile paura che fosse potuta essere tutta un'immensa ed ignobile bugia, un meschino gioco di inganni. Ma prima che strani e vaneggianti film potessero crescere in concrete immagini nella sua mente, i suoi occhi riuscirono a captare un piccolo e striminzito foglietto, posato sul cuscino.

"Non mi piacciono i saluti. Ma non credere di liberarti di me. Ti aspetto. Mi mancherai. Chiamami quando ti svegli."

Era partito.
S'impose calma, rileggendo quel biglietto ancora ed ancora. Chiedeva anche di chiamarlo, quel lurido verme!
Non era stato un gioco, niente di tutto quello che stava per immaginare sarebbe stato vero. Ma se n'era andato senza salutarla! Senza darle la possibilità di dirle che lo amava! Brutto cetriolo imbalsamato!
Tutta la notte aveva cercato di far uscire quelle due parole dalla bocca, ma niente. Aveva finito per rimandare continuamente ed ora lui sarebbe partito senza che lei fosse riuscita a dirglielo!
Si era addirittura immaginata un saluto strappalacrime, in cui tra un pianto e l'altro, riusciva finalmente, con tanto di applausi, a confessargli i suoi sentimenti.
Svanito, tutto svanito in un lampo. Non la scena teatrale, ma per lo meno il finale era ciò che premeva più di mantenerne. Ed invece non era riuscita a dirgli quelle due maledette parole! E quel carciofo si era permesso di partire senza neanche salutarla!
Delusione e rabbia montarono rapidamente dentro di lei, innescarono una miccia, percorrendo ogni muscolo come una scarica elettrica.
Come aveva potuto!
Scattò rapidamente giù dal letto, cercando velocemente qualcosa da indossare.
Ricordò che il giorno precedente le aveva detto che il volo sarebbe stato in tarda mattinata, verso le 12. Erano solo le 9, ma doveva arrivare a Malpensa!

Si catapultò letteralmente fuori dalla stanza e fortunatamente il receptionist le chiamò uno di quei taxi con tariffa fissa, che l'avrebbe portata a destinazione in un'ora. Se tutto fosse andato secondo i piani. Ci sarebbe mancato solo un cataclisma per completare il quadro di quell'inizio di giornata!
Il povero malcapitato venne tartassato per quasi tutta la durata del viaggio. Solo quando le venne un improvviso attacco di nausea, si costrinse a placare le sue ansie contro quel poveretto. Pensò al richeau, al momento in cui le aveva lasciato l'indirizzo di casa, quando le aveva raccontato dei suoi programmi, della sua pausa. Di quanto l'avrebbe aspettata con impazienza. Di quanto le sarebbe mancata.
E quel citrullo poi decideva di andarsene senza salutarla!









Era stato taciturno durante tutto il tragitto fino all'aeroporto, ed i ragazzi non avevano fatto domande, ben consci di quale fosse il motivo del suo silenzio. Steven parlava di progetti futuri, già intento ad organizzare la loro vita una volta che la pausa sarebbe conclusa. Già proiettato verso il futuro, mentre lui, lui non sapeva nulla del suo futuro, se non che avrebbe dovuto esserci anche lei.
Ma era scappato. Non era riuscito a vincere la paura di allontanarsi, il timore che la distanza avrebbe potuto rovinare, logorare quel piccolo fiore che sembrava essere germogliato tra le intemperie. " Il fiore che sboccia nelle avversità, è il più raro e bello di tutti", diceva qualche saggio cinese. Aveva preferito scappare piuttosto che farsi vedere distrutto. Solo, con l'unica speranza che lei provasse anche solo un briciolo di ciò che sentiva per lei. Con la speranza che non l'avrebbe dimenticato, bensì aspettato e raggiunto.
Si era imposto di andare via in silenzio, senza svegliarla, liberandosi dal suo abbraccio, ignorando il dolore nel petto. Sarebbe stato ancora più difficile salutarla, se fosse stata sveglia, si sarebbe convinto di non partire, avrebbe creato scompiglio solo per il suo desiderio di non lasciarla. Rapidamente si era vestito e prima di uscire a malincuore da quella camera, l'aveva guardata ancora dormire. Si era avvicinato di nuovo e le aveva posato una leggera, quasi impercettibile carezza sul viso, prima di scattarle una foto con il telefono.
Sorrise, al pensiero che avrebbe continuamente guardato e ammirato quella foto, nonostante fosse posizionata tutta storta e sigillata dalle coperte come se fossero state un sarcofago.
Aveva sorriso, ma il suo tormento aumentava ancora, gli era rimasta solo la fuga ed un momentaneo rimpianto, che si ripromise avrebbe disinnescato non appena l'avesse rivista.
Ti amo.










Corse disperatamente giù dall'auto, implorando il suo misero senso dell'orientamento di non abbandonarla, non quella volta, non in quel momento!
Corse alla ricerca dell'area controlli. Corse tra la gente, corse contro il tempo che inesorabile, picchiettava i secondi ed i minuti che li dividevano. Con il fiato alla gola, giurò che si sarebbe vendicata, quando si fossero rivisti!
Riconobbe il passaggio di polizia solamente dalla lunga fila. Cercò tra la gente, ruotando gli occhi a destra e sinistra.
Come se fosse stato un richiamo, il suo sguardo cadde in una figura intenta a sfilarsi il borsone e pronta a superare i controlli.
Harry.
Il respiro, già altalenante, si accartocciò per un secondo dentro i polmoni, soffocato dai suoi battiti, schiacciato dall'adrenalina e dalla collera. Segnato dal suo amore.
Aprì la bocca, ma non riuscì a chiamarlo. Il buon senso fece improvvisamente capolino tra i suoi pensieri e capì che avrebbe creato solo un putiferio, urlando il suo nome. Era di spalle e sicuramente non l'avrebbe notata.
Tirò fuori il telefono e velocemente fece partire la chiamata. Lui era appena passato oltre quel confine che lei, sprovvista di biglietto, non avrebbe potuto superare. Stava per proseguire e lei sussultò ancora, insieme al suono del primo squillo.
Squilla.
Rispondi. Rispondi!
Trattenne ancora il fiato quando lo vide bloccarsi e tirare fuori il cellulare dalla tasca.


- Ben svegliata - un corno, avrebbe voluto rispondere.

- Voltati - replicò secca, ancora intenta ad osservarlo.

Lui parve spaesato, cominciò a ruotare la testa a destra e sinistra prima di girarsi completamente e cercarla.

E lì la vide.

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