8.

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Il viaggio verso Como fu l'esperienza più inquietante della sua vita. Era ancora rimbambita dall'operazione della quale, ahimè, non si poteva ancora sapere l'esito, mentre al momento si trovava su un pullman gigante provvista solamente di valigia e un vecchio mp3 in mano, di quelli ancora dotato di tasti, che accompagnava il suo tempo. Avrebbe cantato se solo non fosse stata in compagnia di un gruppo di cantanti. Il giorno prima sua cugina e sua zia erano tornate a casa, non prima di aver firmato un contratto di estrema riservatezza. Insomma in poche parole lei non era lì, per i giornalisti lei godeva di piena salute e sopratutto della vista. Discrezione l'avevano chiamata. La sua convalescenza era stata così rinominata. Aveva un terribile cerchio alla testa e tutte quelle curve le stavano dando fastidio. Quando era piccola contava i cartelli per strada per far passare la nausea. Sbuffò in maniera poco femminile al pensiero di non riuscire a fare nulla da sola. Neanche una telefonata. Stefan, Stevan come accidenti si chiamava le aveva procurato un telefono provvisorio con  i tasti. Peccato che non avesse ancora imparato a memoria tutti i numeri in rubrica! Si vergognava di dover continuamente chiedere aiuto, si vergognava di non riuscire a badare a se stessa.

Lanciava occhiate verso di lei di tanto intanto. Aveva dormito, scherzato e fatto telefonate durante tutto il viaggio e qualche volta aveva sentito lo strano bisogno di osservare lei. Senso di colpa. Se non fosse stata una pazza psicopatica sarebbe quasi riuscita a fargli pena, sempre con quell'mp3 in mano e la testa poggiata contro il vetro. Non avrebbe potuto fare altro.
Niall sembrò pensarla allo stesso modo fin quando non decise di avvicinarsi a dove lei era seduta e iniziare una prima timida e poi accesa conversazione.

Aveva sentito dire che quell'albergo fosse il più bello di Como, con un affaccio diretto e una piccola baia privata sul lago. Bellissimo se solo l'avesse potuto ammirare. In compenso l'ultima parte del viaggio era trascorsa in maniera quasi piacevole. Niall, non avrebbe saputo chi fosse fisicamente dei cinque, le aveva tenuto compagnia per tutto il viaggio con simpatia ed un'ironia tutta sua. Era perfino venuto con Steven nella sua stanza, aveva cercato di descriverla in maniera più accurata di quanto avesse fatto l'uomo, cercando di aiutarla a creare un'immagine nella sua testa che momentaneamente le permettesse di sostituire la vista. Altri due ragazzi si erano offerti di tenerle compagnia fino quando la stanchezza non l'aveva costretta a congedarsi. Era grata che fossero tutti gentili e sempre disponibili con lei, anche se continuava a sentirsi un ospite molto poco desiderata e soprattutto un peso per loro. Infondo era una sconosciuta piombata di forza nella loro vacanza. Una sconosciuta non indipendente per giunta. Del fantoccio incriminato neanche l'ombra invece, meglio per lui e anche per lei.

Appoggiato allo stipite della sua porta, senza nemmeno l'idea di varcarla, aveva osservato la banshee parlare piacevolmente con tutti i suoi amici, era sembrata quasi un'altra persona. Simpatica, gentile, quasi graziosa. Ma il suo istinto di sopravvivenza continuava ad essere sospettoso, quella sconosciuta avrebbe potuto rovinarlo e lui non lo avrebbe potuto permettere, doveva tenerla d'occhio, possibilmente da lontano per preservare la sua incolumità, e assicurarsi che non cercasse un modo per incastrarlo.

La sera aveva dovuto obbligare Liam a cenare con lui separatamente, mentre Niall e Louis sembravano divertirsi a fare da cavalieri serventi alla ragazza. Imbronciò il viso schifato.
- Che cosa stai facendo? - sobbalzò per lo spavento proprio fuori dalla porta della sua stanza. Perché Steven aveva la capacità di strisciare nell'ombra e comparire dal nulla alle sue spalle?
- Che vuoi dire? -
- Hai evitato la ragazza come un'appestata! - urlò alterato l'uomo - Forse ti sei dimenticato che dovresti essere tu a farle da cane per ciechi e non gli altri! -
Harry digrignò i denti schifato da quella definizione abbastanza offensiva per entrambi.
- Come faccio a dimenticarlo con te che me lo ricordi ogni cinque minuti? - aprì la porta della sua camera superando Steven - Sembra che ti diverta a vedermi imprigionato in questo incubo! -
- L'incubo l'hai creato tu caro mio! -
- Lo so! - gridò imbrigliando i capelli tra le mani nervosamente. Certo che lo sapeva, dannazione!
- E allora saprai anche che sta a te risolverlo! - risbucò da dietro la porta poco prima di chiuderla - Ti avverto Harry, occupati di quella ragazza - usò volutamente un tono minaccioso - Altrimenti le conseguenze saranno ancora peggiori - ecco quella si che era una minaccia. La porta sbattè echeggiando dietro le ultime parole. Harry si gettò sul letto in malo modo, sospirando di frustrazione. Detestava essere obbligato ad avvicinarsi a quella ragazza, non gli piaceva affatto, e per di più, anche se l'avesse fatto, quella avrebbe tentato in tutti i modi di cambiargli i connotati da pazza violenta isterica quale era. Sbuffò con forza. Era in trappola.

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