40.

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Ma rimase in silenzio. Harry la guardò con tesa curiosità. Nei suoi grandi occhi color nocciola non vi era alcuna traccia dell'operazione. Erano vivi e scalpitanti esattamente come lei, ed in quel momento lo stavano scrutando come a volergli leggere fino all'ultima traccia di anima.
- Non dici nulla? - domandò senza nascondere la vena di preoccupazione. Lo stava guardando come se l'avesse sempre potuto vedere.

Elene continuò a scrutarlo. L'aveva già conquistata, lasciandosi ammaliare dai dettagli che prima non era riuscita a notare. I suoi occhi che continuavano ad esprimere domande nascoste con timore, come se fosse stato lui a dover porre quelle domande.

È altrettanto facile rispondere alle domande degli innamorati che contare i granelli di pulviscolo, diceva Shakespeare.

Il volto era rigido in attesa di una sua parola, era alto più o meno come lo aveva immaginato. Ma era più bello di come avesse mai potuto sognarlo. Avvertì ancora una volta il suo cuore spingerla verso un abbraccio. In quel momento desiderò immensamente poterlo toccare ancora. Ma forzò la sua volontà per costringersi a restare immobile.

- Avresti dovuto dirmelo tu -
Quelle parole lo congelarono, bloccandogli perfino il respiro.
Lei sapeva. Se prima si era solamente insinuata la pulce del sospettato, ora ne era sicuro. Ma ciò di cui non era sicuro era quella sua strana reazione, non sembrava arrabbiata, non sembrava nemmeno delusa o felice. Lo stomaco sembrò attorcigliarsi, gravato dal peso dell'insicurezza. L'aveva vista allontanarsi da lui, subito dopo aver legato i loro occhi per la prima volta e non aveva saputo fare altro se non correrle dietro. L'aveva vista assorta osservare il lago dalla grande terrazza e aveva sentito il cuore balzargli in gola ad ogni passo che macinava la distanza tra loro. Aveva sgretolato quella distanza fin quando non fu a pochi passi, fin quando non l'aveva sentita intonare quella canzone. Ed aveva sorriso, rivivendo quella sera, quella notte, quel momento.

- Perché ho come l'impressione che tu non sia sorpresa? -

- Mi credi stupida? - alzò appena la voce, buttando velocemente gli occhi dietro di lui per accertarsi che fossero soli. Harry scattò istintivamente in avanti, fin quando non fu a solo un passo da lei. Il cuore fece un'altra capovolta - Ho sempre saputo che eri tu. Anche un bambino di cinque anni se ne sarebbe reso conto - spiegò con aria di rimprovero.
L'aveva sempre saputo. Aveva continuamente ricevuto segnali, aveva dovuto continuamente condividere i giorni con quelle strane sensazioni. Ma non appena l'aveva visto, il fatidico pezzo del puzzle mancante, era magicamente apparso per andare al suo posto. Quello era il suo posto. Era lui. L'artefice di tutto era sempre stato lui. Come guidato dalla mano del destino, aveva agito, segnato e rubato poco a poco, i pezzi di se stessa. Aveva diretto quel gioco, muovendola come una pedina e lei era stata incapace di reagire, fino a quel momento. L'aveva odiato, ed inconsciamente continuato ad odiare anche quando credeva fosse qualcun altro. L'aveva odiato fin quando l'amore non era riuscito a sovrastare l'odio, piegandola al suo volere, alla sua bellezza.

- Allora hai capito anche perché non te l'abbia detto - tremò ancora. Era così facile guardare dentro di lei, come altre volte risultava incomprensibile provare a leggerla. Mi vuoi ancora?

- All'inizio era comprensibile, ma non quando... - fece una pausa senza mai lasciare i suoi occhi, non ora che poteva finalmente vederli. Ma cosa avrebbe dovuto dire? Quando si erano amati? - Hai finto anche in quei momenti? -

Tremò al pensiero che la fiducia che aveva faticosamente guadagnato fosse stata spazzata via dal vento del suo inganno. Alzò le mani istintivamente per toccarle le spalle, ma all'ultimo esitò. Quasi timoroso. I suoi occhi, il suo viso, erano un richiamo per lui, ancora più forte di quanto avesse mai potuto immaginare. Erano limpidi, esattamente come lei. Non avrebbe potuto perderla. Solo baciarla.

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