«Ahi!»
La mia guancia si era come appiccicata al cemento e il mio istinto mi dice di non alzare il capo, certo di trovarsi, una volta davanti allo specchio, una faccia deforme. Metà della fronte aveva involontariamente utilizzato il sudore come collante. E così mi ritrovo ai piedi del mio letto, mentre cercavo di recuperare le mie scarpe sportive, ridotte a poco più di due suole decenti e due fodere di cotone strappate quasi interamente. Chissà perché, erano proprio quelle le mie scarpe preferite e, chissà il perché, sempre le mie preferite fanno questa orrenda fine.
Aiutandomi con le mani mi rimetto in piedi, tastando la guancia schiacciata. Con l'altra mano tasto quella sana e, ovviamente, sento come se quella che ha avuto l'incidente si sia dimezzata. Corro verso lo specchio e valuto la mia condizione; praticamente ho metà faccia arrossata e l'altra metà pallida. Per quanto riguarda le guance, sembrano essere identiche. Sembrano.
Com'era mia intenzione, ritorno accanto al mio letto e prendo ciò che rimane delle mie scarpe. Le indosso e poi mi precipito a prendere la mia giaccia, nascosta sotto le coperte.
Ero molto possessiva. Quello che era mio, restava mio, e se dovevo proprio darlo in prestito avevo attacchi d'ansia per tutto il tempo che la mia proprietà non tornava tra le mie mani. Alle volte anche per ciò che odiavo che era mio, e poi ero costretta a prestare, cominciavo a provare sentimenti mai suscitati nei suoi confronti, finché quello non mi veniva ridato. Allora, e solo allora, ritornavo a detestarlo. Quindi, la mia giacca restava mia, anche se qualcuno avesse avuto la mia stessa taglia e volesse fare a cambio con una in condizioni migliori.
Lancio uno sguardo all'orologio da polso. Non ho neanche il tempo di notare la lancetta dei minuti, che mi precipito fuori dal dormitorio. Avrei corso ma, per non dare nell'occhio, preferisco camminare a passo svelto. Quando in diversi tratti mi ritrovo praticamente desolata, aumento il passo e, non appena spunta qualcuno, ritorno a camminare.
Arrivata al Pozzo, mentre la luce di primo mattino penetrava dalle finestre poste in alto io cerco di non restarne accecata, proseguendo a passo svelto. Imbocco uno dei cunicoli posto in direzione nord-est e lì, data la presenza di sole pareti, comincio a correre. Arrivata a destinazione, riprendo fiato ma non perdo troppo tempo. Alzo lo sguardo dai miei piedi alla lapide, posta a pochi passi da me, e sorrido, avvicinandomi.
«Ciao Anton, » comincio. La mia voce, quando mi rivolgevo a lui, non era più malinconica e pesante come quella di un tempo, ma era arrivata ad assumere un tono comune, come quello dei giorni sereni. Il solo pensiero di avere una persona a me cara così vicina a me, mi rendeva felice, quindi perché non parlargli a stesso tono?
«stamattina è la settima in cui mi sveglio in ritardo. Quindi, siamo arrivati al record di una settimana! Anche se credo che devo darci un taglio perché Gus comincia a guardarmi nel modo in cui una nonna ti fissa quando infili la mano nel barattolo di marmellata. Cioè male. Inoltre, oggi ho il turno di mezz'ora anticipata perché Lauren si è ammalata. Sfortunata lei, sfortunata io. Comunque, preparandomi non ho rinunciato ad azioni fuori dal comune; credo di essermi dimezzata una guancia e ho metà del mio volto rosso come la maglietta che indosso.»
Parlo camminando avanti ed indietro, muovendo il capo alle volte. A tratti sorridevo, gesticolando con le braccia. Sapevo che nessuno sarebbe venuto qui, quindi non mi preoccupo di sembrare esternamente una pazza.
«Stanotte non ho praticamente chiuso occhio. Nel dormitorio fa un caldo capace di farti sciogliere, eppure quando arrivo ogni mattina al Pozzo mi sembra d'essere inverno, nonostante siamo nel mese di luglio. Sfortunatamente mi sono addormentata appena avevo fermato di far strillare la mia sveglia e mi sono risvegliata quando ormai ero già in ritardo di parecchi minuti. Poi sono venuta qui!» continuo a raccontare. Il mio sorriso, che non aveva smesso di abbandonarmi finora, si attenua leggermente; «Mi manchi, Anton.» confesso; «Mi manchi da morire.»
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The Divergent Series: By Tess - Insurgent
Fanfiction*** NOTA: Quest'opera è uno dei miei primi tentativi di scrittura. Di conseguenza ho fatto un sacco di errori (grammaticali e nella storia in se), che spero mi perdonerete anche perché ero più piccolina. Ho deciso, però, di lasciarla perché è la pri...