7.

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- Chi sei? - domandò forzando la voce di apparire dura e laminata. Un pallido silenzio tamburellato dalla cadenza veloce di un respiro giunse al suo orecchio. Improvvisamente un pensiero o una possibile intuizione fece scattare i suoi sensi. Il silenzio della colpa. - Sei Styles? - pronunciò il suo nome con il disprezzo che si impone ad una maledizione. Ancora silenzio, un tacito assenso. Giurò di poter sentire il suo respiro crescere. Si voltò sperando fosse quella la giusta direzione della porta, con studiata lentezza. Quanto avrebbe voluto guardarlo in faccia quel miserabile farabutto. - Che cosa diavolo vuoi? -
- Solo sapere come stai... - una voce altalenante fu la conferma che stava cercando per trovare l'equilibrio di restare in piedi, sempre sperando di trovarsi davanti a lui.
- Oh davvero t'importa? Perché sai avresti dovuto pensarci prima! - alzò la voce di colpo - Ti sei divertito? - chiese, ora moderando il volume - Ti diverte lanciare oggetti addosso alle persone brutta sottospecie di star da strapazzo?! - i decibel sfuggirono letteralmente al suo controllo mentre la rabbia scorreva nel sangue in un misto di adrenalinica collera - Cos'è il successo immeritato ti ha dato alla testa? -
- Che cavolo dici?! - sbottò lui di colpo intuitivamente alterato - Non l'ho fatto apposta! -
- Solo perché qualsiasi cosa tu faccia venga adulato da branchi di pitecantropi senza cervello non vuol dire che tutto ti sia concesso! - sbraitò senza realmente ascoltare le sue parole.
Harry stava cominciando ad alterarsi, aveva commesso un errore, ma quello non le dava il permesso di criticare lui e la sua vita, di giudicare senza sapere nulla.
- Che cavolo dico? - cercò di muovere un passo in avanti, ma più che minacciosa si trasformò in una figura drammaticamente traballante. Ondeggiò le braccia per ritrovare l'equilibrio. - Le vedi queste bende?! - indicò con un dito il suo volto. Erano spesse, non sapeva il colore, probabilmente bianco, e le coprivano il viso fino alla punta del naso, aderendo alla pelle quasi a formare un altro strato protettivo. - Si, tu le vedi - sputò con amarezza - Se non avessi lanciato una bottiglia piena nella platea non ci sarebbero! -
Harry scattò in avanti in tutta la sua minacciosa spavalderia.
- Cosa credi che non maledica anche io quel dannato momento? - ringhiò fuori di se dalla collera - Non è mai successo nulla! Nessuno si era fatto male, o almeno nessuno ha mai fatto tutte queste storie che stai facendo tu! - Elene si bloccò di colpo, non si sarebbe aspettata quel tipo di accusa.
- Cosa stai insinuando? - serrò i denti pronunciando la domanda con forza e rabbia mentre sul volto del ragazzo comparve un ghigno satanico. Lei sapeva che era vicino, percepiva l'agitazione  del suo corpo addosso, la tensione della sua voce ad imbrigliarle il respiro.
- Chi mi assicura che la tua non sia una tattica per trascorrere tempo con noi e soprattutto - fece una pausa - Per i soldi -
L'aria ululò quando venne tagliata dal palmo della sua mano. Non riuscì a colpirlo come avrebbe voluto, sentì che era solamente riuscita a sfiorare qualche parte del corpo. Sentiva la rabbia esplodere in ogni fibra del suo essere. Se solo avesse potuto guardarlo in faccia, l'avrebbe incenerito con un'occhiata. Con quale diritto osava accusarla?! Avrebbe tentato di colpirlo ancora se non fosse stato che entrambi i suoi polsi furono afferrati e stretti quasi con violenza, obbligandola a fermare ogni possibile movimento. Tentò di dimenarsi e sfuggire alla sua presa invano, era troppo forte e lei, speranzosamente in maniera momentanea, priva di un senso. Lo sentiva vicino, ora era talmente attaccato a lei che poteva scorgere perfino i battiti accelerati del suo cuore.
- Credi davvero che smani per passare del tempo con un ragazzino arrogante e presuntuoso come te? - provò nuovamente a liberarsi, ma tutto ciò che ottenne fu quasi perdere l'equilibrio. Fu solo la sua presa ferrea a permetterle di restare in piedi sulle sue gambe.
Harry giurò di aver perso il controllo. Quella ragazza non aveva niente di normale, ma non poteva sfruttare la sua forza fisica contro di lei, non perché non potesse ancora vedere, ma perché era contrario ad ogni forma di violenza verso le donne. A meno che non si trattasse di legittima difesa. Sicuramente in quel caso l'ultima ipotesi era da tenere fermamente in considerazione. Allentò la presa sui suoi polsi senza però lasciarli. Per un istante si perse involontariamente nella contemplazione delle sue labbra, erano rosa e piene, perfettamente disegnate. Peccato che lui le detestasse ogni qual volta si aprivano per dare fiato alla sua dannatissima voce.
- Allora perché eri al nostro concerto? - ghignò ancora mentre il suo tono perdeva l'accento rabbioso e si trasformava in una morbida e seducente carezza. Era stato un effetto involontario.
- Per accompagnare mia cugina pezzo di cretino! Non sono una vostra fan - pronunciò quasi con disprezzo - Non ricordo neanche che faccia abbiate! - Harry rimase interdetto. Che fosse la verità? La sua anima sospettosa non si sarebbe placcata facilmente. La gente mentiva di continuo.
Len strattonò ancora una volta le mani infischiandosene dell'equilibrio anche quando avrebbe rischiato di finire con il sedere per terra ancora una volta, e ancora una volta avrebbe dovuto ringraziare quell'imbecille per averlo impedito.
- Perché dovrei crederti - sputò lui risoluto senza ancora lasciarla
- Perché è la verità idiota! - ringhiò - E perché se non ci credi a me non interessa! - cominciò a battere i piedi per terra tentando in qualche modo di colpirlo. Quello che ottenne fu sentirlo sghignazzare, probabilmente per l'aria bizzarra che doveva aver assunto in quel momento.
La porta della stanza si spalancò dietro di loro. Solo Harry poté notare l'espressione attonita di sorpresa nelle facce dei presenti.
- Si può sapere che state facendo? - come sempre era Steven a dare voce ai pensieri della comunità. Stava per rispondere che tentava di difendersi dalla furia omicida di quella pazza ma appena aprì bocca ne uscì solamente un suono di dolore. Era riuscita a pestargli un piede con forza.
- Sei scema?! - urlò voltandosi e notando che questa volta era stata lei a ghignare di soddisfazione, poco dopo Steven aveva già preso la psicopatica per le spalle aiutandola ad accomodarsi sul divano. Sembrava quasi mansueta ora.
- Piantatela - ordinò - Sembrate due bambini -
Un pensiero comune balenò nelle loro menti: pure?!

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